LECCE – Pedinamenti, minacce e persino un episodio di violenza sessuale ai danni della ex. E quando lo stalking si declina in persecuzione molesta e ripetuta nel tempo diventa un guaio non solo per la vittima ma anche per il responsabile. Proprio come accaduto ad un elettricista leccese. Dopo un’istruttoria dibattimentale andata avanti per cinque anni il 31enne L.M. è stato condannato a 5 anni e mezzo di reclusione dai giudici della seconda sezione con le accuse di stalking, violenza privata consumata e tentata, violenza sessuale e lesioni personali. Il collegio (presieduto dal Presidente Roberto Tanisi) ha così emesso una condanna esemplare nel solco della richiesta invocata dal pubblico ministero Francesca Miglietta di 6 anni e 9 mesi. Con il dispositivo di sentenza i giudici hanno anche disposto l’interdizione dell’imputato dai pubblici uffici per 5 anni e il pagamento di una provvisionale di 10 mila euro in favore della costituita parte civile (una donna cubana) assistita dall’avvocato Giuseppe Milli.
L’inchiesta, finita sul tavolo del pubblico ministero Stefania Mininni, è stata avviata con una denuncia della presunta vittima. Tutte le accuse sono state messe nero su bianco su carta e poi riscontrate con accertamenti scrupolosi effettuati dai carabinieri. Oltre alle “canoniche” richieste di riallacciare la relazione (sotto la minaccia di violenza) l’elettricista sarebbe andato anche oltre rispettando alla lettera il copione del “perfetto stalker”: appostamenti sotto casa della donna, telefonate a tutte le ore del giorno e della notte. E non solo. La vigilia di Natale di sette anni fa L.M. avrebbe costretto la ex e una sua amica a trattenersi in sua compagnia per circa tre ore.
E poi c’è l’episodio clou. Risale al 19 gennaio del 2010. L’elettricista avrebbe preso con la forza la sua ex, trascinandola di peso in macchina. nell’abitacolo dell’auto l’avrebbe stuprata per poi riaccompagnare la donna a casa. Tranquillamente come se nulla fosse successo. Nel corso della lunga istruttoria sono stati sentiti i carabinieri che hanno condotto le indagini, le coinquiline della vittima ed un ginecologo. Anche grazie alle loro testimonianze il collegio è stato convinto ad emettere una sentenza di condanna. Eppure l’avvocato Ivan Feola aveva cercato di smontare la tesi dell’accusa invocando l’assoluzione dell’elettricista per tutti i capi d’imputazione (escluso il reato di lesioni) sulla scorta degli accertamenti eseguiti in ospedale che avevano escluso segni di violenza. Subito dopo il deposito delle motivazioni, l’avvocato impugnerà la sentenza di condanna in Appello.
F.Oli.