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LE GRANDI BATTAGLIE: Waterloo

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battaglie“Eventualità, caso, sorte, valutazioni, chiamatela come vi pare, mentre è un mistero per gli uomini normali, diventa una realtà per gli uomini dotati d’intelligenza superiore”. E’ questo il completamento a quanto citato nel precedente articolo per evidenziare la pignoleria con la quale Napoleone approntava i piani di battaglia. Non sempre vinse, anzi ebbe delle sconfitte clamorose addebitabili più che ad errati piani di battaglia, ad errate valutazioni politiche. E’ il caso di ripetere che mentre Napoleone stratega è stato un esempio per tutti gli addetti ai lavori, Napoleone politico lo è stato molto di meno, non solo perché l’arte della politica è diversa dall’arte militare, ma perché la guerra è definita come “la continuazione della politica con altri mezzi”, è, cioè l’estrema ratio, manca la mediazione, le decisioni sono più immediate e, talvolta, sono imposte con mezzi coercitivi.

E’ opportuno ricordare che Napoleone politico si presentava come “ continuatore della rivoluzione del 1789” e questo non poteva garbare agli Stati imperiali dell’epoca; inoltre, la sua origine dimostrava la mancanza di sangue blu nelle vene, il suo spregiudicato “nepotismo” durante gli anni del comando gli attirò, indubbiamente, invidia e rancori non solo da parte degli avversari dichiarati, ma anche da parte di fedelissimi, o presunti tali, che non esitarono a tradirlo (vds. Bernadotte, Marmont, Ney, Talleyrand), tanto che dopo Lipsia (1813), dovette firmare un’abdicazione incondizionata che chiuse la campagna militare e con essa l’Impero.

Però al generale prudevano le mani al punto da sfuggire all’esilio dall’Elba e sbarcare in Francia dove ebbe subito l’appoggio del popolo che vedeva il Borbone sul trono come il fumo negli occhi. Il 1 giugno del 1815 il nuovo esercito imperiale sfilava in parata fra due ali di folla entusiasta. Ma questo nuovo esercito aveva anche molti giovanissimi (i cosiddetti Marie-Louise coscritti della leva del 1813 e del 1814) impreparati, dato il poco tempo a disposizione, e male equipaggiati a causa degli scarsi stanziamenti che il Borbone aveva previsto per l’esercito. Eppure questi giovanissimi si batterono in maniera prodigiosa al seguito del loro comandante. Napoleone con questo esercito doveva battersi contro Inglesi, Russi, Austriaci e Prussiani che potevano mobilitare fino ad 1.000.000 di uomini. Occorreva essere veloci ed assumere subito l’iniziativa dell’attacco per battere separatamente i quattro eserciti alle frontiere.

In breve tempo Napoleone fece affluire truppe alla frontiera nord-occidentale costituendo l’Armata del Nord. Il piano previsto era sul modello, citato nel precedente articolo, della “manovra centrale” con Ney (perdonato dal precedente tradimento) a sinistra, Grouchy alla destra e lo stesso Napoleone al centro nel quale vi era anche la temibile Guardia Imperiale. Tutta l’Armata Nord avrebbe dovuto incunearsi tra l’esercito inglese ed il prussiano evitandone il ricongiungimento. Questo piano, purtroppo per Napoleone, richiedeva la presenza sul campo di quei comandanti dei “vecchi tempi” che non c’erano più ( come già citato, perdonò Ney pur di averlo con sé).

Sulle sorti della campagna giocarono, non solo gli errori, ma anche e soprattutto il caso: quel che accadde a Quatre Bras, a Ligny ed a Waterloo rappresenta la più tragica smentita dell’assunto napoleonico circa la prevedibilità del caso. Ad esempio, partendo dal 15 giugno, Napoleone venne colto da un dolorosissimo attacco di emorroidi che gli condizionava, se non impediva, di cavalcare e mantenere la giusta lucidità. L’Armata francese si mosse su un fronte di appena 5 km. I primi ad avventurarsi furono i cavalieri della riserva che schierati sulla frontiera avevano egregiamente svolto il loro compito di evitare fughe di notizie e di raccoglierne dettagliate sull’avversario.

Il movimento procedette in maniera sufficientemente spedita nonostante il solito Ney (incapace di leggere la battaglia, e si può intuire il motivo!) avanzasse molto lentamente verso gli Inglesi a Quatre-Bras, mentre Grouchy prese contatto con consistenti reparti prussiani comandati da Von Blucher che concentrò subito le sue truppe in avanti, proprio come auspicava Napoleone. Questa mossa, infatti, scollegava l’esercito prussiano da quello inglese e portava i prussiani dritti nella tenaglia francese. Wellington, da parte sua, anzicchè spingere le sue truppe per ricongiungersi con i Prussiani, le schierò verso ovest, offrendo il debole fianco sinistro su un piatto d’argento al solito Ney.

