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Tassista delle squillo finisce in manette: accompagnava le ragazze da Lecce a Copertino per 10 euro

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COPERTINO (Lecce) – Tassista delle squillo finisce nei guai. Al termine di mesi di indagini, i carabinieri della Tenenza di Copertino hanno arrestato il 44enne rumeno Sandu Doru, residente a Lecce, accusato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, aggravato dall’aver commesso il fatto in danno di più persone.

Il blitz dei militari è scattato in tarda mattinata, al termine di una serie di servizi di appostamento che avevano permesso di accertare come l’uomo accompagnasse alcune prostitute di nazionalità bulgara nelle campagne attorno a Copertino, per poi riaccompagnarle a casa a fine giornata.

Come documentato dagli investigatori dell’Arma con foto e video durante i prolungati e reiterati servizi di osservazione, controllo e pedinamento dei militari in abiti e vetture simulati, il rumeno era solito prelevare quotidianamente le donne a Lecce, per poi lasciarle nei luoghi adibiti alla prostituzione, andandole a riprendere a fine giornata. In cambio del servizio taxi che offriva loro, come è stato riferito dalle donne, otteneva in cambio una banconota da 10 euro. Circostanza che ha integrato anche l’ipotesi di sfruttamento della prostituzione.

Indagato per gli articoli 3 e 4 della cosiddetta Legge Merlin del 1958 (dal nome della senatrice che ebbe a proporla), l’arrestato è stato accompagnato presso la casa circondariale di Lecce, su disposizione del sostituto procuratore della Repubblica di Lecce Donatina Buffelli. L’uomo è difeso dall’avvocato Giovanni Battista Cervo.

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Nardò, dal 28 maggio le riprese della fiction “Cops”

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NARDO’ (Lecce) – Dal 28 maggio avranno inizio a Nardò le riprese della fiction “Cops” diretta da Luca Miniero. Le riprese avverranno tra il centro storico ed alcune località del territorio. Si tratta di una commedia ambientata in Puglia che si avvale della collaborazione della Apulia Film Commission e i set principali verranno realizzati nel comune di Nardò.

“Vogliamo ringraziare la Apulia Film Commission e il Comune di Nardò per l’ospitalità che ci stanno riservando, oltre ai cittadini e le autorità locali per la disponibilità fin qui dimostrata”, queste le parole di Marcello Mereu, produttore esecutivo di DRYMEDIA che, con la produzione esecutiva Picture Show di Giuseppe Gallo, produce la serie per Sky.

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In casa cocaina, hashish e marijuana: uno in carcere, l’altro ai domiciliari

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VERNOLE (Lecce) – Due arresti per spaccio di droga a Vernole. I carabinieri della stazione del paese, insieme ai colleghi del Norm della compagnia di Lecce, hanno arrestato il 47enne Lucio Davide Longo, già noto, ed il 32enne Alessandro Mercatante, entrambi del posto: il primo è stato accompagnato in carcere, mentre il secondo è stato ristretto domiciliari.

Il blitz antidroga è scattato nelle scorse ore, quando i carabinieri hanno bussato alla porta del 47enne, che in quel momento si trovava in compagnia proprio del giovane compaesano.

I sospetti degli investigatori si sono rivelati fondati, perché durante l’ispezione sono spuntati fuori 108 grammi di cocaina, 19 di hashish, e 440 euro in contanti. Estesa anche nell’abitazione del 32enne, la perquisizione ha consentito inoltre di scovare 59 grammi di marijuana.

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“La mafia siamo noi”: a Presicce l’incontro per costruire un nuovo alfabeto civico

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PRESICCE-ACQUARICA (Le) – Domenica 19 Maggio alle ore 19:00 nella Sala del trono del Palazzo Ducale del Comune di Presicce, si svolgerà l’incontro “La mafia siamo noi – gli equivoci, le occasioni perse dallo Stato e dalla società civile, le storie di chi lotta in prima persona”.
Post_16 Centro di idee a confronto organizza un incontro pubblico di cittadinanza attiva, per iniziare a scrivere un nuovo alfabeto civico.
Si partirà dalla lettera L, come Legalità, premessa fondamentale per attivare politiche virtuose.
Saranno presenti e contribuiranno alla discussione il coordinatore di Agende Rosse prof. Savino Percoco, il prof. Leonardo Palmisano e la prof.ssa Sabrina Metrangola.
L’attenzione si focalizzerà sulla pervasività della mafia, sulla rete che tiene insieme le molte figure che fanno funzionare l’economia, la politica, la società.
Spesso di parla di “infiltrazione” delle mafie, come se qualcosa di infetto entrasse in un tessuto sano, ma sono tante le fasce della società invischiate nella rassicurante zona del compromesso e della contiguità.
La mafia siamo noi che non chiediamo cosa accade dietro le quinte, cosa provocano i nostri consumi, le nostre serate in discoteca e nei ristoranti alla moda chi finanziano e quale sistema rafforzano. Il primo passo è conoscere la realtà che ci circonda, farci carico dei problemi del nostro territorio.

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Non segnalò i presunti maltrattamenti di una maestra in un asilo: condanna confermata per un dirigente scolastico

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F.Oli.

CANNOLE (Lecce) -La Corte d’appello (Presidente Vincenzo Scardia) conferma la condanna a 300 euro di multa e l’interdizione dall’incarico di dirigente scolastico per 1 mese a carico di Elio Lia, il 66enne di Maglie, accusato di omessa denuncia da parte di un pubblico ufficiale in un’indagine su presunti maltrattamenti in un asilo di Cannole per mano di una maestra. la Corte ha confermato anche il risarcimento per i genitori degli otto minori che si erano costituiti parte civile con gli avvocati Marco CastelluzzoLuigi Corvaglia Anna Elisa FrisulliAntonio Costantini e Fabrizio Cananiello.

Secondo l’accusa, il preside sarebbe intervenuto due volte (il 16 ottobre e il 24 ottobre del 2013) per bloccare la denuncia evitando anche di inoltrarla al Provveditorato agli Studi per verificare eventuali condotte censurabili della maestra. Per la difesa, rappresentata dall’avvocato Marco Pezzuto, il dirigente scolastico avrebbe cercato di tutelare il nome e l’immagine della scuola.

I presunti maltrattamenti tra i banchi di scuola sarebbero avvenuti tra settembre e ottobre di tre anni fa. La maestra avrebbe instaurato un clima di terrore in classe. Punendo in particolare quelli più indisciplinati. Picchiandoli, rinchiudendoli in un armadio e offendendoli. Una situazione di estremo disagio per i piccoli.

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Avvocati: Roberta Altavilla nominata Presidente, polemiche con il gruppo De Mauro

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F.Oli.

