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Diffamò concittadina durante un comizio in diretta Fb, il giudice manda a processo il sindaco

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di Claudio Tadicini

SANNICOLA (Lecce) – Andrà a processo per avere diffamato una concittadina durante un comizio elettorale in diretta streaming.

Si tratta del sindaco di Sannicola Cosimo Piccione, rieletto nel maggio 2018 alla guida del comune salentino, nei confronti del quale il gip Alcide Maritati ha disposto l’imputazione coatta, accogliendo l’opposizione alla richiesta di archiviazione, presentata dalla persona offesa, ed avanzata dal pubblico ministero Maria Rosaria Micucci. Quest’ultima, a giorni, dovrà quindi formulare l’imputazione da cui il sindaco di Sannicola – denunciato dalla sua compaesana per i reati di minaccia e diffamazione, aggravata perché compiuta attraverso l’uso di un social network – si dovrà difendere nel procedimento penale che sarà avviato nei suoi confronti.

I fatti risalgono alla scorsa campagna elettorale. La diatriba, iniziata su Facebook e poi sconfinata durante un comizio pubblico fino ad arrivare in un’aula di tribunale, vede coinvolti Piccione ed un’insegnante della scuola media di Sannicola, che il 20 maggio dello scorso anno aveva pubblicato sul suo profilo Facebook un commento inerente la campagna elettorale in atto ed il clima elettorale che si era venuto a creare nel suo paese, manifestando semplicemente la propria libertà di pensiero, senza alcun coinvolgimento nelle locali dinamiche e diatribe politiche e senza fare alcun riferimento a nomi o schieramenti.

L’avvocato Maria Greco

Quel post fu subito condiviso da un amico virtuale dell’insegnante, che aggiunse a sua volta un proprio commento dando ad alcune frasi del pensiero originario una connotazione dispregiativa e suscitando, così, reazioni e commenti di chi, evidentemente, si sentiva offeso per l’esternazione della docente.

Da privato, il commento dell’insegnante divenne pubblico due giorni dopo, in occasione del comizio in piazza dell’allora candidato sindaco Piccione, che vi fece chiaro riferimento lasciandosi andare ad espressioni ostili, minacciose e diffamatorie nei confronti della docente, nuocendo così all’immagine personale e professionale della donna. E tutto in modo amplificato in maniera esponenziale, perché accaduto in diretta streaming.

Il giudice per le indagini preliminari Maritati, accogliendo l’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata per conto della docente dall’avvocato Maria Greco, ha pertanto ravvisato che vi fossero gli estremi per mandare a processo il sindaco Piccione, disponendone l’imputazione coatta per diffamazione aggravata. Riguardo alle minacce rivolte dal primo cittadino alla docente sempre nel corso del comizio – “Pagherai quanto prima. Ti farò vedere l’Inferno” – il gip ha invece ritenuto di non doversi procedere, ritenendole mere imprecazioni.

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“Tutti insieme per Stè”: una marcia in ricordo del giovane ucciso senza un perché

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LECCE – Da Torino fino al Capo di Leuca tutti simbolicamente uniti nel ricordo di Stefano Leo, il giovane biellese di 33 anni con origini e legami sempre molto stretti con il Salento (la madre è originaria di Morciano di Leuca) ucciso con un taglio alla gola il 23 febbraio scorso a Torino. Il raduno è fissato per domani mattina, a partire dalle 11.00, in Piazza Sant’Oronzo a Lecce e in parte a Morciano di Leuca dove il giovane scendeva ogni estate per trascorrere un periodo tra mare, bagni, feste e amici. Quelli stessi che tutti insieme percorreranno il tragitto che quel sabato Stefano non ha potuto terminare. Il giovane è stato ucciso con un taglio netto alla gola. Non si sa da chi, non si sa il perché. La famiglia, gli amici, i colleghi, tutte le persone che gli volevano bene e chi ha incrociato anche solo per pochi minuti questo ragazzo solare e buono attendono e pretendono delle risposte. Che però tradano ad arrivare. Dare forma più precisa ad una morte tragica può essere il primo passo per costruirne un senso possibile e iniziare ad andare avanti col peso della sua assenza.

Nella speranza che una manifestazione pubblica e sincera possa portare l’omicida a costituirsi o scaturire in qualcuno un sussulto che aiuti gli investigatori nella ricerca della verità. I manifestanti saranno ben riconoscibili. Tra le mani stringeranno un palloncino rosso da donare a chi voglia unirsi in questa marcia di ricordo e di speranza. Originario di Biella, si era laureato brillantemente a Milano in giurisprudenza, Stefano si era trasferito a Torino da poco e viveva nel quartiere Vanchiglia, lo stesso dove è stato ucciso. Nel capoluogo piemontese lavorava, assunto da dicembre, come commesso in un negozio. La mattina dell’aggressione era uscito per recarsi a lavoro  e iniziare il suo turno. Il giovane viene avvicinato dal suo assassino nella zona dei Murazzi e accoltellato. Un solo taglio. Mortifero. L’omicida si dilegua immediatamente senza lasciare traccia.

Stefano si trascina per qualche metro. Poi si accascia per terra. L’autopsia conferma l’ arma del delitto:   e molto affilato. Una telecamera di videosorveglianza riprende la fuga dell’assassino ma non forniscono dettagli sulle fattezze fisiche. Presumibilmente di età giovane, tra i 30 e i 35 anni; alto circa 1,75 centimetri, magro. A distanza di un mese, però, si è sempre in attesa della svolta. Inizialmente si è ipotizzata l’azione compiuta da un mitomane ma la pista più accreditata porterebbe ad un delitto premeditato probabilmente per motivi passionali. In attesa di avere risposte certe, una marcia nel nome di Stefano spera di scuotere la coscienza del suo assassino.

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Abusi sessuali su un giovane ospite in un centro di accoglienza? Indagato un 24enne

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F.Oli.

SALENTO – Vittima di presunte attenzioni sessuali in un centro di accoglienza per profughi nella zona della Grecìa salentina. E’ quanto racconta un’inchiesta coordinata dal pubblico ministero Maria Vallefuoco giunta, di recente, al capolinea con un avviso di chiusa indagine notificato al presunto molestatore: M.N., 24enne di origini pachistane, accusato di violenza sessuale continuata. Più episodi si sarebbero consumati tra febbraio e aprile di due anni fa. Le attenzioni e le molestie avrebbero coinvolto due giovani.

