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Tentato omicidio nel bar: in appello nessuno sconto per i cinque imputati

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GALATONEGALATONE (Lecce) – Nessuno sconto di pena in secondo grado per i cinque imputati finiti alla sbarra per il tentato omicidio di Marco Caracciolo avvenuto il 28 ottobre di tre anni fa all’esterno di un bar nella piazza di Galatone. La Corte d’appello di Lecce (Presidente Nicola Lariccia) ha confermato la sentenza di primo grado emessa nel settembre di un anno fa. Dodici anni sono stati inflitti a Mattia Marzano, 34 anni, (reo confesso del tentato omicidio), così come al padre Giuseppe, di 48 anni; 9 anni ad Antimo Marzano, di 31, fratello di Mattia; 8 anni e 4 mesi per Antonio Patera, di 37, detto “Gregorio” e Fabio Lanzillotto, 30, alias “Parrucca”, tutti di Galatone. Il procuratore generale di udienza Nicola D’Amato aveva chiesto l’accoglimento dell’appello incidentale del pubblico ministero Massimiliano Carducci che aveva sollecitato un aumento di sei mesi di reclusione per ciascun imputato.

Alla base del ferimento ci sarebbe stato un litigio tra Marco Caracciolo e Mattia Marzano all’interno del bar di proprietà del padre di quest’ultimo. Mattia, secondo la ricostruzione della Procura, avrebbe sollecitato l’intervento del padre che a suo volta avrebbe provveduto ad avvertire Patera e Lanzillotto. Quest’ultimo avrebbe prestato la propria autovettura a Mattia Marzano il quale, dopo pochi minuti, sarebbe tornato sul posto a bordo della stessa auto accompagnato dal fratello Antimo e armato di una pistola calibro 7,65. Nel frattempo, si sarebbe scatenata una furibonda lite tra Marzano padre e Caracciolo con quest’ultimo che si sarebbe allontanato da piazza San Demetrio dirigendosi verso via Vittorio Emanuele III inseguito da Marzano senior.

Il 48enne si sarebbe armato di una pistola fornitagli da Patera e Lanzillotto che l’avevano recuperata dal bar occultata sul frigo a colonna delle bibite. Fasi concitate quelle successive, secondo la Procura: Mattia sarebbe sceso dall’auto insieme al fratello Antimo dirigendosi verso via Vittorio Emanuele III ed avrebbe esploso tre colpi di pistola contro Caracciolo da distanza ravvicinata ferendo il 30enne all’addome. A questo punto, sarebbe entrato in scena anche il padre di Mattia. L’uomo avrebbe sottratto la pistola dalle mani del figlio e l’avrebbe puntata alla tempia di Caracciolo premendo ripetutamente il grilletto senza ferire nessuno perché come rimarcato dallo stesso pubblico ministero nel processo di primo grado l’arma si sarebbe “inceppata o priva di proiettili in quanto già esplosi”. Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Cosimo Rampino, Benedetta Frezza, Ladislao Massari, Roberto Demitri Aymone, Luigi Pastore e Speranza Faenza.

F.Oli. 


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