NARDO’ (Lecce) – Ritorsioni per evitare il trasferimento nonostante un avanzamento di carriera. Pur di farsi revocare il trasferimento dall’incarico di operatore presso il comprensorio di Nardò alla qualifica superiore di capo squadra presso il comprensorio di Galatina. Incendi all’auto privata dell’allora responsabile d’area del compartimento di Lecce e alla sua abitazione estiva. Cosimo Anglano, di Nardò, 67 anni, ex dipendente dell’acquedotto pugliese ora in pensione, è stato condannato ad 1 anno ed 8 mesi di reclusione con le accuse di minacce, danneggiamento seguito da incendio e violenza a incaricato di pubblico servizio.
Il vpo di udienza aveva chiesto due anni di reclusione. Il giudice Marcello Rizzo ha assolto l’imputato (difeso dagli avvocati Massimo Muci e Gianpiero Geusa) dall’incendio dell’auto dell’Acquedotto che si era costituita parte civile. L’uomo finì ai domiciliari nel luglio di quattro anni fa con un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari, Cinzia Vergine su richiesta del sostituto procuratore Giuseppe Capoccia. L’arresto scaturì a seguito di articolate indagini iniziate nel 2008. Tra aprile di quell’anno ed ottobre del 2010, nel territorio di Nardò, infatti, si verificarono sospetti danneggiamenti di autovetture in dotazione all’Acquedotto.
In fiamme finì anche l’abitazione estiva del responsabile d’area. Inoltre, sulle utenze telefoniche di rete e fissa e mobile della vittima, erano arrivate anche molteplici minacce che facevano riferimento ai vari attentati incendiari e tutte finalizzate a far revocare un trasferimento disposto nei confronti del dipendente neretino dell’Aqp. L’attività investigativa consentì agli investigatori di raccogliere elementi di responsabilità a carico di Anglano, che avrebbe agito per costringere il suo superiore a revocare il provvedimento legittimo con il quale, nel settembre 2007, ne aveva disposto il trasferimento. In particolare le indagini consentirono di accertare che le telefonate minatorie e la rivendicazione degli atti incendiari, erano partite da cabine telefoniche, utilizzando schede prepagate. L’analisi dei dati delle stesse, oltre agli interrogatori dei soggetti (di Taranto e Pescara) che avevano ricevuto le telefonate, consentirono di individuare l’autore delle telefonate.
F.Oli.