Ripercorrendo quanto contenuto nel capo d’imputazione, in un’occasione  il 24enne avrebbe palpeggiato l’ospite del centro approfittando del fatto che la vittima fosse girata di spalle. Il secondo episodio si sarebbe verificato di notte mentre la persona offesa dormiva M.N. avrebbe cercato di infilarsi nel suo letto mentre gli accarezzava le spalle, il sedere e le cosce. La denuncia del giovane ha dato il via alle indagini condotte dai carabinieri del posto (dipendenti dalla Compagnia di Maglie).

Negli atti d’indagine sono stati depositati gli esiti dell’incidente probatorio della persona offesa e di altri testimoni che, nei relativi verbali di sommarie informazioni, avevano rilasciato dichiarazioni ritenute di pregnante rilevanza avendo assistito ad alcuni episodi di violenza subiti dal denunciante. L’indagato è difeso d’ufficio dall’avvocato Stefano Maggio.

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Salvemini prova a rottamare il centrodestra “che vedeva Palazzo Carafa come casa sua”

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LECCE -Adesso la partita si fa più intensa: mentre il centrodestra si azzannava, Carlo Salvemini percorreva tranquillo i quartieri leccesi per chiedere di superare lo zoppicamento del 2017, quando mancarono 360 voti per ottenere il premio di maggioranza. Oggi è stato inaugurato il Comitato elettorale in viale Japigia, che non è riuscito a contenere l’onda di seguaci che abbraccia sempre l’ex sindaco in ogni intervento. La sede sarà un vero è proprio quartier generale, che verrà usato per convegni, incontri, proposte e idee.  Tutto è pronto per il 24 aprile, quando si dovranno presentare le liste. Le frecciatine al centrodestra in guerra non sono mancate: Salvemini lo ha definito “una comunità prigioniera della propria storia è litigiosa”. “Siamo stati dipinti come occupanti abusivi di Palazzo Carafa perché una classe dirigente ha pensato che fosse casa propria – attacca Salvemini –  Noi abbiamo aperto le porte alla città, senza chiedere a chi ci incontrava chi avesse votato. Capite bene che 18 mesi non sono sufficienti a ribadire i principi elementari di trasparenza, accessibilità, separazione di funzioni tra indirizzo e gestione”. Cita nuovamente Aldo Moro l’ex sindaco: “Per fare le cose occorre il tempo che occorre”. In questa frase c’è la richiesta di lavorare per una seconda opportunità.

Salvemini rifiuta ancora la ricostruzione della regia barese, che lo stesso Emiliano aveva accreditato: “La verità è che hanno difficoltà a metterci a fuoco: quando si vive la politica con spirito di servizio, certi schemi sono destinati a stemperarsi”. In platea ci sono tutte le sensibilità del centrosinistra, ma anche un po’ di centrodestra, come gli uomini di Delli Noci (incluso l’architetto Foresta, che arriva in ritardo).

Oggi abbiamo ricevuto una grande spinta emotiva – ha detto Alessandro Deli Noci partecipiamo ad una campagna elettorale in cui ognuno di noi sta dando quello che può per costruire la città del futuro. La dicotomia che affronteremo e che dobbiamo spiegare è quella della distinzione non tra blocchi di potere, ma tra passato e futuro. Questa è la distinzione che io vedo e che la gente percepisce. Dall’altra parte litigio continuo. La voglia di confrontarsi, di accogliere pensieri diversi per un progetto di città. Ringrazio Carlo per essere stato capace di costruire una sola grande comunità che vuole arrivare a governare la cosa pubblica come servizio. Questa è una sfida che Lecce non può permettersi di perdere”.

C’è anche Teresa Bellanova: “Il centro sinistra ha un obiettivo importante: rispondere alla domanda di qualità, trasparenza, buona amministrazione e buona politica che viene dai cittadini leccesi, sostenere e rafforzare il bisogno di cittadinanza attiva che si respira in città, costruire un programma di governo che faccia tesoro e metta in valore le buone prassi già attivate rilanciando anche sui punti rimasti in ombra. Un lavoro ambizioso? Sicuramente lo è. Ma è quello che Lecce merita”.
Così la Senatrice Teresa Bellanova all’inaugurazione del Comitato elettorale di Carlo Salvemini Sindaco di Lecce.
“Ho già detto come in questi mesi di amministrazione Salvemini”, prosegue la Senatrice Teresa Bellanova, “sia stato evidente un cambiamento nelle forme della politica cittadina e dell’amministrazione che va confermato e ulteriormente rafforzato. Questo cambiamento risponde evidentemente a un bisogno e a un desiderio della città preziosi, che vanno adeguatamente sostenuti e incoraggiati. Mentre altri litigano su rapporti di forza e leadership, Carlo strada per strada incontra e parla con i cittadini, discute, costruisce proposta amministrativa e politica. Una campagna elettorale alla luce del sole. Una differenza enorme che evidenzia con nettezza la distanza tra schieramenti. Una differenza che le donne e gli uomini di questa città sapranno apprezzare e premiare”.

Eppure anche nel centrosinistra una lotta di leadership c’è: esiste l’area renziana, l’area Emiliano, che fa la lista con l’impegno di Stefanazzi, ma anche un’area civica più a sinistra. Tra l’altro la sinistra radicale (LbT) ha voltato le spalle a Salvemini dopo un’aspra polemica. Dunque, a sinistra la situazione rispetto al 2017 non è mutata molto, ma ora c’è la consapevolezza che vincere non è più un’impresa impossibile.

Garcin

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Non affida ruolo dirigenziale al figlio: picchia e manda in ospedale socia della moglie

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NARDO’ (Lecce) – Sarebbe stata aggredita dal cognato perché si rifiutava di affidare un ruolo dirigenziale al nipote di appena 20 anni nella società che la donna gestiva insieme alla moglie dell’uomo nonché una sua sorella. Il clima già incandescente sarebbe esploso il 14 gennaio scorso quando l’uomo avrebbe fatto irruzione nell’ufficio di A.B. Parole grosse, spintoni, calci, pugni. E la donna finì persino in ospedale.

