LECCE – Fatture per lavori inesistenti, per viaggi e trasferte di lavoro mai compiuti, per acquisti di beni e servizi mai effettuati, nonché buste paga per dipendenti immaginari. Fittizi come i risultati raggiunti dall’Associazione Antiracket e Usura di cui era direttrice, per una truffa da due milioni di euro che vedrebbe coinvolti anche due illustri dipendenti pubblici.
È un vero ciclone quello che, all’alba, si è abbattuto sulla città di Lecce, dove i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria hanno arrestato quattro persone, tra cui anche due noti funzionari comunali. In carcere sono finiti Maria Antonietta Gualtieri, presidente dell’Associazione Antiracket e Usura di Lecce, Pasquale Gorgoni, attuale funzionario dell’Ufficio Patrimonio del Comune di Lecce, e Giuseppe Naccarelli, funzionario dell’Ufficio Ragioneria. Ai domiciliari, invece, Serena Politi, 39enne di Carmiano, collaboratrice della Gualtieri. A vario titolo, sono accusati di associazione per delinquere, truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione, concussione e falso.
L’inchiesta delle fiamme gialle, tuttavia, ha coinvolto anche altri politici e professionisti: tra questi, l’assessore Attilio Monosi – per il quale era stato chiesto l’arresto, non accordato dal gip Giovanni Gallo – candidato alle prossime elezioni comunali e destinatario (insieme ad altre sei persone) di una interdittiva dall’esercizio di pubbliche funzioni. Le altre interdittive dall’attività professionale ed imprenditoriale, della durata di un anno, hanno interessato Marco Fasiello, Francesco Lala, Fabio Varallo, Chiara Manno, Michele Patero e Giancarlo Saracino. Nel complesso l’indagine ha interessato 40 persone, tra cui avvocati, commercialisti ed esperti del settore bancario. Nei confronti di 32 di esse sono stati disposti sequestri per un ammontare pari a due milioni di euro.
La genesi dell’inchiesta è singolare. E parte nel 2014, quando i militari del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza si presentarono nell’Ufficio Casa del Comune di Lecce per acquisire la documentazione relativa agli alloggi popolari, attività che rientrava nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione e sull’assegnazione degli immobili, alcuni dei quali poi occupati da soggetti vicini agli ambienti della criminalità organizzata.
Di carte ne furono acquisite tante. Anche quelle che non riguardavano gli alloggi popolari. I finanzieri, infatti, sequestrarono anche il fascicolo relativo ad un alcuni progetti custoditi nell’ufficio patrimonio. Fra gli incartamenti spulciati c’era anche la concessione di contribuiti pubblici per i lavori di ristrutturazione nei locali che ospitano la sede dell’Associazione Antiracket. Gli investigatori, esaminando l’intero carteggio, avrebbero riscontrato anomalie culminate con quattro ordinanze di custodia cautelare ed un’indagine dai grandi numeri.
Le indagini dei militari comandati dal colonnello Nicola De Santis, coordinate dai pubblici ministeri Massimiliano Carducci e Roberta Licci, hanno rivelato l’esistenza di un sodalizio criminale capeggiato dalla presidente dell’Associazione Antiracket che – avvalendosi dell’apporto di collaboratori, amministratori pubblici ed imprenditori – avrebbe posto in essere plurime condotte delittuose, finalizzate ad accedere fraudolentemente ai finanziamenti erogati dal Ministero dell’Interno e destinati alla realizzazione di tre Sportelli Antiracket e Usura nei tre capoluoghi del Salento: Lecce, Brindisi e Taranto. Sportelli che – secondo il contratto stipulato nel maggio 2012 dalla Gualtieri con l’Ufficio del Commissario Antiracket istituito presso il Ministero dell’Interno e con le amministrazioni comunali delle tre città – avrebbero dovuto prestare assistenza alle vittime del racket e dell’usura e favorire l’accesso ai finanziamenti previsti dal Fondo di Solidarietà.
Gli accertamenti dei finanzieri, tuttavia, hanno permesso di accertare come l’Associazione ed i relativi Sportelli erano di fatto non operativi. E che erano stati costituiti al solo scopo di frodare i finanziamenti pubblici. Per accedere ai contributi, la presidente dell’Associazione avrebbe stipulato contratti di collaborazione con dipendenti fittizi e compiacenti professionisti, emettendo false buste paga ovvero ricevendo fatturazioni per prestazioni professionali inesistenti. Le somme indebitamente percepite dai fittizi collaboratori, grazie alle false rendicontazioni presentate all’Ufficio del Commissario Antiracket, sarebbero state successivamente restituite in contanti alla stessa presidente dell’Associazione.
