GALLIPOLI (Lecce) – Oltre centodieci anni di carcere sono stati invocati per quindici imputati finiti alla sbarra nel troncone processuale in abbreviato scaturito dall’operazione “Baia Verde”. Sedici anni e 5 mila euro sono stati invocati dal procuratore aggiunto Antonio De Donno per Angelo Padovano, 25enne di Gallipoli, figlio di “Nino Bomba” e ritenuto uno dei presunti promotori dell’organizzazione così come per Roberto Parlangeli, 37, di Magliano, frazione di Carmiano; 12 anni e 7mila a Gabriele Pellè, 37, di Lecce; 12 anni e 2mila a Giovanni Parlangeli, 33, di Lecce; 10 anni, 25mila euro oltre alla confisca dei beni per Gabriele Cardellini, 30, di Gallipoli; 10 anni e 3mila a Fabio Pellegrino; 30, di Galatone; 7 anni e 30mila a Luciano Gallo, 45, di Martano; 6 anni per Luciano Nuccio, 43, di Tricase; 6 anni e 30 mila a Fabio Negro, 39; di Gallipoli; 7 anni e 30 mila Rosario Oltremarini, 45, di Gallipoli; 5 anni e 4 mesi Carmelo Natali, 40, di Gallipoli; 1 anno e 3 mila Alessio Fortunato, 31, di Squinzano così come a Sergio Palazzo, 34, di Lecce; 6 mesi ad Antonio Manna, 33; di Gallipoli così come per Alessandro Oltremarini, 28, di Gallipoli.
“Proprio come un’Araba Fenice anche la mafia in riva allo Jonio si è sempre rigenerata”. Nella sua requisitoria il procuratore aggiunto ha tracciato la cronistoria di un clan radicato nel territorio. “Ha avuto un momento di rottura interna”, ha precisato il procuratore, “con la morte di Salvatore Padovano per poi rinascere grazie al sostegno fornito dal clan Tornese, grazie alle stesse attività: il controllo dei locali della Baia Verde, la gestione dei chioschi e dei parcheggi in una zona che potrebbe essere la prima in tutto il Meridione per introiti se ben gestita” ha sottolineato il procuratore.
L’indagine condotta dai carabinieri del Ros di Lecce si è arricchita delle dichiarazioni fornite e confermate in aula dal collaboratore di giustizia Gioele Greco (di cui parliamo a parte). Il lavoro degli inquirenti svelò intrecci familiari in una dinastia criminale in salsa gallipolina in cui il ruolo di vertice ricoperto un tempo da Salvatore sarebbe stato rilevato dal figlio Angelo. E poi estorsioni ai gestori dei lidi e delle discoteche della costa jonica. Un florido business sul quale la criminalità aveva allungato i suoi tentacoli. Dal vortice delle intimidazioni non sarebbe stato risparmiato neppure il primo cittadino di Gallipoli, Francesco Errico, avvicinato, secondo le indagini, dal clan con l’intento di accaparrarsi la gestione dei parcheggi estivi nella zona “Baia Verde”.
E per garantirsi il monopolio degli introiti tramite i servizi di guardianìa l’organizzazione, avrebbe estromesso da ogni affare il gallipolino Gianluca De Giorgi (titolare della Az Securtatem) con gli imprenditori lasciati davanti ad un bivio: accettare prima l’azienda di Fabio Pellegrino e poi quella di Luca Tomasi. Il processo è stato aggiornato a martedì prossimo quando incominceranno le arringhe difensive degli avvocati Angelo Ninni, Stefano Prontera, Roberto De Mitri Aymone, Luigi Corvaglia, Speranza Faenza, David Alemanno Francesco Cazzato, Marcello Falcone, Francesco Fasano, Giampiero Tramacere, Antonio Savoia, Pantaleo Cannoletta, Luigi Carrozzini, Biagio Palamà, Luigi Suez, Anna Paola Trisolino, Biagio Palamà, Michelangelo Gorgoni, Gabriele Valentini, Mario Coppola, Gianluca Ciardo e Antonio Bolognese. Le discussioni proseguiranno l’1 dicembre quando il gup Stefano Sernia dovrebbe chiudersi in camera di consiglio.
Francesco Oliva