Insomma una scena di autentica follia all’interno di una società che sorge nella zona industriale di Nardò specializzata nella vendita di prodotti per la casa e l’igiene personale. Ora l’aggressore dovrà stare lontano dalla donna. Il gip Sergio Tosi, così come richiesto dal pm Massimiliano Carducci, ha infatti applicato a L.T., 52 anni, di Nardò, il divieto  di avvicinamento alla persona offesa, alla sua abitazione, alla sede della società e dai luoghi abitualmente frequentati dalla donna da cui dovrà stare lontano almeno 300 metri. Risponde di violenza privata e lesioni. Perché L.T., in preda ad uno scatto di ira incontrollata, avrebbe scatenato il putiferio nell’ufficio della cognata. Avrebbe apostrofato in malomodo la donna lanciandole fascicoli e documenti; l’avrebbe poi colpita violentemente con un raccoglitore; gettato per aria e contro la cognata alcune cassette in plastica, la tastiera del computer, la spillatrice in metallo e documenti vari. Tanto che la malcapitata rimase ferita. Riportò una ferita in fronte, un trauma al ginocchio destro con lesione distruttiva del legamento collaterale mediale. Con una prognosi di 40 giorni così come riportato nel referto medico rilasciato dai medici dell’ospedale di Copertino.

La cognata, però, non era da sola quando il cognato mise a segno quel blitz. Erano presenti tre dipendenti. E le loro dichiarazioni, acquisite dai carabinieri di Nardo (guidati dal maresciallo maggiore Vito De Giorgi), si sono rivelate fondamentali perché hanno confermato il narrato della persona offesa riportato in querela. In particolare due dipendenti, in sede di ascolto, hanno raccontato che a causa dei colpi subìti A.B. sarebbe caduta per terra sanguinando copiosamente e di aver richiesto, a quel punto, l’intervento del 118 e dei carabinieri.

Per il giudice, così come riportato nell’ordinanza di applicazione del divieto di avvicinamento, “non ci sarebbe alcun elemento per dubitare della credibilità di A.B. che sia nelle sommarie informazioni rese il 14 gennaio che nella querela sporta il giorno successivo ed infine nelle ulteriori sommarie rese il 25 gennaio ai carabinieri della stazione di Nardò ha reso dichiarazioni attendibili, dettagliate e prive di contraddizioni”.  E proprio per il rischio di altre tensioni tra la persona offesa e il gruppo familiare a lei ostile, il gip ha disposto il divieto di avvicinamento perché “è concreto il pericolo che l’indagato commetta altri gravi delitti” anche perché L.T. abita in un appartamento dell’azienda in cui la persona offesa svolge le proprie mansioni.

Nella giornata di ieri l’indagato, difeso dagli avvocati Alberto Gatto e Maria Luigi Vetere, è comparso davanti al gip Sergio Tosi. Nell’interrogatorio di garanzia ha negato la dinamica così come descritta dalla persona offesa. Ha ammesso un diverbio intenso ma non l’avrebbe mai aggredita con calci e pugni. Inoltre i referti medici non avrebbero confermato le lesioni al volto ma una prognosi di 10 giorni con algie e dolori al torace. Nulla, insomma, che potesse avvalorare un’aggressione fisica.

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L’almanacco di oggi 31 marzo

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Santo

San Beniamino

Sono nati in questo giorno

1732 Franz Joseph Haydn

1955 Marcello Sorgi

1964 Isabella Ferrari

Proverbio

Il bambino piange per il suo bene, il vecchio per il suo male

Accadde oggi

1727 muore Isaac Newton, scopritore della gravitazione universale

1973 maltempo nel sud Italia: frane e inondazioni in Basilicata. Molti centri abitati restano isolati

1974 riunione a Roma del tribunale Russel che processerà le dittature latino-americane

1996 muore all’età di 51 anni il poeta Dario Bellezza

Scoperte

1900 Friedrich Dorn scopre il radon

 

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Il film della settimana: Dumbo

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È uscito il 28 marzo 2019 Dumbo, film di genere fantastico, family diretto dall’eccentrico e geniale Tim Burton, remake del film animato Dumbo – L’ elefante volante del 1941, oggi realizzato con una tecnica mista che unisce la live-action con la tecnologia CGI (computer generated imagery). L’impronta del maestro delle fiabe grottesche è indelebile e questo film celebra il suo grande ritorno dopo alcuni anni di appannamento. Nella pellicola sembra ritornare quell’atmosfera gotica, grottesca e al tempo stesso dolce e fiabesca che ha sempre caratterizzato i suoi capolavori come Nightmare before Christmas e Edward mani di forbici.

La storia scritta da Ehren Krugen, che non si discosta sostanzialmente da quella del primo film sceneggiata da Helen Aberson, risultando però meno inquietante e di durata maggiore, ha inizio in un circo in crisi con pochi animali e fenomeni da baraccone, il cui proprietario è Max Medici (Danny De Vito) uomo ambizioso e senza scrupoli. Tra tutti gli animali c’è n’è uno particolare, singolare, diverso, un elefantino con le orecchie smisuratamente larghe e lunghe che verrà deriso dal pubblico per il suo aspetto ma al tempo stesso lo incanterà grazie alle sue incredibili gesta e verrà battezzato Dumbo, l’elefante in grado di volare tramite l’ausilio delle sue orecchie.

Dumbo verrà supportato da un reduce di guerra Holt Farrier (Colin Farrell), dai suoi figli e dalla trapezista Colette Marchant (Eva Green) che aiuteranno il giovane pachiderma a ritrovare la madre perduta e lo difenderanno dalle insidie dell’infimo ed avido imprenditore V.A. Vandevere (Michael Keaton), interessato esclusivamente al successo economico che potrebbe ottenere se portasse Dumbo nel suo parco divertimenti, chiamato Dreamland. La nota scena degli elefanti rosa del primo film è presente anche in questo lungometraggio, anche se con qualche modifica o qualche lieve cambiamento di stile. E’ interessante il gran lavoro svolto dal duo Keaton (V.A. Vandevere) e Danny De Vito (Max Medici), ancora insieme dopo Batman- Il ritorno del 1992, ultimo film in cui hanno collaborato.

In Dumbo, i loro personaggi pur essendo diversi, sotto certi aspetti sono molto simili, meglio complementari, lo dimostra l’intesa reciproca, è un po’ come se fossero il gatto e la volpe. Eva Green è sempre bellissima e talentuosa, Colin Farrell si conferma sempre più esperto ed espressivo. Il film è piacevole, scorrevole, commovente, una storia di fantasia per le famiglie che permette di riflettere sulle diversità e sull’emarginazione, sulla possibilità di riscattarsi ed esprimere comunque abilità e qualità inimmaginabili, temi cari a Burton.

Il maestro ha voluto realizzare un film meno cupo e spaventoso del primo, tendendo la mano alla Walt Disney, rendendolo toccante anche se non proprio un capolavoro, la grafica è incantevole, mozzafiato ma non molto Dark rispetto ai suoi primi film, scelta voluta da parte del regista per restare in linea con il progetto condiviso con la Walt Disney. La pellicola va inquadrata per quello che rappresenta, ovvero uno show da non perdere per i più piccoli ed i loro genitori, tuttavia è anche fortemente consigliato per i ragazzi e gli adulti in genere.