Il 16 mattina, nonostante le emorroidi, Napoleone esultò pensando che la sera avrebbe avuto nelle sue mani circa 200 cannoni avversari. Non andò così perché, mi ripeto su Ney, malgrado gli ordini ricevuti, anzicchè prendere immediatamente Quatre-Bras (importantissimo nodo stradale a 15 km.da Bruxelles) e convergere alle spalle dei Prussiani, si fece, non si sa se volutamente, impelagare in inutili schermaglie da striminzite forze anglo-olandesi consentendo a Von Blucher di ritirarsi, a Ligny. In ogni caso,anche con questo errore, Von Blucher lasciò sul campo 21 cannoni, 16.000 uomini sbandati e 9.000 che disertarono. Napoleone organizzò con immediatezza l’inseguimento dei 16.000 che erano in rotta dando questo incarico a Grouchy che sbagliò inseguimento: anzicchè i 16.000 in ritirata, inseguì i 9.000 disertori che rifluivano verso Liegi perdendo, pertanto, preziosissimo tempo. Napoleone, ignaro dell’infortunio di Grouchy, considerava giunto il momento decisivo per attaccare gli Inglesi a Mont St. Jean, eliminarli, e poi gettarsi sui Prussiani. Gli Inglesi opposero una strenua resistenza che gli rallentò la marcia. In ogni caso, Wellington fu così sorpreso dell’azione napoleonica che, disperato di non poterlo aspettare a Quatre-Bras, ripiegò sul campo di battaglia di Waterloo, di dimensioni molto anguste ( quattro miglia di larghezza per due di profondità). Wellington fece di necessità, virtù.

Il campo molto stretto condizionava pesantemente Napoleone, oltre alla pioggia che lo costrinse a spostare l’inizio della battaglia dalle nove alle dodici, date le difficoltà a schierare i cannoni in un terreno ridotto ad un acquitrino. Nella fase preliminare era previsto un assalto diversivo alla fortificazione inglese con l’intento di indurre Wellington a sguarnire le proprie posizioni centrali per rafforzare la propria destra. Ma Gerolamo, fratello di Napoleone, si ostinò, con ripetuti assalti contro il forte, facendolo sì cadere, ma esaurendo anche le forze francesi poste sotto il suo comando. All’una del pomeriggio, quando Napoleone si apprestava all’attacco centrale contro Mont St.Jean, apparvero i 30.000 Prussiani di Von Blucher che Grouchy non era riuscito ad intercettare; nonostante questo Napoleone era convinto di farcela perché pensava che Grouchy avesse potuto ritrovare il campo di battaglia per tempo seguendo, secondo tradizione militaresca dell’epoca, il rombo del cannone. Un errore grave si dimostrò quello di procedere in “ colonna di battaglioni per divisione” e non, come era solito fare Napoleone, in “ colonna di divisioni per battaglione”, formazione questa più manovriera e più agile. A questo si aggiunga anche l’errore di Ney che tra le 16 e le 17 interpretò un movimento inglese verso le retrovie come un accenno di ritirata, non accorgendosi che trattavasi di feriti che venivano sgomberati sui carri delle munizioni; così mentre Grouchy , non avendo ricevuto o compreso il pur chiaro e rinnovato ordine di accorrere a Waterloo, continuava a cercare Blucher nella direzione sbagliata, Ney scatenò una imprevista carica di cavalleria fermata dai fanti inglesi e contrattaccata dalla cavalleria britannica. Mentre Ney vedeva le sue possibilità di vittoria diminuire e Grouchy non appariva all’orizzonte, ci pensava la vecchia Guardia Imperiale a rallentare i Prussiani mettendo in rotta ben 14 battaglioni avversari.

A questo punto, l’esito della battaglia rimaneva sulle spalle della Guardia Imperiale, della quale anche Wellington aveva il massimo rispetto. Questa avanzò, accompagnata dallo stesso Napoleone, in preda a dolori lancinanti per i motivi esposti in precedenza, fino a 600m. dalle linee nemiche. Gli occhi di tutto l’esercito erano sull’Armèe mentre artiglieri e fucilieri inglesi l’ attendevano abbastanza preoccupati, consci del suo grande valore. Bastò, però, che in quel frangente ci fosse stato un piccolo arretramento dovuto alla resistenza dei fucilieri inglesi, perché il grido “la garde recule”, la guardia arretra, s’impossessasse dell’intero, attonito esercito francese. L’Armata si fermò un attimo ed, accortosi di ciò, si dice che Wellington abbia gettato in aria il suo cappello ordinando ai 40.000 inglesi di scendere da Mont St. Jean dilagando in pianura. Alle nove di sera, superata l’ultima resistenza della guardia, Wellington e Von Blucher si incontrarono alla taverna detta “La Belle Alliance”(mai nome di luogo fu più adatto!). Napoleone era in fuga protetto dai granatieri. Le perdite furono enormi da entrambe le parti: 18.000 Inglesi, 8.000 Prussiani e 26.000 Francesi che lasciarono anche 8.000 prigionieri e 200 cannoni.

Waterloo fu definita “crocevia della storia“. La Rivoluzione francese aveva spazzato l’Ancien Règime, dimostrando la validità degli eserciti nazionali di coscritti su quelli professionali al servizio delle monarchie. Con Napoleone la rivoluzione aveva tradito i suoi ideali, trasformandosi sostanzialmente in una dittatura militare dagli intenti espansionistici. Dopo la sconfitta dell’esercito “rivoluzionario” francese, sembrò nascere una nuova epoca per gli assolutismi vincitori. Invece, sia pure involontariamente, il seme era stato gettato proprio da Napoleone perché le idee dell’ottantanove continuarono a germogliare: l’Ottocento non fu il secolo della Restaurazione ma del Liberalismo, così come il Novecento, pur con tutti i travagli, diventò il secolo delle Democrazie.

 

Mario La Mazza
(Generale dei Carristi)

 


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