LECCE – I Comuni sono troppo deboli e facilmente vulnerabili alle infiltrazioni della criminalità. Anticorpi bassi in diverse amministrazioni non riescono a combattere il virus delle ingerenze della criminalità. L’affondo su possibili commistioni arriva dal neo procuratore generale della Corte d’Appello di Lecce, Antonio Maruccia, fresco di nomina. Il pg prende la parola nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario assestando una bacchettata contro le amministrazioni comunali. “L’aggressione criminale alle amministrazioni comunali non è tanto l’espressione di una maggiore pericolosità dei clan quanto piuttosto esprime la debolezza dei Comuni, degli esponenti delle classi dirigenti locali, spesso isolate. E’ debole il tessuto sociale di solidarietà e di controllo democratico attorno alle istituzioni locali: una situazione che apre varchi facili alle infiltrazioni mafiose.
Un tema caldo, di estrema attualità, rinnovato dalle ultime operazioni antimafia e suffragato da alcuni dati. “Gli attentati ai sindaci e agli amministratori locali”, si legge nella relazione del pg, “colloca la Puglia e il nostro distretto ai primi posti della classifica stilata della Commissione parlamentare di inchiesta su questo fenomeno ed esprimono chiaramente il tentativo di condizionamento della pubblica amministrazione”. Nell’annualità presa in esame “sono state numerose le indagini che attestano collegamenti”, si legge nella relazione, “di esponenti di pubbliche amministrazioni comunali con la criminalità mafiosa”. E il pg snocciola le varie inchieste: “A Lecce, nella campagna elettorale per il Comune, a Squinzano con il coinvolgimento della presidente del Consiglio Comunale e poi a Gallipoli, Acquarica del Capo e, da ultimo, a Parabita con l’arresto del vicesindaco”.
La magistratura ha i necessari strumenti per arginare il fenomeno delle commistioni mafia-politica. Doverosa premessa nelle parole stesse del procuratore generale: “L’azione della Direzione distrettuale Antimafia, diretta dal procuratore capo Cataldo Motta e dall’aggiunto Antonio De Donno, continua ad essere il fiore all’occhiello per costanza di azione continuità di risultati”. Allora, qual è l’antidoto per combattere il malaffare in un substrato sociale spesso solidale con le organizzazioni? Il procuratore generale offre un possibile “elisir”: “Al netto delle difficoltà delle vittime a fornire contributi decisivi, occorre pensare a un rafforzamento e a un affinamento delle tecniche d’indagine. Al riguardo, la considerazione è di ordine generale: per la tutela penale della pubblica amministrazione delle infiltrazioni illecite, si tratti di corruzione o mafia, vanno mobilitate le migliori intelligenze investigative e gli strumenti tecnici più moderni. E i risultati arrivano come confermano varie vicende processuali”.
Parallelamente all’attività d’indagine affidata ad un pool di magistrati esperto ed affidabile, però, per il neo procuratore generale risulta fondamentale respirare un clima di fiducia nei cittadini. A loro si rivolge il procuratore nella chiosa finale: “Abbiamo bisogno della fiducia dei cittadini, non necessariamente del loro consenso. E abbiamo bisogno della fiducia delle altre istituzioni, soggette, nel rispetto delle regole, al nostro controllo di legalità. A tutti noi sarà richiesta competenza, preparazione e autorevolezza professionale per affrontare i compiti nuovi di tutela intelligente dei diritti che lo sviluppo della società moderna ci pone in modo problematico – talvolta drammatico – dall’ambiente, all’economia, dal contrasto alle mafie e alla corruzione. Sono fiducioso che lo sapremo fare”.
Francesco Oliva