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Bracciante morto sotto il sole cocente, il medico legale: “polmonite aggravata dal caldo e da carenze igieniche”

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Foto Antonio Castelluzzo

Foto Antonio Castelluzzo

NARDO’ (Lecce) – “Un decesso causato da patologie naturali a causa di una polmonite”. Nelle scorse ore il medico legale Alberto Tortorella ha depositato gli esiti sull’autopsia eseguita sul corpo del bracciante sudanese Mohamed Abdullah il 20 luglio scorso stroncato da un malore mentre raccoglieva pomodori tra Nardò e Avetrana sotto un sole cocente.

Il consulente della Procura dice anche altro nella parte conclusiva del proprio elaborato: “Il decesso è stato favorito dall’attività lavorativa non certo leggera espletata in condizioni meteorologiche sfavorevoli per il caldo torrido di quella giornata; nonché dall’assenza di precauzioni di natura igienica e di qualsiasi iniziativa diagnostico-terapeutica: misure entrambe”, sottolinea il medico legale, “imperative e capaci, in questi casi, di modificare la prognosi della malattia e, quindi, di evitare il decesso del malato”. All’accertamento ha partecipato il consulente Roberto Vaglio per conto della famiglia del bracciante (assistita dall’avvocato Cinzia Vaglio). Insomma il medico legale Tortorella lascia intravedere che la morte del bracciante si sarebbe potuta anche evitare. Sulla scorta degli esiti della consulenza, il pubblico ministero Paola Guglielmi dovrà tirare ora le somme dell’indagine sulla morte del cittadino sudanese.

Nel registro degli indagati compaiono il nome della titolare dell’azienda Rita De Rubertis; del marito Giuseppe Mariano e di un altro cittadino sudanese che avrebbe svolto il ruolo di intermediario fra Mohamed e l’azienda. L’accusa ipotizzata è quella di omicidio colposo inconcorso. Quel giorno la colonnina di mercurio sfiorava i 40 gradi. Il 47enne era impegnato nella raccolta e nel carico di pomodori all’interno di apposite vaschette. Senza mai fermarsi. Un lavoro meccanico e sfiancante. Fino a quando Mohammed non ha avvertito un malore che non gli ha lasciato scampo. A nulla servirono i soccorsi prestati dai sanitari. Sempre il pubblico ministero Paola Guglielmi ha aperto un fascicolo d’indagine sul fenomeno del caporalato. Si tratta di un troncone parallelo all’inchiesta avviata dopo la morte del bracciante sudanese

L’accusa di caporalato è contestata per il momento nei confronti di Giuseppe Mariano, 74 anni, di Porto Cesareo e del mediatore senegalese che avrebbero reclutato manovalanza a basso prezzo da sfruttare poi nei campi. L’inchiesta si sta allargando a macchia di leopardo sulla scorta delle indagini condotte dai carabinieri del Ros e dagli ispettori dello Spesal.

Gli investigatori hanno depositato una prima informativa sul tavolo del magistrato inquirente. In tutti questi mesi sono state sentite decine e decine di lavoratori italiani e stranieri a sommarie informazioni. Il quadro emerso sarebbe a tinte fosche. Gli incroci di testimonianze raccolte dagli investigatori hanno fatto convergere l’attenzione sui ruoli ricoperti dal cittadino sudanese e dal titolare dell’azienda per cui lavorava Mohamed. Entrambi avrebbero gestito le redini del reclutamento. Sulla scrivania del magistrato è stata intanto depositata anche una consulenza a firma dell’ingegnere Claudio Leone sui contatti telefonici avuti mediatore senegalese. E sarebbe emerso materiale molto utile per il prosieguo delle indagini.

F.Oli.


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