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Foto osè dell’amichetta su Whats-App? Prosciolti tre minorenni

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Immagini osè per un ricatto? Il giudice proscioglie tre studenti leccesi finiti sotto inchiesta per detenzione e divulgazione di materiale pedopornografico. Il gup Aristodemo Ingusci ha scagionato i giovani di età compresa tra i 15 e i 16 anni accusati di aver  fatto girare un video e la foto di un’amica di soli 14 anni ripresa nuda dal busto in su e condivisi su Whats-app. Lo stesso pubblico ministero Imerio Tramis, sulla scorta delle memorie difensive degli avvocati dei giovani (Vincenzo Perrone, Rocco Vincenti, Raffaele Benfatto e Barbara Esposito) aveva chiesto il proscioglimento dei ragazzini per la irrilevanza penale del fatto, una causa di estinzione del reato contenuta nell’articolo 27 della legge 488 del 1988. In più non è stata acquisita la prova sulla fascia d’età dei ragazzini quando è stato consumato il fatto, probabilmente a cavallo tra i 13 e i 14 anni e quindi in forte dubbio la stessa imputabilità.

Lo sviluppo dei fatti si colloca tra settembre 2014 e febbraio dello scorso anno. Il lavoro degli investigatori è stato avviato quasi per caso. La madre di un amico della ragazzina ha notato sul telefonino del figlio la foto della minore. Ha informato subito la madre della giovane. E così sono scattati gli accertamenti per risalire al responsabile di quello scatto e del video. Nelle immagini la ragazzina appare seminuda. Ma non emergono dettagli precisi utili per accertare dove e in quale situazione sia stata effettuata la ripresa. Scatto e filmato sarebbero stati effettuati senza consenso e poi inseriti su Whats-app. La condivisione è stata virale. E, nel volgere di poche settimane, da cellulare in cellulare. È stata la denuncia dei genitori della ragazzina – come si diceva – a mettere in moto gli accertamenti. La minore si è subito confidata ed ha svuotato il sacco superando un iniziale prevedibile momento di imbarazzo. La sezione reati contro la persona della Squadra mobile ha raccolto la denuncia  risalendo poi ai possessori di quelle immagini grazie agli screenshot di Whats-app.

Da qui l’accusa di detenzione e divulgazione di materiale pedopornografico. I minori non sono stati mai interrogati. Solo i servizi sociali, come prevede la prassi, hanno raccolto le dichiarazioni degli indagati. Alcuni conoscevano la minore, altri conservavano foto e video senza sapere chi fosse la giovane così come emerso dagli approfondimenti investigativi.


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