Nel perseguire il disegno delittuoso, l’organizzazione avrebbe documentato l’esistenza di spese fittizie per l’acquisizione di beni e servizi, quali inesistenti promozioni di campagne pubblicitarie ed interventi di manutenzione presso le tre sedi, predisponendo una serie di documenti – anche di natura fiscale – idonei a dimostrare il regolare svolgimento delle procedure di selezione delle aziende fornitrici e l’avvenuto pagamento delle prestazioni.
Il “meccanismo truffaldino” – stando alle indagini dei finanzieri – prevedeva che i finanziamenti indebitamente percepiti venissero dapprima bonificati in favore delle ditte esecutrici, a pagamento delle forniture, e successivamente restituiti in contanti – per una somma pari alla differenza tra l’importo fatturato ed una quota del 20%, quale “compenso” alla stessa azienda fornitrice, cui veniva aggiunto il rimborso delle spese effettivamente sostenute per la predisposizione della campionatura da trasmettere al Ministero.
Ma non è tutto. L’attività investigativa delle fiamme gialle, infatti, ha consentito di accertare anche l’illecita percezione di finanziamenti destinati alle opere infrastrutturali ed all’acquisto degli arredi presso le sedi di Lecce e Brindisi, denotando dirette responsabilità a carico degli amministratori comunali e dei direttori dei lavori coinvolti sia nel rilascio delle autorizzazioni che nei pagamenti delle relative opere. In particolare, sarebbero stati eseguiti lavori di ristrutturazione presso la sede di Lecce, in assenza della preventiva approvazione da parte dell’Ufficio del Commissario Antiracket, che sarebbero stati pagati con fondi del Comune anziché con i finanziamenti che sarebbero stati erogati dall’Ufficio del Commissario, al termine della prevista indicata procedura di approvazione.
Tale liquidazione sarebbe stata di fatto eseguita attraverso la creazione di un capitolo di spesa sprovvisto di copertura finanziaria, al fine di agevolare l’imprenditore affidatario dei lavori e consentirgli una celere percezione di tali somme. Tali condotte risulterebbero riconducibili ai rapporti esistenti tra l’impresa esecutrice dei lavori ed un funzionario pubblico, che in cambio avrebbe ricevuto agevolazioni nel pagamento di alcuni lavori eseguiti dalla medesima ditta presso la propria abitazione.
Al fine di sanare la situazione venutasi a creare in seguito ai rilievi mossi dall’Ufficio del Commissario Antiracket sulla irrituale procedura seguita ed ottenere, quindi, il rimborso delle somme indebitamente anticipate, sarebbe stata predisposta documentazione fittizia, in seguito trasmessa al citato Ufficio, al fine di dimostrare il rispetto delle procedure previste per l’approvazione dei lavori, in realtà già ultimati e liquidati. Artifici che avevano tratto in inganno l’Ufficio del Commissario Antiracket, che aveva erogato i fondi direttamente in favore dell’impresa costruttrice. Quest’ultima, in tal maniera,si avvantaggiava di un ulteriore pagamento, che andava ad aggiungersi a quello già ricevuto dal Comune di Lecce. Irregolarità sarebbero state accertate anche in relazione ai lavori eseguiti presso lo sportello di Brindisi, ove funzionari di quel comune, unitamente all’amministratore della ditta incaricata della esecuzione delle opere, avrebbero certificato l’ultimazione e la regolare esecuzione dei lavori, in realtà non ancora completati.
Maria Antonietta Gualtieri, inoltre, venuta a conoscenza della convocazione – presso gli uffici del Nucleo di Polizia Tributaria – di alcuni suoi collaboratori per essere sentiti quali persone informate sui fatti, avrebbe provveduto ad “istruire” i testimoni affinché rendessero dichiarazioni difformi dal vero, finalizzate ad occultare le irregolarità poste in essere per l’indebita percezione dei fondi erogati dal Ministero. Gli arrestati sono difesi dagli avvocati Luigi Rella, Amilcare Tana, Stefano De Francesco, Giuseppe Milli e Cesare Del Cuore.
Claudio Tadicini e Francesco Oliva