LECCE – La Corte d’Appello non si tocca. La delicata questione al centro del dibattito giuridico ma non ancora dell’agenda politica è stata affrontata dal presidente del Tribunale di Lecce Marcello Dell’Anna nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Una prospettiva che non piace a nessuno: giudici, avvocati e cancellieri. “Si tratta di una eventualità, che cozzerebbe non solo con la storia e la tradizione, ma che metterebbe in crisi l’intera collettività salentina, il contesto socio-economico in cui è vissuta, il principio di vicinanza della giustizia ai cittadini, l’operatività della stessa giustizia”, ha spiegato alla platea Dell’Anna. “La revisione della cosiddetta geografia giudiziaria, sulla quale si è da tempo incentrata l’attenzione dell’Anm e del Csm, va condotta con criteri di ragionevolezza, la cui applicazione dovrebbe a mio avviso escludere la radicalità di soluzioni estreme, quale quella prospettata dalla soppressione di questa Corte e della confluenza degli affari alla Corte di Appello di Bari che, d’altro canto, ha segnalato, per bocca del suo Presidente, di non essere in grado di gestire la conseguente situazione”.
Altro tema caldo affrontato è stato quello relativo alla logistica del Palazzo di Giustizia: “Ho interessato, il Ministero della Giustizia ed il Ministero della Difesa per l’eventuale acquisizione di aree”. “Il problema riguarda soprattutto gli stabili di via Brenta, dove si registra “la situazione di maggiore gravità” anche a causa della soppressione delle sedi distaccate. Il Tribunale è, in gran parte, collocato in un ex edificio condominiale, nel quale gli spazi sono palesemente insufficienti con conseguente incongrua distribuzione, sicché le udienze si svolgono sovente in condizioni, che nulla hanno a che vedere con il decoro e la dignità, che l’amministrazione della giustizia dovrebbe assicurare. Ovviamente tale situazione si riverbera nell’efficienza dell’attività giudiziaria e genera forte malcontento nei fruitori del servizio” Il Presidente snocciola anche i risultati ottenuti per abbattere l’arretrato. “Sono stati adottati criteri di priorità nella trattazione delle cause civili. L’azione è stata proceduta da un censimento delle pendenze ultratriennali per il primo grado ed ultrabiennali per il secondo. E così sono state individuate le cause da trattare con priorità. “Nel distretto della Corte di Appello la produttività è stata cospicua, essendo stato riscontrato in quasi tutti i settori, civile e penale, un calo delle pendenze”.
Non è mancato neppure un affondo sui carichi lavoro del Distretto, i processi pendenti e la necessità di abbattere l’arretrato. “La produzione della Corte è stata importante e significativa in considerazione del numero dei processi definiti, sebbene sia registrabile un aumento, peraltro lieve, delle pendenze, in gran parte dovuto al numero delle sopravvenienze”, ha spiegato il Presidente. Dai dati riportati dall’ufficio statistico risulta che la prima sezione civile ha definito complessivamente 512 procedimenti a fronte di 494 del periodo precedente, mentre la seconda sezione ne ha definiti 453: per entrambe le sezioni si registra un aumento delle pendenze, passate rispettivamente da 1944 a 2056 e da 1734 a 1951″. Un aumento dei fascicoli in giacenza dettato anche dal fatto “che le due sezioni hanno risentito dei vari trasferimenti di consiglieri via via sostituiti da altri nonché dell’astensione dalle udienze degli avvocati del Foro di Lecce. Quanto alla tipologia delle cause, appaiono in aumento – confermandosi così il dato già presente nel precedente periodo – quelle nei confronti della Pubblica Amministrazione, in materia di incidenti stradali da scontro di veicoli, di condominio, di responsabilità professionale – segnatamente medica -, di appalto, di vendita immobiliare, di opposizione all’esecuzione; in diminuzione quelle in materia bancaria e di intermediazione finanziaria.
Il presidente Dell’Anna si è poi soffermato anche sulle ultime iniziative del legislatore: “Una forma semplificata di definizione del processo in appello potrà avere successo solo se – evitando qualche errore forse commesso in passato – ad essa si farà ricorso in maniera accorta ed oculata, calibrando l’entità della pena rispetto all’effettiva gravità del fatto ed alla personalità del suo autore, senza avallare proposte di riduzioni incongrue pur di snellire i tempi del dibattimento e, soprattutto, di stesura della motivazione”.
F. Oli.







