GALLIPOLI (Lecce) – Ha confessato di avere avuto rapporti commerciali per l’acquisto di bibite ma alla domanda se abbia subito un’estorsione per mano di Fabio Pellegrino ha riferito che in quella circostanza il 29enne di Galatone sarebbe rimasto in silenzio. Nuova udienza nel processo scaturito dall’operazione “Baia Verde” con cui i carabinieri del Ros smantellarono le nuove leve del clan Padovano nel giugno di un anno fa. In videoconferenza è stato sentito V.C., una delle presunte vittime delle estorsioni nell’ambito dell’unico troncone processuale in cui Pellegrino ha scelto di essere giudicato con l’abbreviato condizionato dall’ascolto proprio di una delle persone offese. La difesa, rappresentata dagli avvocati Luigi Corvaglia e Roberto De Mitri Aymone, ha prodotto le fatture che V.C. non avrebbe pagato a Pellegrino. L’imputato si sarebbe limitato a chiedere le somme che gli erano dovute.
Nella scorsa udienza la persona offesa indirizzò al gup Stefano Sernia una lettera con cui spiegava che era impossibilitato a raggiungere Lecce per via del suo stato di indigenza. E si è così proceduto con l’ascolto in videoconferenza. Il gup ha inoltre accolto la richiesta di sentire sempre in videoconferenza il collaboratore di giustizia Gioele Greco. Nei suoi verbali il 28enne leccese ha tirato in ballo alcuni soggetti del clan Padovano che avrebbero compiuto estorsioni per conto del sodalizio.
Il processo è stato aggiornato a martedì prossimo quando il procuratore aggiunto Antonio De Donno dovrebbe anche formulare le richieste di condanna. In abbreviato secco, invece, hanno scelto di essere giudicati in 13: Angelo Padovano, 25enne, figlio di “Nino Bomba”, ritenuto uno dei presunti promotori dell’organizzazione; Gabriele Cardellini, 30; Alessandro Oltremarini, 28; Fabio Negro, 39; Carmelo Natali, 40; Antonio Manna, 33; Rosario Oltremarini, 45 tutti di Gallipoli; i leccesi Giovanni Parlangeli, 33; Gabriele Pellè, 37; Roberto Parlangeli, 37, di Magliano, frazione di Carmiano; Alessio Fortunato, 31, di Squinzano; Luciano Gallo, 45, di Martano; Luciano Nuccio, 43, di Tricase. In cinque hanno scelto il rito ordinario: Amerigo Liaci, 33; di Gallipoli; Ubaldo Luigi Leo, 50 e Sergio Palazzo, 34, di Lecce; Luca Tomasi, 41, di Carpignano Salentino; Giovanni Rizzo, 46 anni, di Taviano.
Il processo si è aperto lo scorso 5 ottobre dinanzi ai giudici della seconda sezione collegiale. L’indagine condotta dai carabinieri del Ros di Lecce svelò intrecci familiari in una dinastia criminale in salsa gallipolina in cui il ruolo di vertice ricoperto un tempo da Salvatore sarebbe stato rilevato dal figlio Angelo. E poi estorsioni ai gestori dei lidi e delle discoteche della costa jonica. Un florido business sul quale la criminalità aveva allungato i suoi tentacoli. Dal vortice delle intimidazioni non sarebbe stato risparmiato neppure il primo cittadino di Gallipoli, Francesco Errico, avvicinato, secondo le indagini, dal clan con l’intento rispedito al mittente di potersi aggiudicare la gestione dei parcheggi estivi nella zona “Baia Verde”, da cui il nome dell’indagine.
E per garantirsi il monopolio degli introiti tramite i servizi di guardianìa l’organizzazione, avrebbe estromesso da ogni affare il gallipolino Gianluca De Giorgi (titolare della Az Securtatem) con gli imprenditori lasciati davanti ad un bivio: accettare prima l’azienda di Fabio Pellegrino e poi quella di Luca Tomasi. Il collegio difensivo è completato dagli avvocati Angelo Ninni, Stefano Prontera, Francesco Cazzato, Marcello Falcone, Francesco Fasano, Giampiero Tramacere, Antonio Savoia, Pantaleo Cannoletta, Luigi Carrozzini, Luigi Suez, Anna Paola Trisolino, Biagio Palamà, Michelangelo Gorgoni, Gabriele Valentini, Luigi Corvaglia, Mario Coppola, Gianluca Ciardo e Antonio Bolognese.
F.Oli.