CAVALLINO (Lecce) – Un litigio con il cognato finì nel sangue. Il ricovero, il delicato intervento chirurgico della vittima. Infine, l’arresto del responsabile. Michele Santoro ha chiuso i propri conti con la giustizia. Il 24enne di Cavallino ha patteggiato quattro anni e quattro mesi di reclusione con l’accusa di tentato omicidio per il ferimento di S.R., 25enne di Lizzanello. Il gip Antonia Martalò ha ritenuto congrua la pena concordata dall’avvocato difensore Cristiano Solinas con il pubblico ministero Emilio Arnesano, titolare del fascicolo d’indagine. Il giovane si trova ancora ai domiciliari a distanza di quasi nove mesi.
L’accoltellamento, infatti, risale al 26 giugno scorso. Il ferimento si consumò in un’abitazione di via Paolo VI, a Cavallino dove risiede Santoro, operaio in una ditta di trasporti. Il raptus sarebbe scaturito per presunti dissidi fra i cognati. In particolare Santoro contestava al cognato di maltrattare la sorella con cui intratteneva una relazione. Dalle parole si passò rapidamente ai fatti. Santoro afferrò un coltello nella colluttazione. Sferrò cinque fendenti al cognato colpendolo alla spalla e procurandogli tagli profondi e lesioni gravi. Sul posto, intervennero i sanitari del 118. S.R. venne sottoposto ad un delicato intervento chirurgico e poi ricoverato nel reparto di chirurgia toracica.
L’accoltellatore venne fermato dopo pochi minuti dai carabinieri della locale stazione guidati dal luogotenente Riccardo De Bellis. Santoro confessò il tentato omicidio. Collaborò anche nel ritrovamento dell’arma: un coltello a serramanico di 6 centimetri poi gettato nel tombino fognario subito dopo l’aggressione. Finì ai domiciliari ma nel corso dell’udienza di convalida si difese. Raccontò di essersi difeso da un’aggressione. Da qui il raptus. Santoro avrebbe estratto il coltello che aveva in tasca ferendo il cognato. S.R. risente ancora dei postumo per quel grave fatto di sangue. A livello fisico ma anche psicologico. La persona offesa, assistita dall’avvocato Fulvio Pedone, avanzerà una richiesta risarcitoria in sede civile dopo che la vicenda giudiziaria si è chiusa con una sentenza di patteggiamento che non ha consentito al giovane di costituirsi parte civile.
F.Oli.