LECCE – Si conferma Roberta Altavilla Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Lecce. La riunione dei ventuno consiglieri eletti la scorsa settimana si è conclusa con le nuove nomine. Maurizio Valentini è il nuovo vicepresidente. “Io auspico che si possa lavorare con serenità e produttività come abbiamo fatto nel precedente consiglio e con la collaborazione di tutti”, commenta la rieletta Presidente. “Per quanto mi riguarda c’è la massima apertura come ho già dimostrato in attesa della sentenza della Corte Costituzionale ma con la volontà di lavorare per il benessere dei colleghi”.

La riunione ha riservato momenti di tensione. Il gruppo che fa riferimento al professore Antonio De Mauro (il primo per voti), in aperta polemica con la scelta di confermare Altavilla alla guida del consiglio parlamentino, non ha votato rifiutando anche di ricoprire le altre cariche, a partire dalla vicepresidenza. “Al di là della proposta per la Presidenza”, commenta il professore, “non abbiamo votato, scelta dettata da quanto abbiamo sempre ribadito nel corso della campagna elettorale, ossia il mancato rispetto della legge. Avevamo chiesto di fare un passo indietro ai colleghi con il problema del doppio mandato e abbiamo così ritenuto di non partecipare alla votazione delle cariche”.

“Non so quale sia la polemica”, precisa la Presidente Altavilla, “l’avvocato De Mauro è stato il primo degli eletti però l’elezione del Presidente si fa in seno al Consiglio come si è sempre fatto. Anche io ho preso più voti del Presidente uscente a sua volta riconfermato”. “Il Foro”, previsa l’avvocatessa, “ha fatto le sue scelte con un Consiglio che si è espresso per la mia nomina. Quindi non vedo alcuna polemica e conto di lavorare nel migliore dei modi con il professore De Mauro e tutti gli altri eletti”.

Di seguito tutte le nomine: presidente Roberta Altavilla (12 preferenze, 9 per Antonio De Mauro), segretario Vincenzo Caprioli (12 preferenze, 9 schede bianche); tesoriere Luigia Fiorenza (12 preferenze, 9 schede bianche); vicepresidente Maurizio Valentini (12 preferenze, 9 schede bianche). Tra i 21 più suffragati compaiono anche gli avvocati Andrea Lanzilao; Luigia Fiorenza; Laura Bruno; Simona Bortone; Raffaele Fatano In Silvio Bonea; Cristiano SolinasCosimo Rampino; Paolo Marseglia; Sergio Limongelli; Viviana Patrocinio; Giuseppe Gallo; Cinzia Vaglio; Annarita Marasco; Rita Perchiazzi e Isabella Fersini.

Sulle nomine e sulla composizione del nuovo consiglio, però, incombono i ricorsi di alcuni avvocati non entrati nella rosa dei 21 che hanno annunciato battaglia per via della presunta incandidabilità di alcuni colleghi eletti in questa tornata tra cui la neo presidente, il segretario e la tesoriera oltre a Laura Bruno, Simona Bortone e Raffaele Fatano.

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Dieci condannati nelle liste leccesi, la legge spazzacorrotti fa fuori un candidato di centrodestra

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LECCE – Ammontano a dieci su 836 candidati i condannati presenti nelle liste per le amministrative leccesi: uno di questi ha già rinunciato alla candidatura. Con la legge spazzacorrotti, cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso gennaio, bisogna pubblicare il curriculum e il certificato penale. Per l’omessa pubblicazione sono previste multe da 12 mila a 120 mila euro. Sei le persone condannate che sono state candidate nel centrodestra: Gabriele Corrado, condannato per cessione illecita di sostanze stupefacenti, Antonio Cassano (condanna per calunnia). Quest’ultimo è nella lista di Luca Russo (Salento Europa)”. “Cassano è un ex poliziotto che ha fatto degli errori e li ha pagati. Una volta scontato il suo debito con lo Stato ha diritto di esercitare tutti i diritti civili e politici che garantisce la costituzione. Vuole impegnarsi nel sociale ed essere al servizio del cittadino” – ha commentato il leader di Salento Europa, Luca Russo.

Nel centrodestra che supporta Saverio Congedo spiccano altri condannati: la candidata di Forza Italia, Maria Locia (condannata per diffamazione); Claudio Puglielli, che corre con la lista “Congedo sindaco”(condannato per bancarotta); Gianfranco Colombo del MSI (condanna per truffa); Tiziano De Santis della lista Lega – Salvini Premier (condannato per detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura). Nessuna condanna per i candidati di Fiorella e Baglivo. Tre condannati nelle liste di Adriana Poli Bortone: Eliano Romano (condannato per minaccia); Franco Carignani (condannato per diffamazione); Velio Albanese (violazione obblighi assistenza familiare, molestia). Con Salvemini una sola condannata: Maria Teresa Marzo (truffa).

Intanto dal centrodestra arrivano le precisazioni: “Con riferimento a quanto apparso su alcuni organi di stampa, in merito alle risultanze della consultazione dei certificati penali dei candidati alla carica di consigliere comunale, pubblicati in ottemperanza alla legge anticorruzione, desideriamo fornire alcune precisazioni, in particolare riguardo al caso del candidato nella lista “Prima Lecce-Andare Oltre”, Gabriele Corrado.
All’atto della accettazione della candidatura ogni candidato è tenuto a sottoscrivere una dichiarazione che è stata sottoscritta anche dal suddetto candidato. La recente legge anticorruzione, nota come ‘spazzacorrotti’, presenta da questo punto di vista una lacuna, a nostro parere, nel momento in cui non prevede la presentazione del Certificato penale contestualmente all’accettazione della candidatura, ma la differisce ad un momento successivo anche alla presentazione delle liste. È evidente che tale differimento renda complicato ogni possibile controllo preventivo ai fini degli obblighi di trasparenza previsti dalla normativa.

In ogni caso, ci teniamo a rendere noto che il suddetto candidato, in data 13 maggio 2019, ha provveduto ad inviare alla Commissione Elettorale Circondariale una ‘Dichiarazione di rinuncia alla candidatura Consigliere comunale’, con firma autenticata in data 10 maggio 2019, in cui dichiarava di “ritirare la propria candidatura alla carica di Consigliere Comunale e di non partecipare alla competizione elettorale in questione”. La dichiarazione è stata protocollata dal Comune di Lecce in data 17 maggio 2019 con numero di protocollo 0072444/2019”.

