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Quelle «convergenze parallele» tra Pd e Forza Italia, mentre a Trepuzzi Taurino si impone

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SALENTO – C’è una «corrispondenza di amorosi sensi» (tanto per rubare le parole al Foscolo) tra i segretari provinciali del Pd e di Forza Italia e lo spirito dell’estinta Democrazia Cristiana. Del resto, nella politica italiana il fantasma dello scudocrociato continua ad aleggiare (e i democristiani, seconde e terze file di quella che chiamiamo impropriamente «Prima Repubblica», pullulano e spesso sono ancora al potere). Si tratta frequentemente di un modo pragmatico di fare politica, specie nelle amministrazioni locali, anche se i detrattori usano termini più forti come «inciucio» e «ammucchiata».

La storia politica del nostro Paese non è nuova ad alleanze che possono sembrare improbabili. Così, può succedere che, nonostante l’assioma dell’«essere sempre alternativi alla sinistra» portato avanti da Vitali, il segretario provinciale di Forza Italia, Paride Mazzotta, si lasci andare a quelle «convergenze parallele» di morotea memoria e sottoscriva accordi col Pd di Piconese in diverse realtà locali. Sarà l’influenza di Aloisi, democristiano doc? Le convergenze parallele sembrano un ossimoro, ma pare che nella geometria iperbolica due rette parallele possano incontrarsi e convergere all’infinito.

Quindi, mai dire mai, ci vuole un certo relativismo per fare politica. Sembra anche che l’attribuzione ad Aldo Moro di questo concetto sia una leggenda metropolitana. L’ossimoro «convergenze parallele» fu certamente usato nel congresso della Dc di Firenze del ’59, a cui Renzi potrebbe essersi ispirato per il Patto del Nazareno prima e per l’abbraccio a Verdini poi. A livello locale, dunque, vengono recepiti gli strani imput romani. Anche se il segretario del Pd Piconese non è nuovo ai patti col centrodestra, avendoli sperimentati a Uggiano La Chiesa ormai da anni. Ecco le parole che usarono nel ’59 i democristiani: «In tale direttrice diviene indispensabile progettare convergenze di lungo periodo con le sinistre, pur rifiutando il totalitarismo comunista».

A Taviano, se la «strana coalizione» dovesse vincere, si prevedono convergenze di lungo periodo tra destra e sinistra. «Ci alleiamo con Forza Italia perché miriamo a creare uno schieramento largo e inclusivo», spiega Salvatore Piconese. La segreteria provinciale Pd, come un caterpillar, ha fatto fuori tutti quelli che remavano contro la sua linea politica: ha cominciato con Serra a Cavallino, commissariandolo e alleandosi con Forza Italia e poi ha finito il lavoro con Ria, che ha dovuto ritirarsi dalle primarieStessa determinazione da parte di Paride Mazzotta, che forte dell’asse con Caroppo e Aloisi, ha rivendicato la sua autonomia sui comuni inferiori a 15 mila abitanti e ha stretto alleanze che fino a qualche tempo fa sembravano improbabili. «Alleanze incoerenti rispetto a quello che si fa in altre realtà», visto che a Lecce la segreteria provinciale l’ha spuntata alleandosi con il fittiano Paolo Perrone, contro il volere di polibortoniani e fedelissimi di Vitali, che chiedevano di aspettare per compattare il gruppo e alzare la posta in vista delle future amministrative.

Oggi non esiste più il rischio del totalitarismo comunista, come nel ’59, però, forse esistono valori diversi, che danno vita a programmi diversi, soprattutto a livello nazionale. «Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra?», si chiedeva Gaber. Un modo di essere? Un modo di atteggiarsi, come nella canzone? O ci sono delle diversità ideologiche? Chi è di centrodestra dovrebbe essere un conservatore liberale, molto orientato verso la riduzione dell’ingerenza dello Stato e un mercato un po’ più a briglie sciolte. Un economista di riferimento per chi la pensa in questo modo potrebbe essere Milton Friedman. Chi è di centrosinistra, invece, dovrebbe essere un riformista, progressista, più orientato al socialismo: i neokeynesiani come Stiglitz e krugman (anche se quest’ultimo è un economista citato perfino da Berlusconi) potrebbero essere gli economisti di riferimento.

Forse, però, questi sono solo fronzoli: dietro le scelte per le amministrative ci sono lotte di potere tra classi dirigenti, «arsenico e vecchi merletti», cioè i veleni delle regionali mai assopiti, lotta per le postazioni future in Parlamento, come nel caso del braccio di ferro tra l’asse Mazzotta – Caroppo -Aloisi e Vitali, e tanto altro. Nel Pd, invece è scontro tra protagonisti della vecchia segreteria e la squadra che fa capo a Piconese e Abaterusso. Basta guardare quello che sta avvenendo a Trepuzzi dove la segreteria provinciale ha fatto di tutto per evitare la candidatura del nemico giurato Giuseppe Taurino, quello che ha fatto perdere per pochi voti ad Abaterusso la sfida con Blasi. Gli aderenti al circolo Pd hanno scelto Taurino: in 95  su 125. C’è stato solo un no e tre astenuti.

Rampino, che oggi è un collaboratore stretto di Abaterusso, è ridotto in minoranza. Addio a Chirizzi, il «nome stefaniano» che la segreteria voleva supportare, pur non essendo del Pd. «A questo punto le primarie mi sembrano superflue» – si lascia scappare il segretario cittadino Giacomo Fronzi. Oronzo Valzano, l’attuale sindaco, ha fatto un passo indietro per il presidente dell’Arif. Questa è l’unica battaglia che la segreteria provinciale forse perderà. Ma poi saranno gli elettori di primavera a spiegarci chi ha veramente ragione.

Gaetano Gorgoni

ggorgoni@libero.it


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