 

Francesco Stomeo

 

 

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L’analisi di Flavio Carlino: Cesare Battisti il soldato e il comunismo la sua guerra

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Quando il caso Battisti venne alla luce gli intellettuali italiani di sinistra si schierarono in sua difesa. Cesare Battisti è il terrorista condannato per avere ucciso quattro persone e ferite tre. Lui scappò in Francia, poi in Messico, per poi tornare in Francia dove venne accolto quale rifugiato politico grazie alla dottrina Mitterand e dove ebbe un’insperata carriera di intellettuale (ovvio per la sinistra). Poi, dopo Mitterand, venne arrestato per essere estradato in Italia, dove venne dapprima incarcerato e poi scarcerato per fuggire in Brasile dove l’ex Presidente Lula lo accolse senza mai concedere l’estradizione in Italia; finché non è stato eletto Bolsonaro, il Presidente di destra che già durante le elezioni promise di estradarlo se avesse vinto. Poi la fuga in Bolivia. Ma il vento è cambiato. La sinistra di tutto il mondo sta per morire, perciò Battisti è arrivato in Italia, dove sconterà la sua pena.

Gli intellettuali italiani sostennero, e sostengono, fino all’inverosimile che Battisti non ha ricevuto un giusto processo, per cui è un perseguitato. E nonostante lui stesso abbia poi confessato gli omicidi e le altre azioni criminose di cui si è reso colpevole, dichiarandosi un semplice soldato di una guerra che all’epoca veniva combattuta, i suoi più fervidi sostenitori sostengono che la sua confessione sia falsa, senza, perciò, cambiare idea sulla sua innocenza.

Quindi Cesare Battisti, l’illustre sconosciuto prima di quei crimini efferati, ora si dichiara un soldato. E i soldati vanno rispettati, perché rischiano la propria vita per quella degli altri e per una giusta causa. Quella di Battisti qual era? Dimenticavo: la lotta per il proletariato. La lotta “armata” per il proletariato. Per questa causa “Battisti & Compagni” eseguivano rapine nei negozi dei commercianti, da loro considerati “capitalisti” e allungavano le mani sull’incasso, sparando a qualcuno, se era necessario alla causa.

Ma non finiva lì. I terroristi, perché questo erano, se si sentivano minacciati andavano oltre. Ricorderete il caso Torregiani, il gioielliere di Milano che reagì ad un tentativo di rapina in una pizzeria di Milano. Pier Luigi Torregiani aveva appena esposto dei gioielli in una TV privata di Milano ed era andato con collaboratori e famigliari a cenare al ristorante “Il Transatlantico” dove entrarono dei malviventi, poi risultati essere  membri di Proletari Armati per il Comunismo (PAC), e durante il tentativo di rapina Pier Luigi Torregiani ed un suo accompagnatore, entrambi armati, reagirono e iniziò una sparatoria durante la quale rimasero uccise due persone, uno dei malviventi ed un uomo di Catania che si trovava nel locale. Altre furono ferite, fra cui lo stesso Torregiani.

Meno di un mese dopo l’episodio, precisamente il 16 febbraio 1979, Torregiani fu vittima di un agguato mentre apriva la saracinesca del suo negozio insieme al figlio. Lui fu ucciso ed il figlio fu colpito da un proiettile alla colonna vertebrale che lo rese paraplegico a vita. Qualche settimana dopo, i terroristi telefonarono anonimamente ad un giornalista di Milano per indicargli il luogo in cui avrebbe trovato un comunicato di rivendicazione. E così fu. Il comunicato venne trovato in una cabina telefonica, in Piazza Cavour a Milano. Volete sapere quale fu la motivazione addotta dai terroristi per l’agguato a Torregiani (e a Sabbadin, il macellaio ucciso per lo stesso motivo)? Eccola: “Conquistare l’egemonia politica sulla piccola malavita” per evitare che finisse “sotto l’egemonia della grande malavita storicamente intrallazzata con il potere del capitale” … firmato “Nuclei Comunisti per la Guerriglia Proletaria”.

Eh già, COMUNISTI, Proletari Armati Comunisti, il cui acronimo è PAC, come PAC MAN, il videogioco ideato da Toru Iwatani, dal quale differisce solo perché invece di mangiare i puntini, sparavano alle persone. Ma questi sono dettagli sui quali non insisto per non perdere il filo del discorso. Quindi, COMUNISTI, dicevo.

Certo, va detto, all’agguato a Torregiani, Battisti non c’era. Ad onor del vero, va anche detto che non poteva esserci, non perché stesse giocando a briscola con gli amici, ma perché era impegnato in un altro agguato, quello di Sabbadin, appunto, il macellaio che venne ucciso per lo stesso motivo per cui venne ucciso Torregiani: l’essersi difeso con un’arma durante un’altra delle loro rapine. Una delle loro bravate.

Riepilogando. Un nucleo comunista armato per la guerriglia proletaria entrava in un negozio per commettere una rapina. Al commerciante si aprivano due possibilità: non reagire, i PAC rubavano e andavano via; reagire, i terroristi non riuscivano a rubare e dopo qualche giorno tendevano un agguato al commerciante, uccidendolo, “per conquistare l’egemonia politica sulla microcriminalità evitando che finisse nelle mani della criminalità organizzata”. E sapete perché? Perché la criminalità organizzata, da loro definita “grande malavita” era storicamente intrallazzata con il potere del capitale”.

In sostanza, mi sembra di capire, che uccidevano i commercianti perché essi rappresentavano il capitale storicamente intrallazzato con la criminalità organizzata.

Allora i comunisti si sentivano minacciati dai poveri commercianti e perciò urlavano: “Proletari di tutti i Paesi, unitevi!”. E cominciavano a sparare.

Ah, Karl Marx, quanti danni con il tuo manifesto. Forse, se qualcuno ti avesse ucciso, non sarebbero morte tante persone. Pensavo ad alta voce.

Ma ora, grazie a Dio e a Bolsonaro, Cesare Battisti è in Italia a scontare la sua pena, l’ergastolo, che speriamo sconti fino alla fine dei suoi giorni, senza sconti.

