DISO MARITTIMA (Lecce) – Zio e zia sotto processo per presunti abusi sulla nipotina di soli 4 anni. Una squallida storia di violenze finisce in un’aula di tribunale. Il gup Stefano Sernia ha rinviato a giudizio una coppia di coniugi di Marittima (frazione di Diso) così come richiesto dal pubblico ministero Stefania Mininni. Il processo si aprirà il 2 maggio prossimo dinanzi ai giudici della prima sezione. L’accusa è di violenza sessuale continuata e aggravata dall’aver commesso il fatto in danno di persona minore di dieci anni nonché con abuso di relazioni domestiche e di coabitazione. I presunti abusi si spalmano tra il 2010 e il 2014 in un contesto di estremo disagio economico e sociale. La bimba (nome di fantasia Aurora) all’epoca aveva appena quattro anni. Gli zii risiedevano nella stessa abitazione della bimba e dei suoi genitori. E quando rimanevano da soli avrebbero abusato della piccola. Anche quando le facevano il bagnetto nella vasca.
Nel capo d’imputazione si fa riferimento a “ripetuti toccamenti mentre l’uomo si masturbava”. In una circostanza lo zio avrebbe anche minacciato la piccola “stringendole con violenza il braccio imponendole il silenzio e minacciandola che se avesse parlato lo avrebbe rifatto”. L’indagine è stata avviata due anni fa. Aurora si confida con la cugina che, tempestivamente, informa i genitori. Una segnalazione viene inoltrata ai servizi sociali che inviano una relazione in procura. Il pubblico ministero Roberta Licci apre un fascicolo d’indagine. Scattano così gli accertamenti. Vengono disposte intercettazioni ambientali e telefoniche, sentite a “sit” diverse persone (tra cui le insegnanti della piccola Aurora). La ragazzina viene ascoltata con l’ascolto protetto dell’incidente probatorio dinanzi al gip Annalisa De Benedictis. Con tutte le difficoltà dettate dall’età la bimba conferma gli abusi.
I due consulenti nominati dalla Procura accertano la capacità della piccola di rielaborare i fatti storici vissuti senza condizionamenti esterni e senza introdurre elementi di fantasia. Attualmente la bambina e i suoi genitori, attraverso i servizi sociali, sono stati trasferiti in un ambiente protetto. Nel corso dell’udienza preliminare l’avvocato Luigi Pastore (legale della donna) aveva chiesto un’integrazione probatoria per accertare se la denuncia non fosse finalizzata ad “aggredire” l’ingente patrimonio che la donna deteneva fino a qualche anno fa. Una tesi confutata dalle testimonianze delle tante persone informate dei fatti e da altri elementi convergenti. I genitori stessi si sono costituiti parte civile solo come esercenti la patria potestà ed hanno così avanzato una richiesta risarcitoria “simbolica” di soli 50 mila euro tramite l’avvocato Silvia Mauro per reati per i quali solitamente le richieste sono molto più consistenti. A testimonianza della genuinità delle loro accuse. L’uomo è assistito dall’avvocato Stefano Metrangolo.
Francesco Oliva