LECCE – Dodici anni ciascuno per l’aggressione a sfondo razzista di un ambulante di soli 17 anni originario della Guinea Bassau avvenuta il 26 luglio scorso nei pressi del lido “La Cambusa” di Torre Chianca. Il gup Simona Panzera nel processo in abbreviato ha così adottato il pugno duro nei confronti dei due imputati: Mirko Castelluzzo e Federico Ferri, rispettivamente di 38 e 26 anni, residenti a Lecce, accusati di tentato omicidio aggravato dall’odio razzista (da intendersi il reato più grave). Il gup ha inflitto una pena superiore a quella invocata dal pubblico ministero di udienza Massimiliano Carducci (titolare delle indagini era la collega Paola Guglielmi). Il rappresentante della pubblica accusa aveva invocato undici anni e quattro mesi per Ferri e dieci per Castelluzzo. Il giudice è andato ben oltre disponendo anche l’applicazione della libertà vigilata per due anni per i due imputati non appena avranno espiato la pena. Ferri è stato assolto dall’accusa di resistenza a pubblico ufficiale.
Eppure gli avvocati difensori Giancarlo Dei Lazzaretti e Benedetto Scippa avevano chiesto la riqualificazione del reato da tentato omicidio in lesioni personali e di non riconoscere l’aggravante dell’odio razziale. Su un’eventuale riqualificazione giuridica del fatto era stata interpellata anche la Cassazione. Anche i giudici della Suprema Corte, però, confermarono il quadro accusatorio della procura leccese rimasto granitico fino al pronunciamento della sentenza. Il giudice ha anche disposto che la locale Associazione Internazionale dei Diritti Umani, costituitasi parte civile con l’avvocato Cosimo Castrignanò, venga risarcita in separata sede. Per impugnare in Appello la sentenza bisognerà attendere il deposito delle motivazioni previsto per i prossimi 90 giorni. Inizialmente gli avvocati difensori avevano chiesto che Ferri e Cstelluzzo venissero giuicati con l’abbreviato condizionato dalla’ascolto della persona offesa. Per il gup Simona Panzera le dichiarazioni rilasciate dal giovane africano nel corso delle indagini si dovevano ritenere sufficienti.
Il fatto di cronaca suscitò indignazione e scalpore per dinamica e movente da brividi. L’aggressione si consumò tra l’indifferenza dei tanti bagnanti presenti. Il giovane, attualmente irreperibile ma residente fino a poco tempo fa a Lecce, venne picchiato, trascinato in mare e tenuto con la testa sott’acqua per alcuni secondi. Il movente? Il giovane, ricostruirono gli agenti di polizia, rivendicò la restituzione di un paio di occhiali da sole che – secondo la sua testimonianza – erano stati rubati poco prima. All’arrivo della polizia, poi, un gruppo di facinorosi circondò le volanti inveendo contro gli agenti e insultando la vittima per il colore della pelle. Gli aggressori furono arrestati poco dopo.
In sede di udienza di convalida, Castelluzzo e Ferri (ancora detenuti) fornirono una ricostruzione completamente differente dell’accaduto. In particolare Castelluzzo raccontò di aver difeso la figlia da un approccio sessuale tentato dal giovane africano. Da qui la richiesta dei legali di non contestare l’aggravante dell’odio razziale. poche ore dopo l’aggressione la tensione si alzò ulteriormente. Una bomba venne piazzata all’ingresso dello stabilimento. L’esplosione provocò notevoli danni alla struttura. Le indagini della Squadra mobile sono ancora in corso per comprendere se ci sia un collegamento tra l’aggressione ai danni di un giovane africano e l’intimidazione ai danni del lido.
F.Oli.