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Il ciclo dei rifiuti che non decolla: tra lentezze, emergenze e trasporti in discariche lontane ci perde il contribuente

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rifiuti

SALENTO – I rifiuti sono un affare per i privati, ma possono trasformarsi in una risorsa: energia da vendere o riciclo. Lo abbiamo capito dieci anni dopo il nord Europa. In Puglia il ciclo dei rifiuti non è mai stato chiuso: un’impiantistica pubblica adeguata in grado di coprire tutta la Regione, che consentisse di mandare avanti procedure corrette e trasparenti, evitando continue proroghe emergenziali, non c’è mai stata. Commissariamento su commissariamento, ritardo su ritardo, continuiamo a vivere in una perenne emergenza e a pagare di più per trasporti fuori provincia, che in realtà dovrebbero essere evitati, secondo quanto previsto dalla legge. Miliardi di euro, interessi di grandi multinazionali e politica ruotano intorno al ciclo dei rifiuti. La Puglia si è fatta trovare impreparata al grande appuntamento: non ha impianti sufficienti per evitare trasporti lontani e per consentire a tutti i comuni di fare la raccolta differenziata e il conferimento dell’umido. Non esiste ancora un numero sufficiente di strutture idonee a valorizzare i rifiuti trasformandoli in risorse per abbattere i costi.

LA SITUAZIONE NEL SALENTO

Nel Salento cambiano i nomi dei tre grandi ambiti (Ato e Oga), ma non cambia la situazione: il ciclo non si chiude e non sono ancora in funzione gli impianti previsti. Esistono tre grandi centri: Cavallino (ex Ato 1), Poggiardo (ex Ato 2) e Ugento (ex Ato 3). Nella fascia dell’ex Ato/Le 2 c’è una situazione ambigua da anni. La discarica di Corigliano avrebbe dovuto funzionare come servizio-soccorso, quindi essere complementare a Poggiardo: il problema è che è stata completata ma mai fatta aprire dall’amministrazione comunale, che all’inizio chiedeva una preventiva bonifica dell’ex impianto «Scomunica». Una volta ottenuto quanto era stato richiesto, però, l’amministrazione di Corigliano non ha fatto entrare in funzione la discarica di servizio soccorso per «motivi di agibilità», che per molti addetti ai lavori sono «solo piccoli aggiustamenti che si sarebbero potuti fare in un secondo momento». Il ritardo dell’apertura della discarica di Corigliano lo pagano i contribuenti: infatti, i rifiuti che dovrebbero andare a Corigliano (secondo quanto previsto dal mai realizzato piano dei rifiuti) oggi finiscono a Statte con aggravio dei costi in bolletta.

Il calcolo è semplice: il rifiuto che viene smaltito a Poggiardo cosa circa 45 euro a tonnellata, ma lo smaltimento dello scarto a Statte, con il costo dei trasporti, lievita a 89 euro a tonnellata. Poggiardo e Statte, che hanno lo stesso amministratore, Antonio Albanese, diventano complementari per una situazione emergenziale, quindi, quello che il privato non guadagna nel leccese lo recupera nel tarantino. Tutto perché non si riesce a chiudere un ciclo nella stessa provincia. In un primo momento, per circa tre anni, la discarica di Ugento aveva sostituito Corigliano, ma siccome si stava abbreviando la vita dell’impianto ugentino (dovrebbe smaltire i rifiuti fino al 2022), a causa di un aumento eccessivo dei volumi, alla fine la gestione commissariale ha scelto di dirottare tutto nel tarantino. Quindi, la situazione nell’ex Ato Lecce 2 non si è mai regolarizzata: sono passati otto anni e ancora non c’è una discarica di servizio soccorso operativa.

Tra i vari guai della discarica di Poggiardo bisogna aggiungere quello dei rifiuti provenienti dal Brindisino, a causa dell’intervento giudiziario e dell’ordinanza regionale. Giungono a Poggiardo 100 tonnellate al giorno di rifiuto tal quale a fronte delle 50 tonnellate al giorno di cui si è dovuta fare carico Cavallino. Il ciclo di lavorazione per i rifiuti brindisini è solo di triturazione, biostabilizzazione e vagliatura da cui si ottiene materiale secco (Cdr a Cavallino), mentre gli scarti vengono conferiti a Statte.