Ma resta un fatto sconcertante: nonostante la sua confessione, gli intellettuali di sinistra, come la scrittrice francese Fred Vargas, il suo collega italiano Erri De Luca ed altri, ancora lo difendono. Difendono l’indifendibile. Difendono il male, la delinquenza perpetrata per anni nel nome di un’ideologia senza senso, quella comunista. Difendono una guerra che non era una guerra, perché non aveva una vera causa e veniva combattuta turpemente e ignobilmente, con gesti intrisi di nefandezze ed esecrabile spietatezza.

Cesare Battisti non è la vittima, ma il carnefice. Egli non è un intellettuale, ma solo un delinquente.  Se ne faccia una ragione la sinistra. Allora mi chiedo … come può una persona mentalmente stabile difenderne una mentalmente instabile. Ad ognuno di noi la risposta!

Flavio Carlino

     

La Rubrica degli opinionisti è una sezione del giornale che permette agli esperti di esprimere un punto di vista su fatti relativi a costume, società, politica, sport. Tutti i contenuti di questa rubrica non sono opera della redazione e/o esprimono necessariamente pensieri e opinioni del Corriere Salentino

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“3,50”: il reportage di Toti Bello che racconta l’inferno in terra dei lavoratori stagionali sfruttati dal caporalato

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Tra la terra di chi vive e quella di chi muore, esiste una terra sconosciuta abitata da chi sopravvive, anime in bilico che assistono impotenti allo scorrere dei giorni, disilluse dai sogni che avevano reso forti i loro piedi, tanto forti da mettersi in viaggio verso coste nuove, dove si narrava la vita fosse una possibilità urlata da réclame con donne ammiccanti, saggi padri di famiglia e bambini sorridenti.

È la terra dei lavoratori stagionali sfruttati dal caporalato, quella in cui arrivano senza chiedere, scortati da padroni antichi e sempre nuovi, volti anonimi, quelli dei caporali, che si rincorrono sotto al sole, lo stesso dei turisti in estate, dei lidi con la musica a palla, che bacia i belli e uccide i disperati.

Quelli che non hanno un nome se ne vanno in silenzio, tra una fila di pomodori, buoni e succosi, come i cocomeri, le arance o i meloni, prodotti che fanno bella mostra sulle tavole e vengono divorati tra brindisi e sorrisi, insieme alla dignità di chi li ha raccolti.

E così muore l’orgoglio, muoiono i sogni, muore la speranza e infine muore la persona, il contenitore di tutto ciò che un tempo era un uomo e che il caporalato riduce a ingranaggio di un sistema infame.

Il costo di una vita è di 3,50 euro a cassetta, tanto vale per i caporali il lavoro di un immigrato stagionale.

3,50 euro è la cifra che il fotoreporter Toti Bello ha ripetuto più volte nel corso di una telefonata in cui con l’emozione della voce e con le parole ha descritto ciò che ha provato e vissuto nel corso della realizzazione del reportage che lo ha portato a Campobello di Mazara (TP), tra gli ultimi degli ultimi, i lavoratori stagionali impiegati nella raccolta delle olive.

Tutto è iniziato quando nel 2013 Diallo Ousmani, un lavoratore stagionale, è rimasto gravemente ustionato in seguito all’incendio della baracca in cui viveva (se mai il verbo vivere possa mai essere adeguato) e il 20 ottobre, una domenica, dopo 10 interminabili giorni di agonia, è morto.

Diallo aveva 26 anni, veniva dal Senegal, è morto nell’ospedale di Palermo, in una luminosa Sicilia in cui era arrivato in cerca di lavoro e dignità.

Toti Bello, che in quel periodo si trovava in zona per un altro servizio, venuto a conoscenza del fatto, si è improvvisamente trovato faccia a faccia con una realtà dietro cui, molto probabilmente, si annidava qualcosa che andava ben oltre la morte di un giovane extracomunitario e ha deciso di approfondire.

Così è iniziato il viaggio di Toti Bello nella terra degli sconosciuti: accompagnato da un gruppo di volontari ha varcato i confini del campo in cui decine di lavoratori stagionali si muovono in un non luogo, privo delle più basilari regole, dove la vita si riduce a raccattare le forze per un lavoro allucinante sperando di sopravvivere fino a sera, quando un giaciglio umido accoglierà un corpo sfinito e l’unico conforto è il momento della preghiera.

Foto Toti Bello

La solitudine, la noia, l’umiliazione, unite ad uno straziante senso di rassegnazione, non solo emergono prepotentemente dagli scatti di Toti Bello, ma si imprimono nella mente di chi li guarda e spingono a porsi molte domande perché qualcuno dovrà pur muovere i fili di questo teatrino della disperazione.

In Sicilia, nei terreni di Campobello, il burattinaio è la mafia.

“I terreni di Campobello ricadono nel territorio controllato dal boss mafioso Matteo Messina Denaro. Non è quindi inverosimile ipotizzare che queste condizioni,vengono determinate dalla mafia, che impone turni massacranti e l’irrisorio pagamento di 3-3,50€, per cassetta di prodotto raccolto” – dice Toti Bello – “Nel realizzare questo reportage ho cercato di denunciare, non solo le condizioni di vita alle quali sono costretti molti migranti che approdano in questo paese nella speranza di una vita diversa, ma anche le condizioni di sfruttamento che vivono i lavoratori, stretti nella morsa del caporalato, del lavoro nero, del ricatto, della violenza, della miseria, senza tutela alcuna”.

Il reportage non è passato inosservato, infatti è arrivato in finale alla III edizione del prestigioso “Premio letterario giornalistico fotografico Piersanti Mattarella”, dedicato al fratello del Presidente della Repubblica assassinato da Cosa Nostra.

Come ogni fotoreporter, come ogni giornalista, Toti Bello, di fronte alla scelta tra raccontare e tacere, ha scelto quindi di raccontare e lo ha fatto con le immagini perché più delle parole, più della retorica, sono le immagini la vera denuncia e “3,50” è un atto rivoluzionario che si affianca alle decine di atti rivoluzionari che ogni giorno raccontano di un’Italia che nonostante tutto, ha ancora voglia di prendere una posizione e di questo bisogna rendergli merito come uomo e come professionista.

Claudia Forcignanò

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Cadono dalla moto di cross in aperta campagna: 16enne in gravi condizioni

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LEVERANO (Lecce) – È ricoverato nel reparto di rianimazione dopo una caduta in moto mentre faceva enduro con un amico. M.P., 16enne, di Leverano, è in condizioni molto gravi. È stato operato alla testa per un forte trauma cranico e la prognosi è riservata. Il suo amico che era con lui è stato molto più fortunato: M.C., 18 anni appena compiuti, se la caverà con qualche fattura. Così un pomeriggio di svago si è trasformato in un momento di paura e dramma.

