Save the Children, l’ organizzazione internazionale indipendente che opera da 90 anni per la tutela dei minori, ha diffuso nei giorni scorsi i risultati di una ricerca sui servizi mensa delle scuole italiane.
Sono 45 le città, capoluoghi di provincia, che costituiscono il campione del rapporto “(Non)Tutti a mensa!” dal quale emerge che il 40 % dei principali istituti scolastici ne é sprovvisto. Declinando questo dato a livello territoriale vediamo salire la percentuale in molte Regioni del sud, con la Puglia che in tal senso conquista il primato negativo con ben il 53% delle scuole che non offre un servizio mensa ai propri studenti.
Non se la passa molto meglio il Nord dove la mensa manca in circa un terzo delle istituzioni scolastiche principali (per esempio in Veneto, 32%; Liguria, 29%; Lombardia, 27%; Piemonte, 27%). Secondo Raffaela Milano, Direttore Programmi Italia-Europa Save the Children “La mensa scolastica è un fondamentale momento educativo, di convivialità e socialità per i bambini e concorre a garantire un adeguato tempo scuola, contribuendo a prevenire il rischio di dispersione scolastica . Inoltre, una mensa di qualità, assicurando un pranzo equilibrato e completo tutti i giorni, è oggi un importante strumento di contrasto alla povertà minorile che, ricordiamolo, è anche povertà alimentare”.
Le politiche a favore delle famiglie più bisognose non sembrano particolarmente diffuse in tale ambito dove l’accesso a rette agevolate e a riduzioni è limitato ai soli residenti in oltre la metà dei Comuni oggetto della ricerca. In 6 Comuni non è prevista alcuna esenzione dal pagamento neanche per le famiglie più povere mentre in 8, in caso di insolvenza dei genitori, il bambino viene escluso dal servizio In particolare Cagliari, Forlì e Genova si segnalano per l’applicazione di criteri agevolativi in risposta alle esigenze di categorie più svantaggiate come ad esempio minori in affido temporaneo; Bari e Novara per la previsione di misure mirate al sostegno delle famiglie colpite dalla crisi economica, quale la perdita di lavoro; Bologna, Firenze, Milano, Livorno, Taranto applicano criteri flessibili e passibili di modifica nel corso dell’anno per ciò che riguarda le tariffe. Scendendo nel dettaglio, le tariffe applicate nei 45 Comuni capoluogo monitorati, variano notevolmente, con rette minime che vanno dagli 0,35 euro al giorno di Salerno ai 5,5 di Bergamo e tariffe massime che vanno dai 2,3 euro di Catania ai 7,7 euro di Ferrara.
Per una famiglia in situazione di povertà con ISEE di 5000 euro e tre figli, si registrano notevoli differenze, a partire dal diritto o meno all’esonero dal pagamento della retta: i comuni di Bolzano, Catania, Padova, Rimini, Salerno e Trento non garantiscono in nessun caso l’esenzione, con le maggiori criticità a Rimini e Padova le cui tariffe mensili sono rispettivamente di 40 e 53,2 euro.
Antonella Inverno, Responsabile Policy e Law di Save the Children rileva “Il paradosso è che una famiglia in condizione di povertà a Bergamo si trova a pagare di più di una famiglia con un reddito medio-alto a Trento. Considerando che tutti i minori sono titolari degli stessi diritti, il criterio della residenza può avere effetti discriminatori nei confronti dei bambini che non risiedono in quel territorio, che poi, spesso, appartengono a nuclei familiari più svantaggiati e in difficoltà”.
SDL