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Uccise cittadino rom in un bar: ergastolo confermato in Appello per l’ex evaso “Triglietta”

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perrone-arresto-(1)TREPUZZI (Lecce) – Ergastolo anche in Appello. L’ex evaso Fabio Perrone è stato condannato al carcere a vita per l’omicidio del cittadino montenegrino Fatmir Fakovic freddato la notte del 28 marzo di due anni fa in un bar di Trepuzzi. I giudici di secondo grado (Presidente Vincenzo Scardia) non hanno concesso alcuno sconto di pena per l’ex latitante e dopo circa tre ore di camera di consiglio hanno confermato il verdetto di primo grado. Le accuse: omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dalla premeditazione, tentato omicidio e porto e detenzione di arma. Sono state confermate anche le provvisionali in favore delle otto parti civili assistite dagli avvocati Christian Quarta Federico Mazzarella De Pascalis: 80 mila euro per il figlio e 50mila per la moglie e le sorelle. La lunga giornata era iniziata con la requisitoria del vice procuratore generale Nicola D’Amato. “Una violenza scaturita per futili motivi e legata alla logica del “più forte, è stato il nerbo dell’atto d’accusa. “Motivi banali e che mai e poi mai avrebbero potuto giustificare una simile efferatezza”.

Subito dopo è stato il momento della lunga arringa difensiva dell’avvocato difensore Ladislao Massari. Il legale di Perrone aveva chiesto l’annullamento dell’aggravante dei futili motivi e l’applicazione dell’attenuante della provocazione. Secondo l’ipotesi difensiva, l’arma utilizzata per compiere l’omicidio (una crvna zastava calibro 9 semi automatica di fabbricazione serba), sarebbe stata inizialmente impugnata dalla vittima durante una colluttazione ingaggiata con Perrone. Il 42enne avrebbe così disarmato il cittadino montenegrino (residente nel campo rom “Panareo”) per poi scaricare contro una gragnola di colpi mentre Makovic cercava riparo nel bagno del bar. Il legale aveva insistito anche su un altro punto rappresentato dall’insussistenza dei futili motivi: il movente dell’omicidio non sarebbe stato mai ricostruito con precisione. Troppo debole l’ipotesi che Perrone avesse potuto impugnare la pistola per vendicare alcune offese rivolte dal figlio della vittima ad un’amica dell’ex evaso presente quella notte nel bar.

SPARATORIA TREPUZZILa Corte d’assise d’appello, però, ha confermato il castello accusatorio che si fondava sulle indagini dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Lecce (guidati dal capitano Biagio Marro) e dai successivi accertamenti coordinati dal pubblico ministero Francesca Miglietta. L’omicida puntò l’arma anche contro il figlio della vittima. Aprì il fuoco per ben 16 volte trasformando il bar in un saloon. Così come scriveva il gup Simona Panzera nelle motivazioni della sentenza di primo grado Perrone voleva uccidere anche una terza persona: il nipote della vittima. Insomma l’ex evaso avrebbe potuto compiere una strage. Proprio come sarebbe potuto accadere durante la fuga spettacolare dall’ospedale “Vito Fazzi” il 6 novembre scorso. Per una revisione della sentenza bisognerà attendere il deposito delle motivazioni. Subito dopo la difesa articolerà il ricorso in Cassazione. Nel frattempo si apre la grana risarcimento: Perrone è una persona impossidente e la richiesta danni delle parti civili sarà formulata nei confronti dello Stato.

F.Oli. 


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