LECCE – A Forza Italia è bastato ufficializzare il gruppo per avere l’assessore: i delusi della maggioranza guidata da Paolo Perrone stanno ragionando su come mettere il sindaco con le spalle al muro, magari usando la stessa strategia dei forzisti. «Abbiamo avviato una riflessione per fare chiarezza sulle regole: senza fiducia e rispetto delle regole non si può tenere unito un partito» – ha spiegato Damiano D’Autilia. Con lui ci sono i delusi della Puglia Prima di Tutto, che, «dopo aver subito l’assessorato esterno di Carmen Tessitore», sono rimasti senza rappresentanti in giunta. Cairo e Ciardo già da tempo stavano mandando segnali di insofferenza al primo cittadino, poi ci sono Martella, Montinaro e, sembra, anche Francesca Mariano. Hanno deciso di unire le forze per far valere il loro peso in Consiglio. Secondo alcune indiscrezioni, avrebbero già preparato una lettera diretta a Paolo Perrone in cui minacciano «libertà di posizione sulle singole delibere»: in altre parole potrebbe finire l’appoggio incondizionato alla maggioranza per fornire un appoggio esterno, limitato solo alle delibere condivise dal nuovo gruppo che potrebbe formarsi.
Paolo Perrone, durante la riunione di maggioranza in cui è stato ufficializzato l’ingresso in giunta di Nunzia Brandi ed è stata data notizia dell’attribuzione della carica di vice a Messuti, ha dichiarato che non c’è spazio per nessun altro nell’esecutivo, scatenando le ire di chi attendeva il suo turno da tempo. Adesso i delusi si coalizzano per passare dalla fase dei mugugni a quella dei fatti. Cercheranno di stanare il primo cittadino, di farsi spiegare i criteri e le regole per assegnare un assessorato ai vari gruppi. La tempesta silenziosa, che vi abbiamo annunciato molto tempo fa, ora sta venendo a galla.
LE LOTTE PER UN POSTO NELLE PARTECIPATE
Insieme alle tensioni per le poltrone di assessore, ci sono quelle per le partecipate: Stp ed Sgm presto saranno senza un presidente. Le nomine, però, potrebbero essere tutte «tecniche», cioè di funzionari pubblici. Bisogna fare i conti con la legge 39 che impone l’impossibilità essere nominati nelle partecipate, anche se si è stati solo consiglieri in un paese con più di 15 mila abitanti. L’inconferibilità determina la nullità dell’incarico: altrimenti potrebbe avvenire quello che è avvenuto a sinistra con Casilli, nel caso di Arca Sud, proprio mentre si sentiva già sulla poltrona di amministratore. D’Autilia e Frasca non sono più nella rosa dei nomi: la legge lo impedisce. L’inconferibilità renderebbe inefficace la nomina ed esporrebbe a sanzioni anche chi la fa. Questa situazione potrebbe far tornare a scalpitare Frasca, che ha desistito dal fare l’alleanza con Risi a Nardò, solo per un intervento dall’«alto del partito». Allora ai maligni viene qualche dubbio: non è che la voce di una possibile nomina di Frasca a presidente Stp sia stata messa in giro scientemente, sapendo che non è possibile, solo per tenerlo buono in vista delle amministrative neretine? Una certa politica in mala fede, a volte, si serve anche della stampa.
Gaetano Gorgoni