Nel 1860 si compiva il processo di unificazione nazionale, grazie alle imprese di Giuseppe Garibaldi, e di Camillo Benso Conte di Cavour. È questo ciò che i libri di storia ci insegnano, sin dai tempi delle scuole elementari, ponendo l’accento sul cosiddetto Risorgimento. Tuttavia, se teniamo conto della massima secondo la quale la storia la scrive chi vince, possiamo accorgersi che il processo di unificazione nazionale non fu esattamente quello che ci viene proposto. In particolar modo il Sud subì le più pesanti conseguenze di tale scelta politica, conseguenze che ancora oggi, dopo 150 anni, continuiamo a pagare con gli interessi.
Sembrerà strano a noi italiani del XXI secolo, eppure nel 1856 il Regno delle Due Sicilie riceveva il premio quale terza potenza del mondo per lo sviluppo industriale all’Esposizione Internazionale di Parigi. Possibile? Ma se il Sud è sempre stato retrogrado, un peso per i cugini del Nord. Questo è ciò che i vincitori ci hanno fatto credere, del resto all’epoca la situazione era completamente capovolta rispetto a quella odierna. Il Regno delle Due Sicilie era il più ricco fra gli Stati dello scacchiere italiano, lo testimonia il fatto che nel 1860 esso aveva la più alta quotazione di rendita dei titoli di stato pari al 120% alla Borsa di Parigi, il minor carico fiscale d’Europa e la maggior quantità di lire in oro fra gli Stati italiani.
Quando fu fondata la Banca d’Italia, infatti, dei 668 milioni di Lire-oro, confluiti da tutti gli Stati della penisola, ben 443 provenivano dal Banco di Napoli, mentre gli invasori piemontesi contribuirono con 27 milioni. Il resto proveniva dagli altri Stati, escluso quello pontificio ed il Veneto, annessi successivamente. Ma non è tutto, fra i tanti primati del regno meridionale possiamo elencare: la prima cattedra di Astronomia in Italia, istituita a Napoli nel 1735; la prima cattedra di Economia al mondo nel 1754; il primo codice marittimo del mondo nel 1781; primo intervento di profilassi antitubercolare in Italia nel 1782; prime case popolari a San Leucio nel 1789; primo ospedale psichiatrico italiano ad Aversa nel 1813; prima nave a vapore nel Mediterraneo; primo ponte sospeso in Europa continentale sul Garigliano nel 1832; prima compagnia di navigazione a vapore nel Mediterraneo nel 1836; prima ferrovia italiana la Napoli-Portici nel 1839; prima galleria ferroviaria al mondo e prima illuminazione a gas in Italia e terza in Europa, dopo Londra e Parigi, a Napoli nel 1839; prima industria metalmeccanica, per numero di operai (1050) nei pressi di Napoli nel 1840; prima nave da guerra a vapore in Italia nel 1843; primo esperimento di illuminazione elettrica in Italia, realizzato nel 1848 a Lecce durante la festa di Santo Oronzo, sotto la direzione di Mons. Giuseppe Candido; primo telegrafo elettrico in Italia nel 1852; prima flotta mercantile d’Italia e seconda d’Europa. Sono solo alcuni dei primati del regno borbonico, ai quali si aggiungono la maggior produzione di pasta e di guanti.
Inoltre il Regno si classificava primo anche per il numero di orfanotrofi, collegi, ospizi, presentando anche la minore percentuale di mortalità infantile d’Italia, a testimonianza del fatto che le condizioni igieniche erano sicuramente migliori da noi che altrove. Tra l’altro il regno, pur avendo un esercito, svolgeva una politica non aggressiva o imperialista, a differenza del Piemonte che, a causa delle campagne belliche condotte negli anni precedenti, aveva accumulato una notevole quantità di debiti nei confronti delle potenze europee come Francia ed Inghilterra. Ecco svelato il motivo dell’invasione del Sud da parte dei Piemontesi che, tra l’altro, si servirono del Garibaldi per poi licenziarlo alla prima occasione utile. Per quanto riguardava la classe dirigente meridionale, bastava garantire i privilegi posseduti, magari aggiungerne altri. Così l’ammiraglio Acton, comandante della flotta napoletana nel porto di Marsala al momento dello sbarco, sarebbe diventato Ministro della Marina mercantile dell’Italia Unita, mentre il salentino Liborio Romano, già Ministro di Francesco II, avrebbe avuto il Dicastero degli Interni.
Come loro tutta una sfilza di nobili, militari, politici, si convinsero a diventare italiani, mentre la povera gente che resisteva agli invasori veniva perseguita come “briganti” e magari tradotta nel campo di concentramento di Fenestrelle, in Piemonte, per finire i suoi giorni immersa nella calce viva.. Ben ventisette paesi del meridione furono rasi al suolo. Così fu fatta l’Italia e la gran parte della povera gente del Sud, rimasta senza lavoro, dovette emigrare in America per sbarcare il lunario. Ma questo i libri di storia non lo dicono, questo lo sanno solo quelle poche talpe di biblioteca che hanno l’abitudine di spulciare vecchi libri e antichi giornali. Sorge però spontaneo un dubbio: se prima dell’unità la ricchezza era al Sud, cosa saremmo oggi se quell’evento non si fosse mai verificato?
Cosimo Enrico Marseglia