SQUINZANO (Lecce) – Ha escluso eventuali infiltrazioni mafiose ribadendo di aver chiesto un alloggio popolare rispettando la procedura senza forzare il disbrigo di qualche pratica. Antonio Pellegrino, il presunto boss 41enne di Squinzano, ha rilasciato spontanee dichiarazioni nel corso dell’udienza preliminare sui presunti intrecci Mafia & Politica nel Comune di Squinzano. Nessun canale preferenziale strappato dall’allora sindaco Gianni Marra (altro imputato). In circa cinque minuti di deposizione, Pellegrino ha spiegato di aver chiesto l’assegnazione di un alloggio popolare per una situazione di invivibilità familiare. “Vivevo in un garage, con moglie, figlio piccolo e la madre affetta da problemi di salute”, ha precisato Pellegrino in aula.
Non ha parlato soltanto colui che, nelle ultime indagini antimafia, viene indicato come il boss di Squinzano. Anche l’allora sindaco Gianni Marra ha rilasciato spontanee dichiarazioni ribadendo con forza di aver agito sempre con assoluta trasparenza e senza mai farsi condizionare dall’interlocutore di turno. Sul banco degli imputati sono finiti anche l’allora Presidente del Consiglio Fernanda Metrangolo; il figlio Carlo Marulli, con trascorsi come presidente della locale squadra di calcio; Roberto Schipa, ex comandante della Polizia Municipale e l’imprenditore Lino Gabriele Lagalla.
Si tratta del “filone politico” parallelo al troncone principale d’indagine relativo ai blitz antimafia messi a segno nei mesi scorsi dai carabinieri nel nord Salento. Le dichiarazioni di due dei principali imputati sono state messe nero su bianco così come le richieste di rito formulate dagli avvocati difensori Giuseppe De Luca, Antonio Savoia, Francesca Conte, Elvia Belmonte e Paolo Spalluto. Pellegrino, la Metrangolo e il figlio Carlo hanno chiesto di essere giudicati in abbreviato. Gli altri, invece, hanno optato per l’ordinario. Sulla richiesta il gup Michele Toriello scioglierà le riserve il prossimo 31 marzo.
Gli imputati rispondono, a vario titolo, di abuso d’ufficio, corruzione in atti d’ufficio, falso ideologico e materiale. Il perno di tutta l’inchiesta ruota attorno all’ipotizzata assegnazione da parte di Marra di un alloggio popolare in favore di Pellegrino in barba alla graduatoria. Il primo cittadino avrebbe anche dato il placet alla falsa relazione del comandante dei vigili. Schipa, secondo l’accusa, avrebbe infatti attestato che la madre del boss si trovasse già in cura presso il Cim di Squinzano e che vivesse con il figlio nel seminterrato di Squinzano in via Occorsio. Per la Procura, tutto falso. Grazie a questa posticcia relazione l’allora sindaco avrebbe “requisito” l’alloggio di proprietà dell’I.A.C.P. per assegnarlo a Pellegrino “fornendogli l’esclusiva gratuita disponibilità dell’abitazione”. A scapito di tutti i cittadini di Squinzano che avrebbero potuto beneficiare dell’ assegnazione dell’alloggio.
Il reato di corruzione in atti d’ufficio viene contestato invece alla Metrangolo, al figlio Marulli e a Lavalla, nipote dell’ex assessore provinciale di FI. La Metrangolo, all’epoca Presidente del Consiglio Comunale, avrebbe fatto approvare dal Consiglio comunale una delibera che iscriveva come fuori bilancio il debito del nipote. Con questa “operazione” la Metrangolo avrebbe consentito all’imprenditore di ottenere il denaro in poche settimane per alcuni lavori eseguiti nel 2009. Lavalla, a sua volta, avrebbe contraccambiato al favore allungando una tangente da 2.500 euro versata – secondo le indagini – a Marulli.
F.Oli.