La situazione nell’ex Ato Lecce 1 (Lecce, Cavallino e 26 altri comuni) è molto più lineare, se non fosse che la discarica «Le Mate» è ormai satura. La gestione commissariale ha consentito una proroga di altri 10 giorni (la notizia è arrivata proprio oggi, che era il giorno previsto per la chiusura definitiva), ma poi probabilmente chiuderà e sarà avviata la fase di recupero post-gestione. Il sito dell’area della discarica, che ha fatto tanto parlare di Cavallino, fu individuata nell”87, dall’amministrazione democristiana di Franco Corallo, che diede la disponibilità alla Regione. Accanto alla discarica, che a breve chiuderà, c’è una piattaforma di trattamento meccanico dei rifiuti con impianti oramai obsoleti, dove si lavorano i rifiuti di 28 paesi. In questo impianto si recupera la frazione secca per ottenere CDR (combustibile) che viene utilizzato per produrre energia nell’impianto di Massafra. Lo scarto, costituito da frazione prevalentemente organica, con la chiusura delle Mate verrà trasportato e smaltito in una delle discariche localizzate a Statte, Massafra, Canosa e Grottaglie, con la solita lievitazione dei costi a 89 euro a tonnellata. Il passaggio è il seguente: il rifiuto arriva nella piattaforma, dove viene triturato, biostabilizzato e vagliato, la parte più grossolana (plastiche, carte, legno, ecc) diventa Cdr, mentre i residui vanno in discarica. L’azienda interessata aveva proposto una sopraelevazione de “Le Mate”, ma l’Arpa ha ritenuto di potersi esprimere solo all’interno di un procedimento ordinario. Tradotto, significa che non c’è il tempo di valutare l’impatto ambientale di questa idea.

CON QUALI IMPIANTI SARÁ RISOLTA LA CRISI DELLA PUGLIA?

La promessa del piano regionale per un corretto ciclo dei rifiuti era quella  di realizzare a fianco alle strutture esistenti (Cavallino, Ugento e Poggiardo) tre grandi impianti di compostaggio a Tricase, Galatina e Cavallino. I primi due progetti sono fermi: la gara del primo è andata deserta per motivi tecnico-economici e per Galatina non si ha nessuna notizia, solo silenzio. Cavallino, invece, è a buon punto: è in attesa di una gara per la realizzazione dell’appalto. Si attende che la gestione commissariale dia il via libera alle procedure di gara per un impianto all’avanguardia (solo a Barcellona e Cipro esistono impianti come quello previsto nel comune cavallinese), che punta al recupero dei materiali con una percentuale di scarto insignificante: questo vuol dire trasformazione in risorsa di quasi tutto il rifiuto, un enorme passo in avanti.

Il progetto cavallinese è finanziato dall’Unione Europea con circa 6,5 milioni di euro: la spesa totale sarà di circa 30 milioni, per mettere tutti gli impianti a norma. Oltre al recupero, quindi, ci sarà un grande impianto di compostaggio: la frazione umida sarà lavorata a Cavallino: il risultato potrà essere un enorme risparmio dei costi per il contribuente, con un recupero abbastanza spinto della frazione organica del rifiuto. Ma tutto questo sarebbe dovuto avvenire tempo fa. Invece si procede ancora con enorme lentezza, perché siamo sempre in Italia. Cavallino con la piattaforma di recupero e l’impianto di compostaggio, realizzati secondo le più moderne tecnologie mondiali, che impediscono il formarsi e, di conseguenza, la fuoriuscita di cattivi odori, rappresenterà un punto di riferimento per l’innovazione tecnologica nel trattamento dei rifiuti per tutta l’Italia centromeridionale. La nuova alba del ciclo dei rifiuti pugliese, però, tarda ad arrivare.

Gaetano Gorgoni

ggorgoni@libero.it


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