L’incidente si è verificato nei pressi di masseria Perruzzi in aperta campagna poco dopo le 17. Il giovane alla guida della moto ha perso l’equilibrio e i due amici sono finiti rovinosamente per terra. Il più giovane ha sbattuto la testa. Sono stati allertati i soccorsi mentre sul posto sono arrivati i carabinieri della stazione di Leverano che hanno avviato le indagini.

La moto non era immatricolata ed è finita sotto sequestro. Nel frattempo i due amici sono stati trasportati presso il pronto soccorso dell’ospedale “Vito Fazzi”.  Il 16enne è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico nel reparto di Neurochirurgia e per i familiari sono ore di angoscia e paura in attesa di qualche notizia confortante.

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Alla scoperta del Salento: La Contea di Lecce (5a parte)

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Pietro d’Enghien entrò in forma solenne a Lecce il 6 maggio del 1376, esattamente tre anni dopo la morte del padre, accompagnato dal Duca di Andria e dallo zio Luigi d’Enghien, Conte di Conversano.

Nel frattempo le vicende del Regno di Napoli si complicavano notevolmente poiché la regina Giovanna I, adottando Luigi I d’Angiò, aveva creato una netta frattura fra i feudatari, da una parte, infatti si schieravano i sostenitori di Carlo III d’Angiò – Durazzo, appoggiato dal pontefice, dall’altra i fedeli di Luigi I d’Angiò, sostenuto dall’antipapa e dalla corona francese. Pietro e Luigi d’Enghien si schierarono subito dalla parte di Luigi I che, nel 1383, grazie al loro appoggio si impossessò del Principato di Taranto. Mentre la contesa fra le due fazioni si andava sempre più accentuando, nel 1384 moriva Pietro d’Enghien senza discendenti diretti, così la Contea di Lecce passava nelle mani della sorella Maria che, all’epoca, aveva diciassette anni.

La Contea, al momento in cui Maria ascese alla sua signoria, contava oltre alla città che ne dava il nome, anche Acquarica di Lecce, Arnesano, Borgagne, Campi, Carmiano, Caprarica, Castrì, Cavallino, Fasolo, Lequile, Lizzanello, Monteroni, Pisignano, Roca, San Donato, Segine, San Cesario, Santa Maria de Nove, Squinzano, Strudà, Terenzano, Torchiarolo, Trepuzzi e Vanze. In linea con la politica del fratello, dello zio e dei suoi antenati, Maria si schierò al fianco di Luigi I d’Angiò, il quale pensò subito di combinare un matrimonio fra la Contessa di Lecce ed un suo prode capitano: Raimondo Orsini, detto Raimondello, figlio cadetto di Niccolò Conte di Nola, a sua volta figlio di Sveva del Balzo, sorella di Raimondo Conte di Soleto e San Pietro in Galatina.

Non avendo figli maschi, Raimondo del Balzo aveva proposto a Raimondello Orsini di aggiungere il cognome “del Balzo” al suo ed in cambio gli avrebbe lasciato in eredità la contea, tuttavia Niccolò si oppose alla transazione per favorire il primogenito Roberto. Non accettando lo status di secondogenito, finanziato dalla madre Maria de Balzo, Raimondello intraprese la carriera delle armi e si recò in Oriente per combattere contro i Musulmani quindi, rientrato nel Regno di Napoli, occupò la Contea di Soleto, che durante la sua assenza gli era stata tolta dal padre, si impossessò di altri feudi del genitore in Campania e cominciò un’azione di saccheggi in Terra d’Otranto, che allarmarono la famiglia Sanseverino che vedeva minacciati i suoi feudi. Nel 1382 dovette intervenire direttamente il sovrano Carlo III d’Angiò – Durazzo per imporre all’irrequieto giovanotto di riconsegnare al padre i feudi tolti ed a darsi una calmata. Il 15 settembre dello stesso anno, a Sulmona, fu costituita una coalizione di signori che vedevano minacciati i loro possedimenti dalle mire di Raimondello. Questi, alla fine, finì per schierarsi al fianco di Luigi I d’Angiò, offrendo un contributo militare determinante nella presa di Bari, il 21 luglio 1384, e successivamente in quella di Bisceglie.

Il matrimonio fra Raimondello Orsini – del Balzo e Maria d’Enghien venne celebrato nel 1384, ma fu mal visto dai Leccesi che, nell’anno successivo, insorsero ma la rivolta fu soffocata in un bagno di sangue.

Alla morte di Carlo III ripresero le rivalità dinastiche sotto la regia di Maria di Bretagna, vedova di Luigi I, dirette a favorire l’ascesa al trono del figlio Luigi II. Raimondello Orsini – del Balzo decise, in un primo momento, di appoggiare il sovrano Ladislao I e, in risposta, alcuni centri di Terra d’Otranto, Lecce in testa, insorsero. Taranto e Brindisi, invece, erano dalla parte dei Durazzo. Si scatenò così una nuova guerra e Raimondello, in maniera alquanto equivoca, passò da uno schieramento all’altro: prima con Ladislao I, successivamente al fianco del pontefice Urbano VI, ancora coi d’Angiò, per ritornare alla fine con Ladislao, quando ebbe la certezza che questi avrebbe vinto. Ladislao gli promise il titolo di Principe di Taranto ma, per motivi di Stato, solo alla morte di Ottone di Brunswick, quarto sposo di Giovanna I che però appoggiava Ladislao. Alla morte di questi, avvenuta nel 1399, Raimondello assediò la città e ne venne nominato principe. I Tarantini si sottomisero costringendo Luigi II alla fuga. Il 18 giugno 1399 il nuovo signore e la sua sposa facevano il trionfale ingresso a Taranto. A questo punto i destini della Contea di Lecce si legavano a quelli del Principato di Taranto. Si creava così un vero e proprio Stato nello Stato, infatti l’intera Terra d’Otranto, con le sole eccezioni di Nardò e Seclì, appartenevano a Raimondello e Signora.

 

Cosimo Enrico Marseglia

 

 

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La Fabbrica8: cabaret

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NARDO’ ( Lecce ) – DOMENICA 31 MARZO |

Dado + Margherita Antonelli | Cabaret

LaFabbrica8

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La seconda stagione di cabaret in Fabbrica8 si chiude poi domenica 31 marzo con DADO + MARGHERITA ANTONELLI.

