Il caso della nube tossica sprigionatasi dal deposito dell’ “Aspica Recycling” giovedì scorso finisce all’attenzione della Procura.
In giornata i carabinieri della stazione di “Santa Rosa” hanno depositato una prima annotazione di servizio finita (temporaneamente) sul tavolo del vice procuratore generale Ennio Cillo, sempre sensibile sulle tematiche ambientali.
Non è stata ancora aperta formalmente un’indagine. Il fascicolo dovrà essere assegnato ad un magistrato del pool specializzato nella lotta contro i reati ambientali. Inizialmente si procederà per incendio doloso aggravato.
Ulteriori ipotesi di reato potranno emergere solo con gli esiti di indagini suppletive. L’attenzione della Procura rimane, però, alta per accertare se l’incendio abbia provocato danni all’ambiente. Questo primo incontro delle forze dell’ordine con il procuratore Ennio Cillo è servito per fare il punto sulla situazione a pochi giorni dall’incendio.
I primi rilievi eseguiti dall’Arpa (l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) tenderebbero a tranquillizzare la cittadinanza fugando il rischio di allarmismi ambientali come spesso accade. Le cinque centraline installate nella zona industriale dove sorge l’azienda per monitorare la qualità dell’aria non hanno rilevato sforamenti per determinate sostanze.
Per eventuali aumenti di inquinamento relativi ad altri inquinanti (come la diossina) ci sarà bisogno di accertamenti maggiormente approfonditi. La nube tossica si è alzata in cielo in pochi minuti rendendo l’aria irrespirabile per ore. E con l’assenza di vento miasmi e tanfi si sono stagnati per almeno due giorni allargandosi nei paesi di Surbo, Trepuzzi fino alla periferia di Lecce.
Nell’immediatezza lo stesso assessore all’Ambiente di Lecce l’assessore Andrea Guido invitò i cittadini a tenere porte e finestre rigorosamente chiuse, Preannunciò anche azioni a danno dei responsabili qualora venissero accertati rischi per la salute pubblica.
E’ possibile che i residui di polveri sottili abbiano potuto arrecare danni all’ambiente e, di conseguenza, ai residenti.
Le successive indagini della Procura dovranno effettivamente accertare se quella nube tossica di colore nero pece abbia potuto lasciare dietro di sé una scia di inquinamento. Il vasto incendio, in viale Gran Bretagna, mandò in fumo cataste di carta, plastica e imballaggi stoccati all’aperto e destinati allo smaltimento sprigionando fiamme molto alte.
Sul posto per ore furono impegnati i vigili del fuoco del comando provinciale di Lecce, carabinieri e polizia. Parallelamente all’eventuale disastro ambientale, le indagini proseguono per stabilire chi e perché abbia appiccato le fiamme provocando un disastro di simili proporzioni. L’azienda era finita sotto sequestro e aveva cambiato proprietà appena 24 ore prima con la nuova assegnazione effettuata attraverso un’asta giudiziaria.
Una coincidenza su cui si stanno concentrando le indagini dei carabinieri attraverso l’acquisizione dei filmati degli impianti di videosorveglianza della zona. In attesa di capire se l’incendio abbia provocato danni alla salute in una zona diventata per giorni una sorta di imbuto tra la centrale di Cerano e un rogo di carta e plastica nella zona industriale.
Francesco Oliva