MELENDUGNO – I No Tap e il sindaco Marco Potì non si arrenderanno mai: mentre il governo, giorno dopo giorno, continua a dare due di picche, loro continuano a stargli col fiato sul collo sperando in un colpo di scena della magistratura. Il sindaco di Melendugno ha chiesto formalmente al Ministero delle Infrastrutture il ritiro in autotutela della ordinanza della Capitaneria di porto inerente l’installazione di palancole all’uscita del tunnel boring machine per il fissaggio del gasdotto Trans Adriatic Pipeline e che vieta nel tratto di mare a nord del porto di San Foca fino a fine dicembre la navigazione e altre attività nautiche nella zona. Chiede anche il ritiro della nota del 12 marzo scorso con la quale lo stesso Ministero “non ritiene necessario il rilascio di un titolo concessorio di un’area demaniale marittima”. Si tratta dei provvedimenti che consentono a Tap di avviare i lavori in mare senza concessione demaniale, derivante come spiega il ministero nella stessa nota “dalla durata temporanea delle opere da realizzare e dal fatto che le stesse saranno rimosse al termine dei lavori di realizzazione del metanodotto in oggetto”. Potì, però, fa notare che le opere “sono destinate a rimanere” a lungo.
Intanto, i No Tap cercano di venirne a capo dell’analisi costi/benefici portata avanti dal governo Conte: “In occasione dell’incontro presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri del 16 ottobre 2018, in merito ai ‘costi/penali’ conseguenti alla interruzione dell’opera denominata TAP – spiegano gli attivisti, che chiedono più chiarezza e insistono sull’esistenza di violazioni anche di carattere costituzionale – non è stato consegnato nulla al sindaco e agli altri partecipanti; dagli ‘accessi civici generalizzati’ (c.d. FOIA), promossi tra agosto e settembre 2018 da alcuni dei sottoscritti, nulla è emerso come fonte documentale già in possesso e pubblicamente conoscibile all’interno qualsiasi Ministero del Governo, compreso lo stesso MISE (come da risposte qui allegate);
– con riferimento all’opera denominata TAP, un apposito Regolamento europeo, il n. 347/2013 e ss.mm. nel cui Allegato è ricompresa tale opera in qualità di P.I.C., impone un quadro ben importante di contestualizzazione contenutistica e temporale di una specifica modalità di analisi costi-benefici, consistente, tra l’altro, nella considerazione ‘degli obiettivi energetici e climatici entro il 2020, nonché, più a lungo termine, all’avanzamento verso un’economia a basse emissioni di carbonio entro il 2050’ e nella valutazione completa della ‘resilienza a breve e a lungo termine del sistema del gas’ e degli ‘impatti economici, sociali e ambientali, ivi compresi in particolare i costi esterni come quelli correlati alle emissioni di gas a effetto serra’. Tale quadro è emerso del tutto assente dalle risposte dei Ministeri interpellati con il c.d. “FOIA”,
– tale quadro non può essere sostituito o eluso dalla semplice comunicazione di sole, presunte c.d. ‘penali’, come invece fatto nei confronti del Sindaco di Melendugno, in occasione dell’incontro del 16 ottobre”.
Insomma, gli attivisti alla storia delle penali non ci credono proprio e chiedono che si considerino meglio i danni ambientali. “Del resto, altre fonti internazionali alle quali appartiene anche l’Italia, come l’OSCE con le sue c.d. ‘Dichiarazioni di Kiev’, e il CESE, con il parere d’iniziativa 2018/C 081/04, indirizzano i governi a coniugare, nelle proprie analisi di politica pubblica, i dati economici con dati ambientali di lungo periodo”.
“Innumerevoli altre fonti definiscono la indispensabilità dell’analisi costi-benefici tra dimensione economica e dimensione ambientale (dal Comitato Onu sulla contabilità integrata ambientale ed economica (UNCEEA) alla Task Force di EUROSTAT sulla ‘strategia europea’ di contabilità ambientale, fino ai metodi propriamente italiani di elaborazione tecnico-scientifica, conosciuti sin 1997, con il primo disegno di legge in materia di contabilità ambientale, e codificati al tavolo tecnico dell’ISPRA tra il 2007-2009) – puntualizzano i No Tap – Persino il ‘Contratto per il governo del cambiamento’, sottoscritto da Luigi Di Maio e Matteo Salvini, ratificato dagli elettori e incorporato nella mozione parlamentare di fiducia, impone l’adempimento di una ‘attenta analisi e valutazione del rapporto tra costi e benefici, [per] le opportune decisioni con riferimento alla realizzazione e al completamento delle opere pubbliche di rilievo nazionale non espressamente menzionate nel presente contratto» (Capitolo 1, sul “funzionamento del Governo”, pag. 7), e TAP non può non essere rubricata come opera comunque pubblica, dato che è partecipata da soggetti che detengono risorse di provenienza pubblica”.
Tra i dati indefettibili di analisi, nel quadro di quanto previsto dal citato Reg. UE n. 347/2013, devono essere annoverati sia quelli ambientali ufficiali di ARPA/ISPRA, sia quelli legali connessi ai costi dell’energia per l’utente finale, tanto rispetto alle nuove dimensioni concorrenziali del mercato, quanto soprattutto in ragione del fatto che lo Stato italiano consente, in base all’art. 2, c. 2, lett. e) della L. n. 481/1995, i c.d. “oneri di sistema”, ossia il ricarico sulle bollette del «recupero dei costi eventualmente sostenuti nell’interesse generale per l’efficienza del servizio e l’adeguata diffusione del medesimo sul territorio nazionale», sia quelli sull’andamento dei consumi specifici del gas, in base alle stesse elaborazioni del MISE,1 sia quelli di emissioni climalteranti e loro effetti di lungo periodo rispetto agli obiettivi di contenimento dell’aumento di CO2 indicati dall’Accordo di Parigi del 2015 e ricalcolati dal Rapporto speciale dell’IPCC-ONU di ottobre 2018.
Il sindaco Potì e i No TAp chiedono al Sottosegretario Sen. Cioffi,
chiedono il rispetto del “Contratto di governo” sottoscritto da Luigi Di Maio e Matteo Salvini, nella disposizione metodologica del Capitolo I a pag. 7, sulla previa «attenta analisi e valutazione» dei costi-benefici della continuazione di un’opera climalterante come TAP. Gli attivisti esigono una completa analisi costi-benefici dell’opera TAP, nel rispetto de criteri di legalità, completezza, imparzialità, dunque tenendo conto sia del Reg. UE n. 347/2013 (in cui si contempla la necessità della considerazione «degli obiettivi energetici e climatici entro il 2020, nonché, più a lungo termine, all’avanzamento verso un’economia a basse emissioni di carbonio. Si chiede anche la verifica delle eventuali omissioni o inadempienze di precedenti amministrazioni governative rispetto a tale analisi costi-benefici, ai fini degli eventuali effetti di cui all’art. art. 313, comma 6, del D.lgs. n. 152/2006. I no Tap hanno prodotto degli atti ufficiali per chiedere che il governo garantisca la veridicità e verificabilità documentale completa dell’analisi costi-benefici effettuata, trattandosi pur sempre di “informazioni ambientali” nel significato della Convezione di Aarhus e al fine di scongiurare qualsiasi lesione della fede pubblica e violazione dell’art. 41 Cost., che dispone il limite della dignità e della sicurezza nell’esercizio della libera iniziativa economica.
The post I No Tap insistono: “Vogliamo le prove che i costi di un blocco superano i benefici. Gravi violazioni, anche costituzionali” appeared first on Corriere Salentino.