COPERTINO (Lecce) – Rapinarono per strada due noti commercianti con azioni assai violente. Attimi interminabili se in quei pochi secondi i banditi puntano una pistola all’altezza della tempia e della gola.Oltre vent’anni di carcere sono stati inflitti in primo grado ai quattro giovani rapinatori di Copertino finiti in manette il 23 maggio di due anni fa per le rapine del 9 gennaio e del 5 febbraio del 2013 compiute ai danni di Alessandro De Luca e Simone De Lumè, di 33 e 25 anni, rispettivamente di Novoli e Carmiano. Il primo, vice responsabile del supermercato “Dico” di via Casole a Copertino, il secondo, titolare della gioielleria di famiglia in piazza Venturi, sempre nella città di San Giuseppe.
Il gup Stefano Sernia ha condannato in abbreviato a 5 anni e 8 mesi di reclusione Gianluca Calabrese (a fronte di una richiesta di 4 anni e 4 mesi invocata dal sostituto procuratore Maria Rosaria Micucci); 5 anni e 2 mesi per Mirko D’Adamo, 27; 5 anni ad Andrea Riccardo Frisenda, anch’egli 28enne, (così come richiesto dal pm) e Cosimo Salvatore Suppressa, 27 (3 e 4). Le accuse a vario titolo erano quelle di rapina aggravato, danneggiamento seguito da incendio, detenzione d’arma e violenza privata.
Il collegio difensivo, rappresentato dagli avvocati Giovanni Valentini, Mario Ciardo, Antonio Degli Atti e Ladislao Massari, aveva sostenuto che l’intero castello accusatorio si doveva ritenere lacunoso perchè fondato principlamente su indizi.
Il primo assalto venne consumato ai danni del supermercato “Dico”. Il vice-responsabile dell’esercizio commerciale De Luca, dopo avere chiuso, sarebbe stato costretto a disinserire l’allarme consentendo così ai rapinatori di entrare ed appropriarsi di circa 3 mila euro e di un televisore mentre De Luca sarebbe stato rinchiuso in macchina.
Il secondo assalto si consumò alcuni giorni dopo ai danni della gioielleria De Lumè, in piazza Venturi, sempre a Copertino. I banditi avrebbero fermato per strada il contitolare Simone De Lumè, costringendolo a fornire loro il codice del sistema d’allarme. I banditi penetrarono così nella gioielleria e portarono via un incasso di oltre 40 mila euro. Inoltre tennero in ostaggio il titolare in un luogo isolato.
Le indagini, condotte dai carabinieri della Tenenza di Copertino coordinati dai colleghi della Compagnia di Gallipoli, consentirono di stanare la batteria di rapinatori con un’indagine così come dichiarò in conferenza stampa il procuratore aggiunto Antonio De Donno, “di tipo tradizionale”. Calabrese venne identificato perchè le due vittime riuscirono a memorizzare alcuni dettagli di uno dei quattro banditi incappucciati, nonostante la situazione di puro terrore. L’altezza di più di 1,90, di quello che da un complice veniva chiamato Gianluca, un orologio al polso con la scritta “D & G”, un paio di scarpe Adidas, si rivelarono caratteristiche e indizi che portarono i militari a ritenere che quel Gianluca facesse di cognome Calabrese. Con la perquisizione in casa del 26enne, furono trovati i jeans, le scarpe, l’orologio, ma anche una banconota da 100 euro macchiata di sangue (tracce ematiche erano state trovate nella gioielleria).
Ai presunti complici, poi, gli investigatori arrivarono attraverso le celle telefoniche che collocarono gli altri tre indagati nei posti e negli orari in cui si consumarono le due rapine. E per non farsi riconoscere, ad un commerciante venne infilata la testa in una federa di cuscino e all’altro fu intimato di mantenere lo sguardo basso. Per un vizio di forma, dopo diciannove giorni di carcere Il Tribunale del Riesame scarcerò tutti e quattro i giovani.
F.Oli.