VOLTA LA CARTA e leggi le pagine della vita – Nel riverbero di una musica che accorda le sue note sul bel testo di una canzone di De Andrè, mi piace condividere, in questa rubrica, alcuni miei scritti con l’intento di collocare stralci di vita in pensieri ed emozioni, che si alternano, di volta in volta, sul foglio virtuale rilegato dal filo dei silenzi che animano l’universo femminile.
Brevi componimenti, in cui il sesto senso gioca l’importante ruolo di collettore dell’Essenziale, laddove invece il tempo, frantumandosi, lo disperde.
Dalla poesia alla prosa, nuances in chiaro scuro di immagini in parole.
Buona lettura…
Ombre
Lo sguardo austero e severo di Anita si ammansiva sotto la luce di un lampo.
Il boato di un tuono o il colpo del vento che batteva forte alle sue finestre la rendeva fragile come un agnello. Nulla era più temibile di un temporale, i fenomeni naturali erano incontrollabili, minacciosi ed inevitabili. Dinanzi a tali fatalità, ella diventava piccola e tremante come la fiamma della candela che soleva accendere pregando S. Oronzo di liberarla da tale calamità! Le parole si attaccavano le une alle altre in una catena di preghiere, sgranate sul Rosario e, nella stanza buia, l’ombra gigantesca della croce penzolava sulla parete al ritmo del tremore della fiamma. E se Antonio non era ancora rientrato, la paura si alimentava di quell’assenza, “Addustae?” Sì, dov’era Antonio? Il nonno, pur se in pensione, esercitava ancora il mestiere di barbiere; i suoi clienti erano i poliziotti e i religiosi, dai quali godeva di grande stima. Probabilmente era a sbarbare qualche comandante o sistemare qualche chierica! Ma no, Antonio non c’era più già da qualche tempo e Anita non se ne rendeva ancora conto, alla sua età si confonde la vita con la morte, il passato col presente, i ricordi si scollegano dalle date, i volti sono giovani e vecchi insieme e, come scriveva il poeta Eliot “ Non sei né giovane né vecchio, ma è come se dormissi dopo pranzo, sognando di entrambe queste età”. Suo marito aveva quasi sempre il volto liscio, lo sguardo sveglio e innamorato di quel ragazzo dagli occhi azzurri che le mandava sempre i soldi per comprare carta, busta e francobollo per potergli scrivere quando erano lontani, quando lui era un soldato. No, lui non c’era più. E nella mente riaffioravano le immagini degli ultimi giorni, di quando lui non parlava, fermo, immobile nel suo lettino. Sì, perché ad un certo punto della nostra vita ritorniamo come bambini, è una tappa obbligata. Le stanze della nostra mente si svuotano eppure quanta roba ci avevamo messo dentro! Così pure la nostra casa cambia assetto e la camera da letto di Anita ed Antonio, dopo la malattia del nonno, si era spogliata del talamo nuziale per far posto a due lettini singoli. Nella stanza c’era bisogno di spazio per poter meglio accudire il nonno. Il letto matrimoniale era diventato ormai troppo ingombrante, non serviva più. E così un giorno Antonio se ne era andato e Anita era rimasta sola con i suoi ricordi, le fotografie sbiadite nel cassetto e la maglia di lana del marito, custodita gelosamente sotto il cuscino perché ogni sera la confortasse, così come aveva fatto in vita.
Ormai restavano soltanto le ombre cariche di ricordi a riempire le stanze della casa. Una, in particolare, si muoveva silente sulle vecchie pareti scrostate e le velava gli occhi, non l’aveva mai abbandonata da quando era una ragazzina.
Quel giorno era sola in casa e sbrigava faccende domestiche. L’estate intonava il suo canto di cicala, graffiando il silenzio denso dell’afa. Un’ombra attraversò velocemente la cucina, una figura umana, un uomo, vestito di nero. Anita, dapprima impaurita, prese il coraggio a due mani e corse a vedere chi fosse. “Chi sei?” urlò, azzittendo per un istante l’estate canterina. L’ombra si fermò sulla porta di casa ma, prima che fosse raggiunta, si era già dileguata. Misteri della nostra vita che rimangono senza risposta o forse, sono soltanto segreti che non devono prendere forma e vagano silenti nella nostra anima. Luci ed ombre che ci accompagnano per tutta la nostra esistenza, come i lampi che ci illuminano il viso per pochi istanti e poi ci restituiscono il buio a cui apparteniamo.
Tratto da “ La strada del vento” – Claudia Petracca