PARABITA (Lecce) – Le intimidazioni del clan non avrebbero risparmiato nessuno. Neppure un rappresentante dell’Arma “colpevole” di aver corteggiato un’amica di Marco Giannelli. Un gesto ritorsivo sarebbe stato programmato nei confronti di un appuntato scelto dei carabinieri in servizio in una stazione del Basso Salento poi trasferito per motivi precauzionali. C’è traccia del livore per quella divisa che rappresenta lo Stato e il mondo della legalità in una conversazione intercettata dai carabinieri del Ros la mattina del 18 marzo. Mentre si trova in compagnia di Besar Kurtalija, Orazio Mercuri e di un altro soggetto sconosciuto Giannelli commenta: “adesso che prendo … gli tiro un pugno in faccia… gli spacco tutti i denti… alla Francesca ha seguito l’altra sera… gli dico io una cosa a quello, quello mi ha arrestato… non me ne frego, ma gli devo dare tanti di quei pugni in faccia… OMISSIS… se gli metto le mani addosso questa volta lo squarto. Pochi minuti dopo Giannelli, rimasto solo con Mercuri, ribadisce i propri propositi di punizione nei confronti del militare che doveva essere “purgato”.
Il presunto capo clan aggiunge che Fernando Cataldi (25enne di Collepasso altro arrestato) era conoscenza su dove abitava il militare: “i morti suoi, … lo devo spaccare in due… i morti di sua madre, ma come si permette. Mi ha fatto prendere il nervoso… l’ha seguita proprio… guarda che se lo prendo ora davvero lo squarto sai? Ma io me la faccio davvero la galera (bestemmia) lo purghiamo compà. Per forza, adesso ha proprio rotto i coglioni… tanto Fernando mi ha detto dove sta…” “
“Appare del tutto evidente” scrive il gip Alcide Maritati nella propria ordinanza, “come queste conversazioni rappresentino plasticamente la “mafiosità” prima che la pericolosità sociale dei personaggi oggetto della presente indagine, i quali – oltre a compiere quotidianamente illeciti di varia natura – hanno anche il chiaro obiettivo di mantenere il controllo del territorio da loro considerato “cosa propria” e di imporre a chiunque vi viva o vi operi (semplici cittadini o rappresentanti delle istituzioni, civili o religiose) il loro dominio, imposto con la forza di intimidazione promanante dal vincolo associativo”.
F.Oli.