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Forza Italia alle europee contro tutti, Gasparri: “Sovranismo e Salvini una moda, Fitto finto sovranista, M5S incompetenti”

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di Gaetano Gorgoni

LECCE – Maurizio Gasparri, che 25 anni fa fu ministro del primo governo Berlusconi, esordisce nell’incontro dell’Hotel Tiziano spiegando che questa città è la capitale del centrodestra. A fianco a lui c’è il candidato sindaco Saverio Congedo. In prima fila ci sono tutti gli ex parlamentari: Costa, Gallo e Barba. La lezione di Tatarella è quella dell’unità -spiega – Abbiamo bisogno di una classe politica preparata con un centrodestra unito. Non si diventa ministri per caso: uno vale uno e poi vengono fuori i Toninelli”. C’è una battuta anche per Fitto: “Ha cambiato 13 partiti e ne ha fondati 5, poi è finito con Cameron e gli inglesi se ne sono scappati. Ora è sovranista, dopo aver sfidato Berlusconi e aver ottenuto lo zero virgola. Fitto non è sovranista: è lì perché era l’unico posto libero”. Gasparri, che viene spesso nel Salento, insiste sul fatto che sia necessario portare un Europa uno “statista come Berlusconi”. Parole dure anche contro la Regione Puglia per il caso Xylella: “Emiliano è un pagliaccio – dice – Gli agricoltori devono essere risarciti per il tempo perso”. Gasparri inveisce contro “la moda del sovranismo”, includendo anche Salvini, che bacchetta perché “le divise si devono usare in strada, non sui palchi”.

Il Movimento 5 Stelle per il leader firzista è pieno di incompetenti: “Come Renzi che ha avuto il 40% sono una moda, ma dopo nemmeno un anno sono già chiusi nelle prefetture per le promesse tradite su Ilva e Tap. Stessa cosa per il sovranismo e per Salvini”. Forza Italia, però, deve fare i conti con la leadership troppo longeva e forse logorata di Berlusconi: dopo anni, non si intravede un vero successore. Per Gasparri in questo momento è necessario portare il leader in Europa, “perché è uno statista che sa come costruire alleanze che portino i popolari al governo e facciano cambiare impostazione all’Europa”. “Dobbiamo essere sovranisti difendendo l’Italia e  dialogando con gli altri, non da soli!”

Filomena D’Antini Solero incentra il suo discorso sulla coerenza e chiede di sostenere l’unica forzista leccese in corsa.

Sergio Silvestris, già parlamentare europeo dal 2009 al 2014, ora nuovamente in corsa per il Parlamento Europeo bacchetta Fitto, non prima di aver chiamato “pagliaccio” Emiliano: “Cinque anni di finto lealismo, ora abbiamo il finto sovranismo”. La deputata Elvira Savino chiede un segnale molto forte per le europee: “La casa non si abbatte, ma si aggiusta. L’Europa va cambiata. Abbiamo sfide enormi: terrorismo islamico, immigrazione, necessità di un piano Marshall per le nazioni da dove vengono i migranti. I sovranisti raccontano balle: non potranno mai cambiare nulla, perché la maggioranza ce l’hanno i popolari, che poi dovranno allearsi con altri partiti. Berlusconi è l’unico in grado di cambiare le cose”. La deputata attacca il governo e Salvini: “Il viceministro ha pensato a fare lo sbruffone in Europa dicendo che avrebbe sforato i parametri e ora tutti lo prendono in giro”. Nessuno sconto per i leghisti, né per i sovranisti: Forza Italia nella corsa alle europee distribuisce bacchettate a tutti.

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All’Inps risulta invalido al 100% ma al giudice confessa: “Sempre stato bene”, avviata un’indagine

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di F.Oli.

CURSI (Lecce) – Invalido da anni per l’Inps ma al giudice dice di stare bene e di andare in bicicletta. Una vicenda paradossale per la quale, ora, il nome di un anziano di Cursi rischia di finire nel registro degli indagati. Sul caso, infatti, la Procura di Lecce ha aperto un fascicolo d’indagine ipotizzando l’accusa di truffa aggravata ai danni dello stato. Al momento a carico di ignoti. A mettere in moto gli accertamenti è stato un esposto presentato dalla figlia al culmine di una storia all'”italiana”, verrebbe da dire.

Sulle prime, a dire il vero, la donna era mossa solo dall’amore per il padre che non frequentava da tempo. Voleva disporre per l’anziano genitore, invalido al cento per cento con indennità di accompagnamento, un amministratore di sostegno. Aveva così deciso di rivolgersi al Tribunale di Lecce per avviare le pratiche. In sede di esame del beneficiario, agli inizi dell’anno, arriva il colpo di scena. Proprio il padre, davanti al giudice tutelare, avrebbe svelato un segreto tenuto nascosto per chissà quanti anni: ossia di non aver bisogno di nessun amministratore e di stare bene fisicamente e mentalmente. Tanto di trovarsi nelle condizioni di muoversi non solo a piedi ma addirittura con la propria bici da un paese all’altro così come riferito al giudice.

Stupore e incredulità si sono presto tramutati in qualcosa di penalmente perseguibile. Sullo sfondo una “guerra in famiglia”? Perché la figlia ha accantonato l’affetto e l’amore per il padre e ha deciso di informare l’Inps affinché l’Istituto valuti la revoca delle pensione d’invalidità per il padre. Nel contempo ha depositato un esposto in Procura dando il via alle indagini. Da ultimo ha deciso di dare incarico ai legali Ivan Zeppola e Francesca Sicuro per seguire gli sviluppi dell’indagine.

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Pestato per avere fischiato un rigore, condannati gli aggressori: il risarcimento andrà in beneficenza

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LECCE – Condannati il calciatore ed il tifoso del Cavallino che, il 26 ottobre di cinque anni fa, picchiarono in campo il giovane arbitro leccese Luigi Rosato, alla data di fatti appena 17enne, “colpevole” di aver assegnato un rigore alla squadra rivale, quando mancavano solo 10 minuti al termine della partita.

La sentenza è stata emessa dal giudice della seconda sezione penale del Tribunale di Lecce Michele Guarini, che ieri mattina ha condannato il calciatore Massimiliano Lo Deserto, di 28 anni, ed il tifoso della compagine di casa Ivan Franco, di 34, rispettivamente alla pena di nove mesi ed un anno di reclusione. Calciatore e ultrà rispondono dell’accusa di lesioni aggravate in concorso e dovranno inoltre risarcire la vittima con 6.500 euro, somma che al netto delle spese sarà devoluta in beneficenza.

La vile aggressione ai danni del giovanissimo direttore di gara salentino – che nel frattempo ha dovuto abbandonare cartellini e fischietto ed è entrato a fare parte dell’Arma dei Carabinieri – risale al 26 ottobre 2014, in occasione della gara di campionato di seconda categoria tra la squadra di casa dell’Atletico Cavallino ed il Cutrofiano.

Quando Luigi fischiò un rigore a favore della squadra ospite, sul punteggio di 2 a 1 per il Cavallino, fu picchiato in campo da giocatori e supporters locali con calci e pugni ed inseguito sino agli spogliatoi, dove poi riuscì a sfuggire agli aggressori. Il tutto sotto gli occhi attoniti degli altri spettatori, tra i quali vi era anche il padre del ragazzo, agente di polizia.