Dado è inverosimilmente divertente. Margherita è l’essenza della comicità al femminile. Non c’è programma comico che non abbia ospitato i loro personaggi. Dai monologhi cantati e non di Dado, alle sue famose canzoni (Alice guarda i gatti ed i gatti guardano le alici), alla signora Sofia, addetta alle pulizie di “Zelig”. Insomma anche in questa serata un po’ di storia del cabaret sul palcoscenico metropolitano nel cuore d Nardò.
Dado

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INGRESSO H 20.00
🍽Il ristorante “La Piazzetta”🍽 è aperto dalle ore 20.00 per deliziarvi
con sublimi primi e secondi piatti. È richiesta la prenotazione
obbligatoria.
START H 22.00

INFO COSTI E PRENOTAZIONI:
0833 579371 – 329 4422099

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LA FABBRICA 8
Via G. Carducci 34
NARDO’ (LE)

sito web: lafabbrica8.it
instagram: @lafabbrica8

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La Domenica ILEX SABOR LATINO

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LIZZANELLO ( Lecce ) – Domenica 31 Marzo
La Domenica ILEX SABOR LATINO
(Salsa – Bachata – Raggaeton – Afro-Latina – Kizomba)

Torna a grande richiesta il cantante
COSIMO il diamante della Bachata

Guest Dj: EL MAXIMO
Resident dj: FIORELLO SALSEROS

ILEX Disco & Restaurant propone ottima cucina e gustose pizze da mangiare a bordo di un ampia pista…

info&prenotazione tavoli:
320 486 9092 – 380 799 2811

INGRESSO LIBERO START ORE 21

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AfterLunch LeDune di Domenica

Mayapan: gli avvocati divorzisti


La ricetta del giorno: Torta pasticciotto bigusto

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Ingredienti:

650 g di farina

200 g di strutto

2 uova + 9 tuorli

400 g di zucchero

250 g di crema alla nocciola

1 bustina di lievito per dolci

1 pizzico di sale

1 limone

1 l di latte

Procedimento

 

Su una spianatoia disporre la farina a fontana, sbriciolare lo strutto e amalgamarlo con la farina;

Aggiungere 500 g di farina, 2 uova, 200 g di zucchero, il lievito, 1 pizzico di sale e la buccia del limone grattugiata;

Impastate il tutto formando una palla;

Avvolgere in una pellicola per poi riporla in frigo per 60 minuti.

 

Preparare la crema pasticciera:

In un pentolino scaldare il latte con la buccia del limone;

In un’altra pentola unire i tuorli allo zucchero e mescolare con una frusta;

Aggiungere la farina a pioggia continuando a mescolare badando che non si formino grumi;

Unitevi il latte senza buccia di limone e mescolare

Mettere sul fuoco mescolando sempre nello stesso verso sino a quando la crema non si addensa; Togliere dal fuoco e travasare in una coppa e lasciare raffreddare.

Stendere due terzi di pasta frolla con il mattarello;

Imburrare e infarinare una tortiera con i bordi  alti;

Adagiare la frolla;

Condire con la crema pasticciera è uno strato di crema alla nocciola;

Coprire con la restante parte di pasta frolla;

Piegare i bordi della base sigillando la torta e spennellando la superficie con il tuorlo sbattuto ed infornate per 30 minuti in forno preriscaldato a 180°.

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Baxter: l’aperitivo in riva al mare

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UGENTO ( Lecce ) – DOMENICA 31
•TORNANO LE FAMOSE DOMENiCHE IN RIVA AL MARE •
LIVE PERCUSSION LUCA BOVINO
Dj ALLEN
START ORE: 15.30//
INFO E RESERVATION: 340.3789587
TORRE SAN GIOVANNI-CORSO ANNIBALE,60
INGRESSO GRATUITO
#LIVETHESUN

Info

Corso Annibale, 36, Torre San Giovanni, Ugento, 73059 Ugento 16:00

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Domingozo: la domenica latina

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NOVOLI ( Lecce ) – I nuovi successi e le indimenticabili hit provenienti dall’America Latina, che hanno fatto ballare generazioni di salseri del Salento e hanno regalato grandi emozioni in pista. Ancora loro, anche per questo weekend targato Area 51 – Novoli, saranno i protagonisti della notte Domingozo, selezionati in consolle da GeppoGiabaRonnyLelekiz e Dieguito. Anche questa #DomenicaLatina, inoltre, sarà aperta alla partecipazione di tutti gli ospiti della pista novolese di via Veglie con un preserata ONLY KIZOMBA, dalle 21 alle 22. Mentre dalle ore 20.30 saranno attivi tutti i servizi dell’Area Cucine, con le novità del restaurant fino a quelle della pizzeria, passando per le specialità del pub e dell’american bar. Poi tutti in pista, insieme agli allievi delle scuola partner Puerta Del Sol – Cohiba, Fuegolatino Lecce, Made in Cuba, Parranda Latina, Habana Libre, Gruppo Timba, Havana Mwangole, A mi manera e Sabor Cubano. Start ore 21.30, ingresso libero, prenotazione tavoli al 328.3253425 – 328.3253123

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Info

Dancing Via Veglie NOVOLI (Le) 21:00328.3253425328.3253123

Costi

Free entry

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La domenica Exit 101: Mai una gioia

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LEQUILE ( Lecce ) – COME OGNI DOMENICA…CI RITROVIAMO A FAR FESTA
@ EXIT 101 Cafè… (a Lequile)
numerosi i party che hanno contraddistinto in questi anni la DOMENICA più affollata del Salento…sempre eclettici ed originali
DOMENICA 31 MARZO
_MAINAGIOIA PARTY_
NELLA DOMENICA EXIT 101 ARRIVA
*MAINAGIOIA PARTY*
UN’ ESCLAMAZIONE USATA ORMAI DA TUTTI…CHE SOSTITUISCE TANTE ALTRE ESCLAMAZIONI CHE ORMAI SONO PASSATE DI MODA) APPROVATA DALL’ACCADEMIA DELLA CRUSCA COME STATO DI COLUI CHE APPUNTO NON HA MAINAGIOIA NELLA VITA!!!)) MA UNA GIOIA VE LA REGALEREMO NOI NELLA DOMENICA EXIT 101 CON UN PARTY FRIZZANTE ALLEGRO E DIVERTENTE!!!
durante la serata TANTI GADGETS PER TUTTI… omaggiati come sempre dallo staff dell’EXIT 101 al FANTASTICO PUBBLICO della DOMENICA DEI RECORD!
UN’ATMOSFERA UNICA TRA COLORI- ANIMAZIONE- MUSICA PER TUTTI I GUSTI E LA NOSTRA SPECIALE SERATA A TEMA
START H.22:00-INGRESSO LIBERO
N.B: PRENOTA IL TUO COMPLEANNO-EVENTO O SEMPLICEMENTE UNA SERATA SPECIALE TRA AMICI…COMODI PRIVE’ E TANTI TAVOLI A DISPOSIZIONE PER VOI.
INFO E PRENOTAZIONI:3880562856

