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Morte del pastore albanese: datore di lavoro rinviato a giudizio con l’accusa di omicidio colposo

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omicidio-torre-lapillo5PORTO CESAREO (Lecce) – La morte del pastore albanese Quamil Hyraj finisce in un’aula di tribunale. Il gup Giovanni Gallo ha disposto il rinvio a giudizio del datore di lavoro Giuseppe Roi, 32 anni di Porto Cesareo, con l’accusa di omicidio colposo. Sotto processo è finito anche Angelo Roi, 69 anni, padre di Giuseppe, con l’accusa di simulazione di reato, quest’ultimo assistito dall’avvocato Anna Denise Berio. L’istruttoria si aprirà il prossimo 10 dicembre dinanzi al giudice della prima sezione monocratica. La decisione del gup è arrivata dopo un’udienza preliminare piuttosto animata con richieste di difesa e accusa rigettate dal giudice.

Gli avvocati di Roi, i legali Francesca Conte e Giuseppe Romano, aveva avanzato richiesta di far giudicare il proprio assistito in abbreviato condizionato dall’acquisizione di una perizia tecnica a firma del generale ora in congedo Luciano Garofano che avrebbe fornito una ricostruzione alternativa dell’azione di fuoco se comparata con la relazione allegata agli atti d’indagine. Per l’ex comandante, infatti, non si poteva escludere che i colpi fossero partiti da una carabina in quanto per terra non furono ritrovati bossoli. Di certo è che l’arma, una pistola calibro 22, non è mai stata ritrovata.

Gli avvocati di parte civile, invece, avevano chiesto che venisse modificato il capo d’imputazione da omicidio colposo in omicidio volontario così come inizialmente ipotizzato dalla Procura quando venne emessa la custodia cautelare a carico del datore di lavoro. Al riguardo gli avvocati di parte civile avevano prodotto anche una corposa documentazione.

omicidio-torre-lapilloIl quadro accusatorio, invece, rimane quello deciso dal Tribunale del Riesame. I giudici del Tribunale della Libertà, infatti, modificarono l’imputazione da omicidio volontario con dolo eventuale in omicidio colposo. Il datore di lavoro non avrebbe avuto la volontà di ammazzare ma avrebbe agito “con imprudenza, negligenza, imperizia pur consapevole della presenza del suo pastore” così come scriveva il sostituto procuratore Giuseppe Capoccia nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari.

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Lecce, il 6 aprile di un anno fa Roi esplose due colpi di pistola in direzione di un vecchio frigorifero posizionato, però, nella stessa direzione sulla quale, alcuni metri più avanti, oltre i muri perimetrali di un’abitazione, si trovava fermo Hyraj. Il pastore era impegnato a vigilare sul gregge e, udito il primo colpo dell’arma, si voltò e si sporse oltre la sommità della parete per osservare l’accaduto e venne così colpito in fronte.

Sotto processo è finito anche il padre di Roi. Secondo la Procura avrebbe presentato una denuncia ai carabinieri di Campi – dopo che era stato consumato l’omicidio del pastore – con cui raccontava un fantomatico furto di ventitre “agnelli da ricrescita”. In tal modo avrebbeai carabinieri l’ipotesi che l’omicidio fosse stato commesso in occasione del furto di ovini. Un tentativo maldestro di eludere le indagini sul figlio. I fratelli della vittima, Gentjan Hyraj e Fationa Vreko, si sono costituiti parte civile con l’avvocato Cristiano Solinas. Con loro anche altri familiari del 23enne.

F.Oli. 


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