Particolare clamore ed indignazione nel mondo sportivo nazionale, tuttavia, suscitarono le parole dell’ex presidente dell’Atletico Cavallino, che durante un’intervista ad una webtv locale condivise clamorosamente il pestaggio del direttore di gara: “L’arbitro secondo me ha sbagliato e doveva essere punito. Sono stati pochi i due schiaffi che si è preso… sono stati schiaffi diretti verso l’arbitro, ma leggeri. Potevano essere più forti… se mi fosse capitato tra le mani l’avrei ammazzato”. Dichiarazioni per le quali fu raggiunto da Daspo di cinque anni.

Smaltita la paura, il giovane fischietto leccese pochi giorni dopo pubblicòo un post su Facebook che commosse l’Italia intera, in cui ringraziava i genitori, la Federazione e chiunque gli era stato vicino in quel terribile momento. Ricevuto dall’ex capo della Polizia di Stato Alessandro Pansa insieme al padre, Luigi Rosato fu invitato ad arbitrare il torneo “Legalità…tutti vincenti”, organizzato a Roma dal Viminale per promuovere i valori della legalità, del rispetto e dell’educazione.

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Parco Naturale boschi e paludi di Rauccio, Tondo: “Necessario un piano di accessibilità e sviluppo”

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LECCE – Angelo Tondo, candidato nella lista di Fratelli d’Italia, interviene per proporre una nuova visione per Parco Rauccio.

“Basta limitazioni, deve costituire una opportunità di sviluppo del territorio”. Angelo Tondo, candidato consigliere per le prossime elezioni comunali di Leccecosì annuncia il suo chiaro proposito sul Parco Naturale Boschi e Paludi di Rauccio.

“È singolare che in questi ultimi anni una ricchezza naturalistica e storica come Parco di Rauccio non sia stata adeguatamente valorizzata e per farlo, cioè per rendere il nostro Parco di Rauccio una opportunità e non un limite, è necessario approvare quanto prima il Piano Urbanistico del parco predisposto dalla precedente amministrazione di centrodestra, che Salvemini ha inspiegabilmente tenuto nel cassetto”.

“Un Piano che propone una nuova zonizzazione dell’area naturale, che tenga conto dei cambiamenti avvenuti negli anni e che ridefinisca quali siano le aree da tutelare e quelle che evidentemente hanno perso la connotazione di aree da preservare. E ancora dal punto di vista tecnico, si prevedono infrastrutture che rendano possibili investimenti da parte dei privati nel settore del turismo ecologico ed una migliore fruizione e accessibilità del parco. Per i cittadini il Parco deve diventare luogo naturale per attività didattiche, per accrescere la sensibilità ai temi ambientali, per incentivare l’agricoltura biologica. Insomma una nuova centralità del Parco di Rauccio, in continuità armonica con la città, per integrare la natura con l’ambiente urbano e viverlo non come un limite ma come una enorme opportunità”.

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Aperitivo Life

Amministrative Lecce 2019: la Dottoressa Angela Valli un volto nuovo nell’agone politico leccese

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di Oronzo Perlangeli

LECCE –  Sono Angela, medico geriatra. Desidererei mettere a disposizione della nostra Città la mia dedizione per l’Altro, per una Lecce includente. #attivaMENTE. Questo il biglietto da visita di angela Valli che ha sposato il programma di Salvemini e Delli Noci, portando in dote il valore aggiunto del suo lavoro e della sua esperienza in mezzo ai più deboli

Quali sono i motivi che hanno spinta a candidarsi Angela Valli medico geriatra già conosciuta ed apprezzata non solo a Lecce ma in tutto il territorio con Carlo Salvemini?

Ho deciso di accettare la sfida, vincendo non poche resistenze sul piano personale e familiare. E’ stata una scelta maturata a lungo e che contempla, anche, i sacrifici che sono pronta a fare per continuare a profondere impegno e passione nella mia professione di medico e iniziare a fare altrettanto come Consigliere comunale. Ho ritenuto, insomma, che non fosse più sufficiente delegare ad altri le sorti della propria città. Da qui, la decisione di scendere in campo in una coalizione forte, coesa e lungimirante sul futuro di Lecce e dei suoi cittadini.

 Può indicarci un suo progetto concreto realizzabile nel breve periodo all’interno del programma della coalizione che sostiene il suo candidato Sindaco?

Nei mesi in cui Carlo Salvemini e Alessandro Delli Noci sono stati alla guida della città hanno messo in cantiere tanti progetti interessanti, rivolti a fornire risposte ai bisogni primari della popolazione. Si tratta di realizzarli compiutamente e di implementarli. Io volgerò ancor più attenzioni nei confronti dei più deboli, dando ulteriori margini di azione al ‘disability manager’ e creando una vera e propria struttura di coordinamento degli interventi in grado di migliorare le condizioni di vita dei meno fortunati, oltre che dei bambini e degli anziani. Insomma, una città a misura di tutti, nel pieno significato della parola ‘inclusione’, nessuno escluso.

Com’è il suo rapporto con internet e gli altri mezzi di comunicazione? E quale dovrebbe essere, secondo lei, il giusto rapporto politica-comunicazione?

Proprio grazie a questa campagna elettorale ho avuto modo di apprezzare ancor di più il ruolo della comunicazione per riuscire a cogliere i reali bisogni della gente e, quindi, per migliorare la propria azione. Allo stesso tempo, è giusto che i cittadini conoscano appieno cosa fanno i loro rappresentanti istituzionali e come attuano i programmi pubblicizzati in campagna elettorale. Per questo motivo, intendo mantenere viva la mia pagina facebook anche dopo questa competizione elettorale, continuando a dialogare con migliaia di persone, pur con i limiti che impone un rapporto virtuale.

 Percepisce il distacco politici-società?

Certo! E le responsabilità non sono certo dei cittadini che si approcciano sempre con grande entusiasmo, salvo poi rimanere delusi. Carlo Salvemini ha già dimostrato di saper mantenere un dialogo con i leccesi e noi questa volta governeremo la Città insieme alla popolazione tutta e non solo alle decine di migliaia di concittadini che ci avranno votato. Insieme.

In mezzo alla crisi, mentre sempre più giovani e famiglie sono costretti a lasciare la propria terra per la mancanza di lavoro. Che futuro immagina per Lecce?

Immagino un futuro in cui saremo chiamati ad impegnarci attivamente per ridare un ruolo centrale alla nostra bellissima città. Certo, le indecisioni delle politiche governative non ci aiutano, ma noi faremo sino in fondo il nostro dovere, promuovendo tutto ciò che risponde realmente alle vocazioni del nostro territorio, a cominciare dalla ulteriore affermazione del turismo e dalla qualità delle nostre produzioni enogastronomiche. Insomma, siamo pronti a raccogliere la sfida e siamo certi che Lecce tornerà a splendere, meritandosi ancor di più una collocazione tra le città più belle e ospitali d’Italia.

