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Focara di Novoli, l’artista Regina Josè Galindo omaggia la vite

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Regina-Jose-Galindo
NOVOLI (Lecce) – Prima mondiale a Novoli per l’artista Regina Josè Galindo, tra le più grandi protagoniste dell’arte contemporanea internazionale, Leone d’Oro alla 51ima Biennale di Venezia. Dal Guatemala a Novoli per costruire intorno al proprio corpo un abito di fasci di tralci di vite. Il corpo diventa così la metafora del fuoco che combatte le persecuzioni, in particolare delle donne, che allontana i linciaggi e i pregiudizi etici e morali.

Nell’ambito delle iniziative per la Fòcara 2016, il giorno 15 gennaio, alle ore 15:30, con la direzione artistica e cura di Giacomo Zaza, sarà realizzata una azione in prima mondiale dell’artista internazionale Regina José Galindo con la comunità di Novoli, inerente al tema del fuoco rigeneratore e propiziatorio. L’azione si svolgerà nella località Strada Vicinale Bellisario, un podere rurale tra Novoli e Campi Salentina, facilmente raggiungibile per chi viene dalla S.P. Lecce-Taranto in direzione Campi Salentina: alla rotatoria prima di entrare nel paese di Campi Salentina girare a destra, arrivo al sito dopo 300 metri (vista chiesetta e casolare).

L’azione concepita dalla Galindo consiste nel costruire, in collaborazione con la gente di Novoli, un abito “difensivo” fatto di fascine intorno al suo corpo: il corpo vivente dell’artista diventa la metafora del fuoco che combatte le persecuzioni, in particolare alle donne, che allontana i linciaggi e i pregiudizi etici e morali.

Regina José Galindo – spiega il critico d’arte Giacomo Zazamuove dalla visione sociale e storica del falò inteso come atto di vita e di purificazione, ma anche di anticorpo contro le avversità e la malignità. Guarda alla fede religiosa in virtù delle sue potenzialità rivoluzionarie, mettendo da parte il versante “dogmatico” e controriformista (il cui apice è stato toccato durante il Medioevo e l’Età moderna). Si sofferma sulla forza emancipatrice del falò. Inoltre vede nella forma conica di fascine una dichiarazione forte e presente che diventa il “segno” di una protezione contro i soprusi alle donne che ancor oggi sono perseguitate con false accuse, dove soltanto il dubbio e il sospetto legittimano la loro condanna”.

Un gruppo di volontari misti, uomini e donne, ricopriranno di fascine Regina Galindo – posta su un alto basamento in tufi e terra, scandito da due livelli – per una altezza totale di oltre 3 metri. L’affastellamento delle fascine sul corpo crea una pira ieratica e austera di tralci di vite simile a quella della Fòcara. Si può leggere qui il senso di un “nuovo corpo” prodigioso che irrompe fuori dalle limitazioni corporali e psicologiche dell’individuo. Un corpo simbolico – formalmente vicino a quello maestoso del falò – che contiene dentro di sé l’essere straniero giunto dall’America Latina (l’inclusione dell’altro), e nel quale sembrano celarsi le paure della nostra società, a volte divisa, antagonista e intollerante. In esso, nello stesso tempo, riconosciamo l’aderenza gravitazionale alla terra, “la forza che ci mantiene in contatto con la terra, attaccati ad essa, creature del suo suolo” (María Zambrano, in Nostalgia della terra)”.

“Regina José Galindo si immedesima nella Fòcara, ne assume i connotati ancestrali per rappresentarne un monumento dalle parvenze ritualistiche, alla cui sommità sbuca la testa umana dell’artista, trasformato in volto del mito e del sacrifico. Pertanto il corpo come “fuoco”, omaggio indiscusso al falò, può rianimare le frontiere culturali decentrate, le minoranze e le diversità. La reincarnazione in corpo di fascine è la rinascita di un essere, seppur simbolico e riflessivo, che rifiuta l’esclusione, i malesseri e le inquietudini più acute che si addensano nella trama sociale in cui viviamo. Non dimenticando che il nuovo corpo della Galindo come pira di fascine proietta “l’ombra densa dei nostri conflitti” (Zambrano).

Regina José Galindo è nata nel 1974 a Città del Guatemala dove vive e lavora.

Ha partecipato a importanti eventi come la 54a, 53a, 51a e 49a Biennale di Venezia. La XI Biennale Internazionale di Cuenca. La 29a Biennale di Arti Grafiche di Lubiana. La Biennale di Sharjah. La Biennale di Pontevedra nel 2010. La 17a Biennale di Sydney. La 2a Biennale di Mosca. La Prima Triennale di Auckland. La 1a Biennale di Arte e Architettura alle Isole Canarie. La 4a Biennale di Valencia. La 2a Biennale di Praga e la 3a Biennale di Lima. Galindo ha ricevuto il Leone d’Oro alla 51a Biennale di Venezia nel 2005. Nel 2011 il premio Prince Claus dei Paesi Bassi per la sua capacità di trasformare la rabbia personale e l’ingiustizia in potenti eventi pubblici che richiedono una risposta che sconvolge l’ignoranza e compiacenza di avvicinare l’esperienza degli altri. Nello stesso anno vince anche il premio alla 29a Biennale di Arti Grafiche di Lubiana. Nel 2007 il primo premio nella V edizione della ‘Imagen Inquieta’ in Costa Rica.

Galindo è anche una poetessa. Nel 1998 ha ricevuto il Premio per la poesia da Myrna Mack Foundation. I suoi testi sono parte di diverse antologie e riviste, e nel 1996 la Fondazione Coloquia ha pubblicato un suo libro personale.

Il suo lavoro è parte di collezioni internazionali come il Centro Pompidou, il Guggenheim di New York, la Tate Modern di Londra, la Essex Pricenton, MEIAC in Spagna, la Fondazione Teseco a Pisa, la Fondazione Galleria Civica, Trento, Italia, il Museo MMKA di Budapest, la Fondazione Mallorc in Spagna, la Fondazione Daros in Svizzera, il Blanton Museum in Texas, la collezione Gaia, la UBS Art Collectio, la Miami Art Museum, il Museo d’Arte Contemporanea di Costa Rica.

 


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