di F.Oli.
SPECCHIA (Lecce) – Uccise la sua fidanzata dopo averla trascinata in aperta campagna per poi nascondere il suo corpo sotto un cumulo di pietre. In piena notte e senza complici. Una morte atroce e senza un movente. Diciotto anni di reclusione sono stati invocati dal pubblico ministero del Tribunale per i Minori Anna Carbonara per Lucio, il 18enne di Montesardo salentino, ritenuto l’unico e solo responsabile del’omicidio della 16enne di Specchia Noemi Durini. Lucio era presente in aula. Ha seguito la ricostruzione del pm passo dopo passo. “Ha agito lucidamente secondo un piano prestabilito infierendo sul corpo di quella ragazza” ha precisato il magistrato inquirente nel corso della sua lunga e puntuale requisitoria. Diciotto anni, dunque la richiesta di condanna. Una richiesta maturata dopo un conteggio sulla scorta della scelta del rito e del sistema di variabili entrate in gioco (tra attenuanti e aggravanti).

Per comprendere come un giovane, all’epoca under 18, rischi “appena” 18 anni di reclusione per un omicidio bisogna seguire il ragionamento del pm magari poco comprensibile per l’uomo comune ma rigoroso e inappuntabile nella valutazione squisitamente giuridica. Il magistrato ha ritenuto equivalenti l’aggravante rispetto all’attenuante della minore età cristallizzando la pena a 25 anni. Poi ha aumentato a 27 anni la stessa in continuazione con gli altri reati contestati (occultamento di cadavere e porto d’arma). Infine, per la scelta del rito (l’abbreviato consente uno sconto di un terzo della pena) è scesa a 18 anni. In questo fascicolo sono stati riuniti anche le accuse di ricettazione, le percosse nei confronti di Noemi e il danneggiamento ad un’auto per i quali la pm ha chiesto meno di 10 mesi. Rigettata, ancora una volta, la richiesta di messa alla prova che la difesa aveva rilanciato anche questa mattina in virtù di un comportamento irreprensibile del giovane detenuto negli ultimi mesi così come evidenziato dalle recenti valutazioni dei consulenti.
Nel corso del suo intervento il magistrato ha ripercorso in quasi tre ore in maniera molto puntuale i retroscena del delitto di Specchia (sia quelli antecedenti che quelli immediatamente successivi) allargando il cono delle valutazioni non solo ai fatti confluiti nel processo ma anche a tante piccole scaramucce sintomatiche di una situazione che sarebbe potuta esplodere da un momento all’altro; si è poi soffermata sul profilo psicologico di Lucio (ritenuto capace di intendere e di volere) per dimostrare la volontarietà del suo gesto richiamando le relazioni dei vari consulenti. Non ha fatto cenno a presunte complicità richiamando il contenuto dell’ultima informativa depositata dai carabinieri il 17 aprile scorso in cui le responsabilità sono contestate ad un solo e unico soggetto: Lucio, il giovane che ha dichiarato più volte di amare Noemi Durini salvo poi ammazzarla come un assassino lucido e spietato. Eppure la fragilità mentale del 18enne (all’epoca dell’omicidio minorenne) sarebbe emersa in alcuni passaggi in cui il pm ha parlato di un ragazzo fortemente volubile e condizionato dalla forza e dal carisma del padre che, più volte, lo avrebbe aizzato nei confronti della sua ragazza.

L’omicidio rappresenta una delle pagine più cruente degli ultimi anni nel Salento. Le indagini sono tate condotte dai carabinieri del Nucleo Investigativo in stretta sinergia con i militari della stazione di Specchia. La giovane Noemi venne prelevata da casa nella notte del 3 settembre. Salì sulla Fiat 500 guidata dal fidanzato e condotta in una campagna alla periferia di Castrignano del Capo. Noemi cercò di difendersi dall’aggressione del suo fidanzata. Ma fu costretta a soccombere colpita a morte con alcune pietre e un coltello (mai ritrovato) all’altezza della nuca. Poi Lucio si sarebbe allontanato “dal luogo dei fatti repentinamente con la propria autovettura disfacendosi del manico del coltello avvolto nella propria maglietta in un luogo che non ha saputo indicare”. Dopo alcune ore di agonia, così come stabilito dalla consulenza medico legale, il cuore della 16enne cessò di battere. Per dieci giorni quel cumulo di pietre rappresentò la tomba della giovane. I militari avviarono le ricerche dopo due giorni.
La madre, allarmata, raggiunse la caserma dei carabinieri di Specchia per denunciare la scomparsa della figlia. Già in altre occasioni, Noemi si era allontanata da casa ma mai per più giorni. Da subito, la madre di Noemi indirizzò i propri sospetti su Lucio additando il fidanzato come il responsabile della scomparsa della figlia. Nei primi ascolti in caserma il giovane non collaborò con i carabinieri per poi crollare in un lungo interrogatorio consentendo ai militari di ritrovare il cadavere della giovane in uno stato ormai avanzato di putrefazione per l’azione corrosiva degli agenti atmosferici. Nella giornata di domani sarà il turno dell’avvocato difensore Luigi Rella che cercherà di battere un tasto più volte rimarcato in questi mesi: l’incapacità di intendere e di volere del giovane al momento del fatto infiacchito da una serie di Tso subìti nei giorni che hanno preceduto la tragedia. Poi giovedì è prevista la sentenza del gup Aristodemo Ingusci attesa con trepidazione dai genitori di Noemi, assistiti dagli avvocati Mario Blandolino e Francesco Zacheo (“ci aspettavamo qualcosa in più” il commento dell’avvocato Zacheo) che potranno avanzare una richiesta risarcitoria in sede civile nei confronti dei genitori dell’assassino di loro figlia. “Non l’ho visto Lucio, siamo fiduciosi, a me bastano anche dieci anni di carcere”, ha commentato il padre di Noemi, Umberto Durini, all’uscita del Tribunale per i Minori. Poi andato via. Da solo. Di corsa verso Specchia.
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