Info

Happy hours Lequile 22:00

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Presenze francescane a Lecce – 1° parte: Santa Maria al Tempio

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LECCE – Continua il nostro viaggio sulle tracce francescane nella città di Lecce. Dal leggendario, perché privo di documentazione storica, passaggio di Francesco d’Assisi nella città, alle presenze francescane succedutosi nel tempo. La nostra analisi parte dai Frati Minori, oggi presenti nella fraternità con sede a nord-est della città, nella suggestiva residenza di Fulgenzio della Monica. Nel passato diverse furono le comunità ispirate al santo di Assisi, dislocate in più punti del territorio cittadino. Sulla linea della ricostruzione storica di padre Tommaso Leopizzi, faremo un viaggio che toccherà sei tappe. Prima sosta: Santa Maria al Tempio.

Nuzzo Drimi, barone di Corigliano d’Otranto, nel 1432 fece costruire, per donare poi ai Frati Minori, una chiesa e un convento, posti al di fuori delle mura della città.  Un antico affresco della Madonna, probabilmente di origine bizantina, era fortemente venerato dal popolo leccese.

La chiesetta era però troppo piccola per ospitare i numerosi fedeli, così come la residenza conventuale angusta per la fraternità: «sicché i Frati Minori dell’Osservanza pugliese decisero di costruire a Lecce una sede degna della tradizione minoritica». La costruzione del convento e della Chiesa iniziò nel 1508 per concludersi nel 1517, sotto la guida del ministro provinciale, padre Riccardo Maremonti.

Un noto cronista leccese del tempo, Antonello Coniger, la definì ‘superba’ per l’armonia delle linee architettoniche, mentre il ministro generale, padre Francesco Gonzaga, ‘eleganter satis’.

Nel 1591 il Convento di Santa Maria del Tempio passò ai Frati Minori della Riforma, che completarono i lavori, scegliendo uno stile più severo e rigido. Verso la fine del 1600 il convento ospitava circa 50 religiosi. Tra il 1681 e il 1683 venne costruito il grande vano della biblioteca, che accolse le Edizioni Venete acquistate con la donazione di Giangiacomo Leccio, tesoriere e vicario della cattedrale di Lecce. «Così trasformata, la casa religiosa di S. Maria al Tempio era diventata la più vasta e accogliente di tutta la Provincia Riformata di S. Nicolò».

Anche la prima chiesetta che custodiva la preziosa immagine della Madonna, fu sostituita da un edificio sacro nuovo, con ben 13 altari e con opere d’arte di notevole interesse di pittori riformati quale fra Francesco da Martina Franca e i sui discepoli. Si ricordi la tela dell’Immacolata ora conservata nella Pinacoteca d’Arte Francescana ‘Roberto Caracciolo’ e la tela di S. Maria al Tempio che si trova nella Chiesa di S. Francesco si Paola. Interessante anche una pittura su legno raffigurante la Vergine, custodita nel Museo Castromediano di Lecce, un tabernacolo ligneo, opera di fra Giuseppe di Soleto, ora nella Chiesa parrocchiale di Merine ed un crocefisso ligneo, meraviglioso, opera di frate Angelo Pietrafitta, che si trova nella Chiesa di S. Lazzaro a Lecce.

Data la sua posizione strategica, situata nei pressi delle mura e quasi di fronte al castello, il convento di S. Maria del Tempio fu più volte coinvolto nelle vicende politiche e militari del tempo. Inoltre il guardiano del convento custodiva le chiavi dell’Archivio in cui erano conservati i documenti più importanti della città di Lecce.

Così come sottolinea lo storico Leopizzi: «il convento di S. Maria al Tempio può essere considerato il cuore della Provincia serafica della Riforma Pugliese e la fucina di formidabili personalità nei vari campi del sapere umano e teologico».

La vitalità di questa casa religiosa fu letteralmente bloccata dalle leggi napoleoniche e dalle successive disposizioni dello Stato Italiano. I frati nel 1822 ripresero possesso della loro casa, riavviando l’attività di apostolato. Divenne sede di Studentato filosofico e teologico, con maestri prestigiosi, quali P. Serafino di Montemesola, professore di filosofia, P. Eugenio Di Lonardo di Martina Franca, professore di Diritto Canonico e Lingue Orientali e P. Gregorio Caputi da Nardò, professore di Teologia. Una vita dinamica dal punto di vista culturale e religioso, destinata a spegnersi a causa delle tristi vicende storiche: il 14 settembre del 1864 alle 7.00 i frati del convento di S. Maria al Tempio furono costretti ad abbandonare la loro casa. L’intero edificio con la chiesa fu destinato a pubblica utilità. Nel 1872 nell’ ex- convento si insediò il Comando del Distretto Militare, trasformandolo in capannoni per soldati, denominandolo dapprima ‘Caserma del Tempio’, poi, nel 1905, ‘Oronzo Massa’. Infine l’amministrazione comunale di Lecce, guidata dal dott. Capilungo ne decise la completa demolizione il 1° febbraio del 1971 alle ore 13.00.

Triste pagina della nostra storia locale, che ha determinato la distruzione di un prestigioso complesso ideato da uno dei più importanti architetti leccesi della storia, P. Riccardo Maremonti.

La svolta: della Chiesa di Santa Maria al Tempio non è rimasto solo un lontano ricordo. Durante gli scavi nella zona dell’ex-Caserma Massa, sono stati ritrovati dei reperti archeologici, tra cui anche antiche testimonianze della chiesa quattrocentesca. Nel novembre del 2018 è stato approvato dalla giunta comunale il progetto di ‘Recupero e messa in sicurezza delle strutture riferibili alla Chiesa di Santa Maria del Tempio’.

Una conclusione grigia che si sfuma di rosa. Perché nulla vada completamente perduto. Per riascoltare e rivedere tracce della nostra storia!

Manuela Marzo

*Fonte e approfondimenti: LEOPIZZI T., Il francescanesimo a Lecce, in Fulgenzio, un secolo di presenza francescana. Lecce, 2001, Edizioni Del Grifo.

 

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