Furbi, informati, attenti lettori dei quotidiani locali, pronti a “tagliare fuori” complici ormai bruciati. Ma anche consapevoli di poter essere individuati da un momento all’altro – com’è poi effettivamente accaduto -.
Questo il profilo di alcuni componenti la banda che lo scorso anno perpetrò il furto di armi e munizioni ai danni della forestale di San Cataldo.
L’inchiesta, come detto, si allarga ad altri 5 indagati, oltre ai 5 già finiti in carcere negli scorsi mesi – tre sono ai domiciliari -.
Nel corposo fascicolo che porta in calce la firma del pm Massimiliano Carducci, intercettazioni ambientali e telefoniche che raccontano i momenti seguenti il colpo e gli umori dei diretti interessati in parallelo alle indagini svolte dai carabinieri, la possibilità di piazzare le mitragliatrici M12 trafugate, e quella di prendere le distanze da chi aveva ricevuto la visita delle forze dell’ordine.
(Al momento, per quella vicenda in manette sono finiti Antonio Boris Arcati, 35enne di Leverano; Angelo Buccarella, 45 anni di Porto Cesareo; Ermanno Bianco 41enne di Porto Cesareo, ora tutti e tre ai domiciliari ; Antonio Cosimo Drazza, 34anni nato in Germania e da ultimo, Salvatore Conte, 48enne di Leverano, entrambi in carcere.
Indagati anche Fernando Aronne, 52 anni, carabiniere in servizio nel Salento, Kristian Rocchino Torsello, 38enne di Porto Cesareo e la moglie, Melissa Romano, di 37 anni, Roberto Napoletano, 29enne di Squinzano e Gianni Semerano, 33 anni di Leverano).
Di seguito, uno stralcio dei dialoghi tra Angelo Buccarella, 44enne di Porto Cesareo ed Ermanno Bianco, 41enne di Porto Cesareo, impiegato civile del Corpo forestale dello Stato, circa la posizione di Antonio Boris Arcati, 34enne di Leverano (tutti e tre furono arrestati lo scorso novembre).
Nell’autovettura di Bianco, nel settembre del 2014, si commenta senza difficoltà, la perquisizione domiciliare nei confronti di Arcati in seguito alla quale era stata trovata parte degli arnesi utilizzati per commettere il colpo e ancora prima, il rinvenimento di parte spicciola della refurtiva in campagna. Bianco e Buccarella, secondo gli investigatori, tradiscono da un lato il timore di essere scoperti e dall’altro la necessità di tagliare i ponti con Arcati, le notizie apparse sulla stampa locale li tengono sul filo di lana.
BIANCO: Però è stato cogl….proprio, cu nu me rumpene le scatole a mie…Tu dentro casa, quanto più lontano avevamo detto…doveva…doveva essere tutto di qua, tutto al contrario. Meno male che il numero di telefono mio non se l’è mai preso…perché quella è la prima cosa che controllano, no?
BUCCARELLA: Se lo sono portato?…Com’è che non se lo sono portato? No, no, non se lo sono portato…
BIANCO: Come no? Strano…
BUCCARELLA: No…no
BIANCO: Strano…
BUCCARELLA: L’hanno pure a tele….
BIANCO: Uh
BIANCO: Ora, sicuramente esce domani sul giornale no?
BIANCO: Ora sconta tutto, basta che non…
BUCCARELLA: No quello proprio …già sa cosa deve fare
BIANCO: Eh, mica ce l’aspettavamo che fosse così cogl…
Arcati, ritenuto prima in qualche modo braccio operativo di livello per le sue capacità di maneggiare fiamma ossidrica e arnesi da scasso, poi viene definito “scigghiatu”, confusionario
BUCARELLA: Quel cogl…sei stato così spiertu ad andare, ad entrare a prendere queste ca…di bombole, ad uscire, a montarle, a fare il lavoro ca…! Lasciale là, oppure portatele di nuovo e vai a nascondertele in campagna…eh, non hanno buttato niente. Tutto quello che avevo addosso ho buttato tutto! Io ogni lavoro così faccio.
BIANCO: Occhio allu scigghiatu, cu nu te lu carichi sobbra
BUCCARELLA: No, no, che mi devo caricare…
BIANCO: Che non sia mai che ce l’hanno sotto controllo
BUCCARELLA: Sicuramente sai
BIANCO: Che non facciano due e due poi e che vengano a rompere le scatole qua
BUCCARELLA: No, ma io non lo chiamo più
Di Fabiana Pacella