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Fico D’India – Opening Party – Flavio Santoro pres Sunday Sunset

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NARDO’ ( Lecce ) – Nella splendida cornice della riserva naturale di Porto Selvaggio, ogni Domenica al tramonto si celebra il rito dell’aperitivo più suggestivo del Salento.
La musica, come sempre sarà affidata al dj resident Flavio Santoro, che verrà affiancato in consolle da un ospite differente ogni settimana, sempre nello stile unico e inconfondibile di quello che è ormai diventato un appuntamento Cult dell’estate salentina.

Inaugurazione – Domenica 19 Maggio

Line up:

Flavio Santoro
Toni Tinelli
Sandro Sax

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La piazza Rimbomba Mayapan

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SANTA CATERINA ( Lecce ) – Domenica faremo rimbombare la piazza grazie alla splendida voce di Miss @martavoicee e dal suo socio di sempre @stefanoscuro che saranno accompagnati da @antonio_dema alla batteria e @alessio.gaballo al basso!
~~
A seguire il djset di @lemi_shoya
Start ore 17.

Evento in collaborazione con @porter_santa_caterina_ @il_porticciolo_santacaterina @bar_holidays Jazzy

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Le Dune Beach Club Aperitif and More di domenica

Una salentina al concorso nazionale “Incontriamoci a tavola”

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SALENTO – Il 21 Maggio “Turismo Verde Nazionale”, associazione promossa da CIA – Agricoltori Italiani, organizza il Festival “Incontriamoci a Tavola” nell’area Food di Amatrice con il supporto dell’Ist. Professionale Alberghiero di Amatrice.

Il festival vede protagonisti gli agrichef vincitori delle  selezioni regionali tenutesi in tutta Italia fino amarzo 2019.

A rappresentare la Puglia sarà la tricasina Adelaide Gerardi dell’Agriturismo Salento D’Arare di Marina Serra di Tricase (Lecce), vincitrice della sessione regionale che si è tenuta a Fasano, che gareggerà con un piatto della tradizione gastronomica per eccellenza “fave nette e cicorie”, utilizzando prodotti PAT “prodotti agroalimentari tradizionali”: la fava di Zollino detta Kuccia e le cicorie selvatiche spontanee.

Il piatto viene della tradizione contadina pugliese, una ricetta antichissima fatta di ingredienti poveri egenuini che regala gusto ed energia.  Pietanza simbolo della Puglia, prende nomi diversi nel tacco d’Italia, nel barese “ncapriata”, nel leccese “fave  e foje”.

«Ho ricordi di giornate d’estate passate con mia nonna in campagna – afferma Adelaide – quando tutti noi bambini schiacciavamo le fave secche appoggiate su un piano di marmo con una pietra. Così si eliminava il “cappotto”, la buccia, e si raccoglieva il prezioso legume bianco».

Nella cultura popolare pugliese sono diffusi proverbi e credenze legati alla fava: “Fai, cicuredde e mieru te ne vai a ncielu” (fave, cicorie e vino e ti innalzi sino al cielo), per sottolineare l’elevato potereenergetico del piatto ricco di proteine e povero di grassi,  cucinato dalle donne  per dare forza e vigore ai loro mariti per affrontare le lunghe giornate nei campi.

L’agrichef Adelaide Gerardi presenterà il suo piatto accompagnato da “Eloquenzia” vino da Negroamaro doc Copertino prodotto da Garofano Vigneti e Cantine in Copertino.

La Giuria sarà composta da critici gastronomici, associazioni di categoria, food blogger nazionali e chef stellati.

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Strateghi in Puglia: Vita e opera di Giovan Battista Martena

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Giovan Battista Martena nasce il 28 agosto 1609 a Maruggio, all’epoca Provincia di Terra d’Otranto e feudo dei Cavalieri di Malta, elevato a Commenda dagli stessi. Suoi genitori sono Nicola, originario di Sava, e Rosa Diletta maruggese. Dopo aver trascorso i primi anni della sua vita nel paese che vide i suoi natali, si trasferisce, secondo il Foscarini,[1] prima a Casalnuovo, l’odierna Manduria, e successivamente a Taranto. Nel 1629 rientra a Maruggio in occasione di un battesimo, nel quale svolge la funzione di padrino.[2]

Nel 1631 il Martena si arruola nelle milizie spagnole e viene in un primo tempo destinato alla Scuola di Artiglieria di Napoli,[3] quindi trasferito a Milano da dove, ancora una volta, è assegnato alla Scuola Militare di Pavia per completare la sua preparazione. Nel frattempo, da più di un decennio, l’Europa viene sconvolta dalla Guerra dei Trent’Anni, cominciata il 23 maggio 1618 con la celebre Defenestrazione di Praga e che sancirà, dal punto di vista dell’Arte Militare, il passaggio dal Medio Evo all’epoca moderna. Nello stesso anno in cui il Martena entra nelle milizie spagnole, il Re di Svezia Gustavo Adolfo trionfa sui teatri operativi di Lipsia, grazie al perfezionamento delle armi da fuoco portatili ed all’adozione tattica dell’ordine obliquo.[4]

Nel 1635 Giovan Battista Martena è in servizio a Milano, agli ordini del marchese di Laganès, dove stringe amicizia con un capitano originario delle Fiandre, dal quale apprende dell’invenzione di due nuovi artifizi bellici: la bomba e la granata. Nell’anno successivo è impegnato nella campagna per l’occupazione delle isole francesi di Lerins, situate di fronte a Cannes, nell’ambito delle operazioni relative alla Guerra dei Trent’Anni. Nel 1637 le isole ricadono in mano francese dopo un estenuante assedio condotto dal Conte d’Arcourt e dal Vescovo di Bordeaux. Rientrato in patria, viene assegnato al presidio di Breme agli ordini di Giovanni di Padiglia che gli assegna il compito di far saltare in aria, col fuoco delle bombe, i mulini di Frascinè, un piccolo borgo nei pressi di Casale Monferrato.[5] Il 1638 lo vede ancora impegnato in operazioni belliche, in particolare nell’assedio di Vercelli, durante il quale sperimenta per la prima volta un’innovazione tecnica di notevole importanza per i futuri sviluppi dell’artiglieria: un tacco ligneo sagomato in modo da contenere un terzo della palla nella sua incavatura, grande quanto la camera di scoppio, capace di consentire l’accensione simultanea della carica di lancio e della miccia del proiettile. In precedenza, infatti, come afferma il Demitri: “… si era soliti dar fuoco prima alla bomba e poi al mortaio, compromettendo spesso la vita degli stessi artiglieri.[6] Nello stesso anno, dopo aver partecipato ai lavori di semina delle mine ad Aiano, viene definitivamente assegnato all’artiglieria il 16 giugno 1638.[7]

