Quando il caso Battisti venne alla luce gli intellettuali italiani di sinistra si schierarono in sua difesa. Cesare Battisti è il terrorista condannato per avere ucciso quattro persone e ferite tre. Lui scappò in Francia, poi in Messico, per poi tornare in Francia dove venne accolto quale rifugiato politico grazie alla dottrina Mitterand e dove ebbe un’insperata carriera di intellettuale (ovvio per la sinistra). Poi, dopo Mitterand, venne arrestato per essere estradato in Italia, dove venne dapprima incarcerato e poi scarcerato per fuggire in Brasile dove l’ex Presidente Lula lo accolse senza mai concedere l’estradizione in Italia; finché non è stato eletto Bolsonaro, il Presidente di destra che già durante le elezioni promise di estradarlo se avesse vinto. Poi la fuga in Bolivia. Ma il vento è cambiato. La sinistra di tutto il mondo sta per morire, perciò Battisti è arrivato in Italia, dove sconterà la sua pena.
Gli intellettuali italiani sostennero, e sostengono, fino all’inverosimile che Battisti non ha ricevuto un giusto processo, per cui è un perseguitato. E nonostante lui stesso abbia poi confessato gli omicidi e le altre azioni criminose di cui si è reso colpevole, dichiarandosi un semplice soldato di una guerra che all’epoca veniva combattuta, i suoi più fervidi sostenitori sostengono che la sua confessione sia falsa, senza, perciò, cambiare idea sulla sua innocenza.
Quindi Cesare Battisti, l’illustre sconosciuto prima di quei crimini efferati, ora si dichiara un soldato. E i soldati vanno rispettati, perché rischiano la propria vita per quella degli altri e per una giusta causa. Quella di Battisti qual era? Dimenticavo: la lotta per il proletariato. La lotta “armata” per il proletariato. Per questa causa “Battisti & Compagni” eseguivano rapine nei negozi dei commercianti, da loro considerati “capitalisti” e allungavano le mani sull’incasso, sparando a qualcuno, se era necessario alla causa.
Ma non finiva lì. I terroristi, perché questo erano, se si sentivano minacciati andavano oltre. Ricorderete il caso Torregiani, il gioielliere di Milano che reagì ad un tentativo di rapina in una pizzeria di Milano. Pier Luigi Torregiani aveva appena esposto dei gioielli in una TV privata di Milano ed era andato con collaboratori e famigliari a cenare al ristorante “Il Transatlantico” dove entrarono dei malviventi, poi risultati essere membri di Proletari Armati per il Comunismo (PAC), e durante il tentativo di rapina Pier Luigi Torregiani ed un suo accompagnatore, entrambi armati, reagirono e iniziò una sparatoria durante la quale rimasero uccise due persone, uno dei malviventi ed un uomo di Catania che si trovava nel locale. Altre furono ferite, fra cui lo stesso Torregiani.
Meno di un mese dopo l’episodio, precisamente il 16 febbraio 1979, Torregiani fu vittima di un agguato mentre apriva la saracinesca del suo negozio insieme al figlio. Lui fu ucciso ed il figlio fu colpito da un proiettile alla colonna vertebrale che lo rese paraplegico a vita. Qualche settimana dopo, i terroristi telefonarono anonimamente ad un giornalista di Milano per indicargli il luogo in cui avrebbe trovato un comunicato di rivendicazione. E così fu. Il comunicato venne trovato in una cabina telefonica, in Piazza Cavour a Milano. Volete sapere quale fu la motivazione addotta dai terroristi per l’agguato a Torregiani (e a Sabbadin, il macellaio ucciso per lo stesso motivo)? Eccola: “Conquistare l’egemonia politica sulla piccola malavita” per evitare che finisse “sotto l’egemonia della grande malavita storicamente intrallazzata con il potere del capitale” … firmato “Nuclei Comunisti per la Guerriglia Proletaria”.
Eh già, COMUNISTI, Proletari Armati Comunisti, il cui acronimo è PAC, come PAC MAN, il videogioco ideato da Toru Iwatani, dal quale differisce solo perché invece di mangiare i puntini, sparavano alle persone. Ma questi sono dettagli sui quali non insisto per non perdere il filo del discorso. Quindi, COMUNISTI, dicevo.
Certo, va detto, all’agguato a Torregiani, Battisti non c’era. Ad onor del vero, va anche detto che non poteva esserci, non perché stesse giocando a briscola con gli amici, ma perché era impegnato in un altro agguato, quello di Sabbadin, appunto, il macellaio che venne ucciso per lo stesso motivo per cui venne ucciso Torregiani: l’essersi difeso con un’arma durante un’altra delle loro rapine. Una delle loro bravate.
Riepilogando. Un nucleo comunista armato per la guerriglia proletaria entrava in un negozio per commettere una rapina. Al commerciante si aprivano due possibilità: non reagire, i PAC rubavano e andavano via; reagire, i terroristi non riuscivano a rubare e dopo qualche giorno tendevano un agguato al commerciante, uccidendolo, “per conquistare l’egemonia politica sulla microcriminalità evitando che finisse nelle mani della criminalità organizzata”. E sapete perché? Perché la criminalità organizzata, da loro definita “grande malavita” era storicamente intrallazzata con il potere del capitale”.
In sostanza, mi sembra di capire, che uccidevano i commercianti perché essi rappresentavano il capitale storicamente intrallazzato con la criminalità organizzata.
Allora i comunisti si sentivano minacciati dai poveri commercianti e perciò urlavano: “Proletari di tutti i Paesi, unitevi!”. E cominciavano a sparare.
Ah, Karl Marx, quanti danni con il tuo manifesto. Forse, se qualcuno ti avesse ucciso, non sarebbero morte tante persone. Pensavo ad alta voce.
Ma ora, grazie a Dio e a Bolsonaro, Cesare Battisti è in Italia a scontare la sua pena, l’ergastolo, che speriamo sconti fino alla fine dei suoi giorni, senza sconti.
Ma resta un fatto sconcertante: nonostante la sua confessione, gli intellettuali di sinistra, come la scrittrice francese Fred Vargas, il suo collega italiano Erri De Luca ed altri, ancora lo difendono. Difendono l’indifendibile. Difendono il male, la delinquenza perpetrata per anni nel nome di un’ideologia senza senso, quella comunista. Difendono una guerra che non era una guerra, perché non aveva una vera causa e veniva combattuta turpemente e ignobilmente, con gesti intrisi di nefandezze ed esecrabile spietatezza.
Cesare Battisti non è la vittima, ma il carnefice. Egli non è un intellettuale, ma solo un delinquente. Se ne faccia una ragione la sinistra. Allora mi chiedo … come può una persona mentalmente stabile difenderne una mentalmente instabile. Ad ognuno di noi la risposta!
Flavio Carlino
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