Colpo di scena in Cassazione. Nelle scorse ore i giudici della Suprema Corte hanno annullato la condanna all’ergastolo per Giorgio Pianoforte, 52enne di Gallipoli, accusato dell’omicidio di Salvatore Padovano del 6 settembre del 2008. Confermato, invece, il carcere a vita per Pompeo Rosario Padovano, ritenuto il mandante del delitto del fratello e dell’eliminazione anni prima di Carmelo Greco nell’ambito del romanzo criminale gallipolino. Andiamo con ordine. I giudici della prima sezione penale della Cassazione hanno annullato con rinvio alla Corte d’assise d’appello di Taranto la condanna all’ergastolo per Pianoforte. Come si è arrivati ad un simile ribaltamento? L’avvocato difensore Luigi Corvaglia ha evidenziato come le accuse corroborate dalle sole dichiarazioni del killer reo confesso Carmelo Mendolia si dovessero ritenere inattendibili. Le sue testimonianze apparivano illogiche, inattendibili, contraddittorie in diversi passaggi. E il ricorso è stato accolto. Secondo l’impianto accusatorio, sostenuto dal procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone, Pianoforte avrebbe avvisato il killer della presenza di Padovano all’interno della pescheria “Il Paradiso del Mare” (di cui era titolare). Mendolia aveva appena urtato l’auto di Nino Bomba e chiese a Pianoforte di chi fosse quel mezzo. Chiamò così Nino Bomba attirandolo in un’imboscata. Il 47enne gallipolino è detenuto da sette anni. Sulla scorta della decisione dei giudici romani, già nei prossimi giorni la difesa presenterà richiesta di scarcerazione ai giudici della Corte d’assise d’appello di Taranto.
Non è la sola correzione apportata dagli ermellini. I giudici hanno annullato la sentenza per Massimiliano Scialpi, di 43 anni, di Gallipoli, limitatamente alla rideterminazione della pena perché era stato sbagliato il calcolo. Per gli altri imputati confermate in blocco le condanne di secondo grado. Il 47enne Fabio Della Ducata, già assolto in primo grado con la formula per non aver commesso il fatto dal concorso nell’omicidio di Nino Padovano, dovrà scontare undici anni ed otto mesi di reclusione così come Cosimo Cavalera, di 39. Per il collaboratore di giustizia 44enne Giuseppe Barba, è stata confermata la condanna a cinque anni e nove mesi di reclusione.
Il movente dell’omicidio di Nino Bomba si deve ritenere indubbiamente variegato per via delle molteplici ragioni di contrasto tra i due fratelli: la rivalità personale, (violento, esuberante, carismatico autoritario Salvatore Padovano, al quale non si poteva dire di no, pena il rischio di gravi conseguenze); più remissivo, probabilmente cresciuto nel contesto sbagliato, ma non per questo meno pericoloso Pompeo Rosario; il tradimento (vero o supposto) della moglie di Nino Bomba; il fatto che Salvatore fosse ostile ai suoi genitori e minacciasse persino di ucciderli. Dall’attività di intercettazione emergeva il livore nutrito da Rosario verso il fratello apostrofato come “il bastardo” di cui era costretto a subire la presenza(“stiamo patendo”) e del quale, in definitiva, intendeva liberarsi, uccidendolo o, quanto meno, facendolo arrestare.
E sui rapporti “bellicosi” tra i due fratelli parlò anche un altro collaboratore di giustizia, il sicario Carmelo Mendolia, assoldato per portare a termine la missione di morte. Rosario gli diede mandato di ammazzare il fratello in quanto “Salvatore se ne stava andando di testa per motivi personali, , che lo stava escludendo un po’ da tutto, voleva dare tutto alla sua compagna ed estraniare tutta la sua famiglia”.
Il collegio difensivo era completato dagli avvocati Giovanni Valentini, Ivana Quarta, Luigi Piccinni, Paola Scialpi, Angelo Ninni e Marcello Falcone. La moglie di Greco si era costituita parte civile con l’avvocato Silvio Giardiniero.
Francesco Oliva