Negli anni che seguono il Martena continua a distinguersi per la sua competenza e preparazione sui teatri operativi. Nel 1639 partecipa alla spedizione per la conquista di Cherasco ed all’assedio di Casale che avranno come seguito l’assedio di Torino. In tale contesto il collega artigliere Paduano di Ruggero, con un petardo ben piazzato, riesce a scardinare una delle porte della città, consentendo l’irruzione all’interno delle mura alle forze spagnole. La campagna era stata organizzata in seguito ai dissidi sorti fra la reggente Maria Cristina, apertamente filo-francese, contro il Principe Tommaso di Savoia ed il Cardinale Maurizio, favorevoli ad una politica filo-spagnola.[8] Durante tale assedio, il Martena sperimenta l’importanza tattica dell’utilizzo del cannone e delle bombe, i cui effetti si rivelano devastanti. Tre anni dopo, in seguito all’accesa rivalità sorta fra due famiglie di Tortona: la Guidibuoni e la Baron Garofalo, costata la vita al fratello cadetto del Guidibuoni che, per placare la sua ira, aveva invocato in soccorso l’aiuto del Principe Tommaso di Savoia, invitandolo a cingere d’assedio la città, Giovan Battista partecipa all’assedio della piazza.[9] Gli anni compresi fra 1643 ed il 1644 lo vedono impegnato ad Asti, dove si rende artefice di un fitto e devastante tiro d’artiglieria, che getta nello sgomento la popolazione civile: “Col terribile effetto del suo trabucco mise a fuoco” dice il Maggiulli[10]non poca parte delle case della cittadina di Asti trovandosi a quell’assalto e riempì di spavento e disperazione quei poveri abitanti non usi fino allora a quei micidiali strumenti di guerra.[11]

Nel frattempo le truppe spagnole incontrano sorti alterne sui teatri operativi, infatti nei pressi di Cherasco la loro armata viene duramente affrontata e dimezzata dai francesi, mentre, più a nord, le forze del Marchese di Laganès, approfittando della ritirata nemica, si impossessano della piazza di Ciavarano nei pressi di Ivrea. Nello stesso periodo, l’improvviso ed inaspettato voltafaccia del Principe Tommaso di Savoia, che passa dalla parte dei francesi, spinge questi ultimi ad assediare la rocca di Vigevano. Il repentino contrattacco spagnolo, però, nel gennaio del 1645 porta alla riconquista della piazza, grazie anche alle imprese del Martena che: “…ebbe un ruolo preciso nel lancio di alcune folgori, per molte sere sul campanile di Mortara.[12] Trascorsi solo pochi mesi, il Principe Tommaso tenta un nuovo colpo di mano quando, al comando di un’armata francese, effettua un’operazione mirante a stringere d’assedio la cittadina toscana di Orbetello, tuttavia la strenua resistenza e la controffensiva condotta dal Governatore della piazza Carlo della Gatta lo costringe a ripiegare, abbandonando sul campo quasi tutta l’artiglieria. Ottenuto dalla Francia un rinforzo di uomini, nel 1646 il Savoia cinge d’assedio le cittadine di Portolongone e Piombino, conquistandole in breve tempo e costringendo le armate spagnole alla ritirata.

L’anno successivo, dopo la rivolta di Masaniello, il Martena viene trasferito a Napoli dove ottiene la nomina di Capitano dei Trabucchi e Petardi del Regno.[13] Tre anni più tardi è al seguito del Conte d’Ognatte, Viceré di Napoli, e di Giovanni d’Austria, figlio del Viceré di Sicilia Filippo IV, comandanti delle armate spagnole e napoletane, incaricate di assediare e liberare le piazze di Portolongone e Piombino, ancora in mano francese. Anche in questa occasione, il Martena dimostra la sua esperienza e la sua perizia quando, secondo il Maggiulli: “… alla presenza del celebre Giovanni d’Austria egli lanciò diverse bombe sui difensori di una mezzaluna della fortezza che offenderono in modo micidiale gli assediati, con meraviglia degli abitanti; poiché allora l’arte di proiettare quelle offese era bambina, né si avevano nozioni esatte sulle traiettorie, che lui descrive nella sua opera.[14] Continuando, a proposito del trattato del Martena, nel quale vengono descritti minuziosamente i vari artifizi utilizzati, il Maggiulli ne loda i meriti: “In essa si parla pel primo del tiro rettilineo per lanciare le bombe, delle palle funnivore ed asfissianti, che sono venute in uso oggigiorno, e ragiona sulle mine e contromine per le quali vi è bisogno di grandi conoscenze per condurre a buon termine siffatti lavori.[15]

Rientrato a Napoli, sembra che il Martena non abbia più preso parte ad alcuna ulteriore campagna bellica occupandosi, con ogni probabilità, dell’addestramento dei giovani artiglieri e dedicandosi alla stesura del suo trattato pubblicato, come già detto, nel 1676 quando l’autore era sicuramente ancora in vita. Non conosciamo la data precisa della sua morte, avvenuta probabilmente qualche anno appresso, nella città di Napoli.

 

Cosimo Enrico Marseglia 

 

 

 

[1] A. Foscarini Chiari soggetti Salentini (Note Bibliografiche) in Il Giornale del Popolo di Lecce dal 1927 al 1930

[2] C C. Demitri Giovan Battista Martena, valoroso cittadino di Maruggio del XVII secolo, in Lu Lampiune a. X n. 3 Ed. del Grifo Lecce 1994 p. 110 e Archivio della Chiesa Matrice “Natività di Maria Vergine” di Maruggio Registri di Battesimo Vol. 1

[3] S. Maggiulli Manoscritto Biblioteca Provinciale “N. Bernardini” Lecce fol. 124 V.

[4] C. Demitri, Giovan Battista cit. p. 110

[5] G.B. Martena Flagello Militare. Ovvero il Terror de conflitti. Istruzione Guerrera Ed. Carlo Troise Napoli 1687 p. 150.

[6] C. Demitri, Giovanni Battista cit. p.110

[7] S. Maggiulli, Manoscritto cit. fol 124 R.

[8] C. Demitri,  Giovanni Battista cit. p.111

[9] A. Arzano,  Il principe Tommaso di Savoia e il conte di Sirvela sotto Tortona (1642-1643) in Julia Dertona fasc. XVI Tortona 1907 pp 4-5

[10] S. Maggiulli,  Manoscritto cit.

[11] Ibidem. p. 125 V.

[12] C. Demitri,  Giovan Battista cit. p 112

[13] Ibidem

[14] S. Maggiulli, Manoscritto cit. fol. 125 V.

