Ha chiesto ed ottenuto di essere giudicato in abbreviato Cosimo Mele, l’assassino reo confesso di Ivan Regoli ammazzato e poi buttato in un pozzo in un terreno di campagna nel settembre del 2011.
E’ stata un’udienza “travagliata” dal punto di vista dell’ordine pubblico. Mele era presente in aula e la sua presenza non è passata inevitabilmente inosservata alla madre di Regoli. Più volte Antonia Rizzo ha inveito contro l’assassino del figlio per poi crollare in un pianto liberatorio a fine udienza.
Nonostante un clima di forte tensione in aula, il gup Alcide Maritati ha ammesso la costituzione di parte civile dei familiari di Regoli. Oltre alla madre sono entrati nel processo anche il padre Antonio, il fratello Alessio e la compagna Tiziana Barba oltre alla figlioletta, assistiti dagli avvocati Maria Greco, Francesca Conte, Francesco Piro e Gennaro Gadalena, quest’ultimo del Foro di Roma.
Si è costituita parte civile anche l’Associazione Penelope (l’Associazione Nazionale delle famiglie delle persone scomparse) e nessuna Associazione locale, come rimarcato dagli avvocati di parte civile. Si ritorna in aula il prossimo 22 marzo mentre la sentenza è fissata per il 12 aprile.
L’omicidio di Regoli è rimasto avvolto in una nebbia difficile da diradarsi per anni. L’intricata matassa è stata sbrogliata solo a marzo scorso quando i carabinieri del Nucleo Investigativo di Lecce e i colleghi della Compagnia di Casarano arrestarono il 35enne, originario di Matino, con le accuse di omicidio volontario aggravato dai futili e abietti motivi e occultamento di cadavere.
Il giovane di Matino svanì nel nulla il 12 settembre di cinque anni fa. Regoli si allontanò spontaneamente da casa in quel caldo pomeriggio di fine estate. Con sé aveva solo 3 euro e il cellulare che, da quel giorno, risultò sempre spento. Alla madre Antonia riferì che si stava recando in un tabacchino per acquistare un pacco di sigarette e che, successivamente, si sarebbe dovuto incontrare con la ex-moglie.
Proprio perché non si sarebbe dovuto attardare a lungo lasciò a casa il portafogli e i documenti. Al momento della scomparsa, Regoli indossava una maglietta nera, una paio di bermuda di colore nero e scarpe da ginnastica bianche.
Da subito i familiari intuirono che Ivan non si era potuto allontanare volontariamente. I carabinieri avviarono le indagini scandagliando più piste investigative. Dal sottobosco della droga, alla matrice passionale, senza tralasciare l’ipotesi di un clamoroso scambio di persona. A distanza di un anno e mezzo dalla scomparsa del 30enne nel registro degli indagati finì il nome dello zio dell’assassino, un 44enne di Parabita. La sua auto, una vecchia Fiat Punto, finì sotto sequestro per essere sottoposta ad una serie di esami e rilevare eventuali tracce di sangue riconducibili alla vittima.
Gli accertamenti, però, diedero esito negativo. Una svolta decisiva arrivò il primo agosto di due anni fa quando i resti ossei della giovane vittima furono ritrovati in un pozzo in contrada Sant’Anastasia a Matino.
I successivi esami di laboratorio e di antropologia forense fugarono qualsiasi dubbio: i resti appartenevano a Ivan Regoli. I sospetti si concentrarono su Mele. Il terreno in cui venne trovato i cadavere infatti apparteneva alla famiglia del 35enne. E le intercettazioni piazzate nella macchina dell’uomo consentirono di chiudere il cerchio attorno all’assassino chiarendo anche il movente.
Mele, nel frattempo trasferitosi a L’Aquila dove aveva trovato lavoro come intonacatore, avvicinò quel giorno Regoli ritenuto responsabile di alcuni furti e incendi nell’abitazione di campagna.
E scattò la vendetta. Una sorta di ritorsione ai rifiuti di cedere alle continue richieste di denaro che la vittima pretendeva. Giunti nella campagna di proprietà, Mele colpì ripetutamente Regoli alla testa con un tubo in ferro e una livella. Poi gettò il corpo nel pozzo coprendolo con reti per la raccolta delle olive.
Il 35enne confessò l’omicidio in caserma il 21 febbraio scorso messo ormai alle strette. Confermò la dinamica anche dopo il suo arresto nel corso dell’interrogatorio di garanzia. Mele si trova attualmente detenuto nel carcere di Lecce. E’ assistito dagli avvocati Gabriella Mastrolia e Ugo Marinucci.
F.Oli.