[15] Ibidem

 

 

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L’analisi di Flavio Carlino: Holodomor, ecco perché Il comunismo è peggio del nazismo

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Tutti conoscono, o credono di conoscere, la storia di Hitler. Non tutti sanno, o non tutti dicono di sapere, però, che Stalin dichiarò guerra alla sua stessa gente. Ecco perché il comunismo è ed è stato peggio del nazismo. Ma non si deve sapere.

Holodomor, ad esempio, è il nome attribuito alla carestia che si abbatté sul territorio dell’Ucraina dal 1932 al 1933 causando circa 5 milioni di morti. Il “comunista” Stalin nel 1932 vi inviò i commissari della NKVD per spezzare la resistenza dei contadini ucraini al regime e forzare la collettivizzazione delle terre. L’NKVD, ufficialmente Commissariato interno per gli affari del popolo, altro non era che la polizia segreta sovietica. Gli squadroni della morte dell’NKVD, con procedimenti estremamente sommari, giustiziavano tutti coloro che ritenevano essere “contro il Partito”. L’Ucraina fu isolata dal resto degli stati dell’unione. Tutte le derrate alimentari ed il bestiame vennero confiscati.

Non soddisfatto di quante esecuzioni avvenivano in una giornata, Lazar’ Moiseevič Kaganovič, ossia l’Adolf Eichmann sovietico, per ordine di Stalin stabilì che dovevano perpetrarsi, ai danni degli ucraini, diecimila esecuzioni alla settimana. E così fu. Anche peggio, ad onor del vero. Durante il rigido inverno tra il 1932 e il 1933, le vittime arrivavano fino a 20 mila al giorno, tra coloro che venivano uccisi e chi moriva di freddo e fame. Il cannibalismo divenne una pratica comune. A bilancio chiuso, la triste verità è che l’Ucraina non ebbe nulla da invidiare al futuro “Belsen”, il più grande campo di sterminio nazista del 1943, situato a Bergen, in Germania. A questo venne ridotta l’Ucraina: un enorme campo di concentramento nascosto all’opinione pubblica, la quale pensava che le vittime fossero dovute alla carestia.

Perché parliamo proprio dell’Holodomor? Perché, ribadisco, non tutti sanno che la carestia fu studiata da Stalin a tavolino. Una politica fiscale insostenibile per i contribuenti e la sottrazione ai contadini dell’intera produzione agricola per lo stoccaggio presso i kolchoz statali provocarono milioni di morti.

Stalin in persona, attraverso quella che dai contadini venne definita “la legge delle cinque spighe”, impose la fucilazione di chi fosse stato sorpreso a rubare e oltre alla confisca delle produzioni alimentari alla popolazione, fu vietata qualsiasi azione di sostegno da parte delle altre regioni dell’Unione Sovietica.

Con una spietatezza che andava oltre ogni immaginazione, venne ritirato il passaporto interno in modo tale da impedire alle famiglie affamate di trovare cibo altrove.

Per la prima volta nella storia, uno Stato usò la confisca di beni alimentari come “arma di distruzione di massa” del proprio popolo (non del popolo ebreo).

Holodomor, ossia “fame di massa”, è il più triste neologismo utilizzato in una lingua per identificare una tragedia di dimensioni abnormi per la quale Stalin intimò l’assoluto silenzio, che venne osservato e rispettato senza repliche, perché di Stalin avevano tutti paura. La repressione in Ucraina colpì la cultura, quindi gli intellettuali, la fede, quindi i religiosi, e fu così violenta che scosse la coscienza nazionale e internazionale. Ma nessuno aiutò gli ucraini.

Pertanto, essi morirono due volte: una di stenti ed esecuzioni ed una di silenzi, ossia di violenza e di indifferenza. Circa 5 milioni di persone morirono, ossia 20 mila al giorno, ossia 15 persone al minuto, di cui 5 erano bambini.

Così, da granaio d’Europa e, forse, del mondo, qual era sempre stata considerata, l’Ucraina divenne un enorme lager dove milioni di persone morivano di fame o venivano giustiziati.

Finalmente, il 29 novembre 2006, il Presidente ucraino Viktor Yushchenko ha firmato la legge che definisce l’Holodomor come un evento provocato da una precisa scelta politica. Tale legge ha proclamato il quarto sabato di novembre “Giorno del ricordo”, per commemorare le vittime innocenti di quell’olocausto, uno dei tanti avvenuti per mano comunista.

L’Assemblea Generale dell’ONU, l’Unesco, il Parlamento Europeo, il Consiglio d’Europa ed altri organismi sovranazionali hanno approvato una risoluzione che considera l’Holodomor come uno “spaventoso crimine contro il popolo ucraino e contro l’umanità”.

Il Sacro Sinodo della Chiesa Ortodossa Ucraina del Patriarcato di Mosca ha definito l’Holodomor come “atto di genocidio”.

Fino ad oggi l’Holodomor è stato riconosciuto come atto di genocidio dai Parlamenti di Argentina, Australia, Canada, Estonia, Georgia, Ungheria, Lituania, Polonia e Stati Uniti. La Francia, la Germania e l’Italia non si sono mai espressi.

Papa Francesco, nel 2017, all’Angelus, ha ricordato l’Holodomor, il genocidio degli Ucraini causato da una carestia senza fine: “Fu la morte per fame provocata dal regime staliniano con milioni di vittime”, ha detto il Pontefice.

Allora, di certo, la storia va riscritta e ciò va fatto alla luce degli eventi che si sono susseguiti nel tempo. Nessuno può andare oltre un lucido e realistico commento dei fatti, come nessuno, nel raccontarli, può metterci qualcosa di proprio. La storia è una successione di circostanze e avvenimenti che non deve essere raccontata “secondo noi”, ma secondo quanto è realmente accaduto, nel rispetto delle idee e delle ideologie, che, quando sono sbagliate, vanno indiscutibilmente condannate.

Ecco perché a chi parla di nazismo consiglio di leggere un po’ di storia “comunista”, sperando che ciò possa acuirne l’onestà intellettuale, ormai offuscata dai falsi racconti, e comprenda come parlare di crimini nazisti non ha alcun senso, perché il crimine non ha colore e rimane tale sia che sia stato commesso dai nazisti, sia che sia stato commesso dai comunisti.

E se dovessimo considerare vero il pensiero del “comunista” Lenin al riguardo il quale pensava che “il crimine è il prodotto degli eccessi sociali”, allora egli avrebbe dovuto dare una spiegazione dei crimini commessi, non già dal popolo, ma da sé stesso e dal suo “compagno” e successore Stalin.

Già, è vero …, lui nel 1932 era già morto! E dei suoi? Manco a parlarne!

 

Flavio Carlino

 

 

 

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V Episodio de Il Trono di spade ultima stagione: The bells – le campane

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Lunedì 13 maggio 2019 alle ore 3:00 in concomitanza con gli Stati Uniti, è andata in onda la quinta puntata in lingua originale de Il Trono di spade. L’episodio inizia mostrandoci Varys fortemente intenzionato ad appoggiare Jon Snow come re per la sua integrità e clemenza. Infatti l’eunuco, scrive una lettera indirizzata ai Sette Regni in cui rivela la vera identità di Jon e cerca di persuaderlo a diventare re ma il ragazzo respinge la proposta del “Ragno” restando fedele alla sua regina. Tyrion che ha assistito alla scena informa Daeny del tradimento di Varys, cercando comunque di giustificarlo ma la sovrana non perdona e lo condanna a morte, facendolo morire bruciato dal fuoco di Drogon. Nel frattempo Tyrion viene informato da Daeny della prigionia di Jaime che aveva tentato di superare le milizie della regina nel tentativo di raggiungere Approdo del Re. Lo sterminatore di re promette al folletto che andrà ad Approdo del Re solo per cercare di fuggire via con Cersei, dopodiché i due leoni, si abbracciano e questo saluto sa tanto di addio. Intanto Deny cerca di baciare Jon che la rifiuta e non condivide la sua soluzione di mettere a fuoco tutta la città pur di espugnarla. Arya e il Mastino si dirigono da soli verso Approdo del Re, entrambi hanno un conto in sospeso con qualcuno, la ragazza vuole uccidere Cersei, Sandor suo fratello la Montagna. La battaglia finale sta per iniziare, la madre dei Draghi ha promesso al suo primo cavaliere che non raderà al suolo la città in caso di resa, una volta che saranno suonate le campane. All’esterno delle mura di Approdo del Re, ci sono i Dotraki, gli uomini del Nord guidati da Jon e gli immacolati capeggiati da Verme Grigio.

In difesa delle mura invece c’è la compagnia dorata di Essos, il cui comandante è il capitano Harry Strickland, sopra di esse ci sono i soldati pronti all’utilizzo degli scorpioni. Prima che cominci la battaglia via terra, Deny spunta dal cielo con Drogon che incendia tutte le navi della flotta di ferro, tuttavia Euron riesce a sopravvivere. Grazie al fuoco divampante di Drogon, distrugge anche gli scorpioni, riduce in cenere un gran numero di soldati della compagnia di Essos e fa crollare l’entrata di Approdo del Re, permettendo ai suoi soldati di entrare all’interno della capitale. Verme Grigio uccide il capitano Strickland, a città ormai conquistata, i soldati Lannister superstiti si arrendono, le campane suonano per la resa ma a Daenerys ciò sembra non bastare, di colpo in preda ad un raptus di follia e massacra tramite il fuoco di suo “figlio” migliaia di innocenti, trasformando la città di Approdo del Re in Pompei, demolendo le strutture, gli edifici, i monumenti generando un atmosfera infernale. Quindi la previsione di Bran si è dimostrata corretta e Daenerys si è rivelata ancora più folle di suo padre, guadagnandosi lo stesso titolo e diventando alla penultima puntata una villain a tutti gli effetti, indegna del trono solo per quello che ha fatto, il suo atto è assolutamente imperdonabile. Nel mentre Il Mastino ed Arya sono molto vicini ai loro bersagli le mura e gli edifici della città non fanno che crollare, Sandor sa che non tornerà indietro perciò convince Arya a rinunciare alla sua vendetta dato che Cersei morirà comunque travolta dalle macerie.

Intanto Jaime non essendo stato riconosciuto non riesce ad entrare nella Fortezza Rossa perciò impiega più tempo per raggiungere sua sorella, durante il tragitto si scontra con Euron avendo la meglio uccidendolo ma restando gravemente ferito. Nel frattempo Cersei viene accompagnata da Qyburn e scortata da un manipolo di soldati oltre alla Montagna. Il mastino si incrocia con la regina ed il suo seguito ma è interessato ad annientare solo suo fratello.
Anche la Montagna pur essendo una sorta di zombie e non più un uomo, prova ancora odio per il fratello e vuole affrontarlo ma Qyburn cerca di fermarlo, ordinandogli di proteggere la regina e di non prestarsi allo scontro, Ser Gregor non tollera la sua intromissione e lo uccide. Prima che i due fratelli combattano Cersei si dilegua, Sandor colpisce e trafigge ripetutamente il fratello ma ciò non basta, per ucciderlo deve sacrificare la propria vita, gettandosi giù dalle mura della Fortezza Rossa e portandolo via con sé. Jaime trova Cersei e tenta di condurla in salvo ma il passaggio segreto è bloccato dalle macerie, la donna piange perché non accetta di morire, Jaime la consola dicendole che ciò che conta veramente è che loro due stiano insieme fino alla fine, si abbracciano intensamente e muoiono insieme travolti dalle macerie della Fortezza Rossa letteralmente crollata. In fine Arya scioccata ed incredula per tutto l’accaduto, monta su un cavallo e va via dalla città diventata un luogo di morte, un posto terrificante, pieno di macerie e cadaveri di innocenti bruciati vivi. Jon e Davos sembrano intenzionati a non sostenere più Daenerys e guardandosi l’un l’altro comprendono di aver commesso un errore a schierarsi dalla sua parte. Ora c’è da domandarsi cosa vorrà fare Jon, ovviamente un atto del genere va punito, magari sarà proprio Jon ad ucciderla. Daenerys si è dimostrata spietata e crudele ha espressamente dimostrato di non meritare il trono, rivelandosi una tiranna, molto simile a Cersei. Per quanto riguarda il Mastino invece, riscontriamo solo aspetti positivi nel suo personaggio, diventato, pur restando un burbero, sempre piú altruista, dimostrando una crescita morale che non è mai regredita. In questa puntata dimostra il suo profondo affetto per Arya da lei ricambiato, è sempre stato come uno “zio” per lei, un lord protettore, con lui va via un personaggio che a molti fan mancherà. I due innamorati invece hanno vissuto da leoni per tutta la loro vita ma sono morti come agnelli impotenti dinanzi all’ira funesta della folle regina dei Draghi.

Questa è stata una bella puntata, cruda, drammatica ma indimenticabile, ottima la sceneggiatura, la scenografia esemplare, le scene in cui la città va a fuoco sono meravigliosamente belliche, la fotografia è assai suggestiva, la regia è comunque solida ed impeccabile, l’intero cast non ha deluso le aspettative, anche se a detta di alcuni esperti ci sono stati errori tecnici questo episodio ha consentito di registrare un record di ascolti nella storia della serie TV, con circa 18.48 milioni di spettatori. Abbiamo dovuto dire addio ad alcuni personaggi principali e dopo un episodio tanto sorprendente, sconvolgente e a tratti strappa lacrime, non ci resta che attendere il gran finale.

Francesco Stomeo

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