LECCE – C’è una tempesta silenziosa nel centrodestra leccese, che agita gli animi degli esclusi. Nel 2012 Paolo Perrone è stato rieletto sindaco con lo sforzo di tante squadre che sono scese in campo al suo fianco. Anche dietro Carmen Tessitore, assessore esterna mandata a casa per fare posto a Nunzia Brandi, c’era una squadra, capeggiata dal fratello, che ha supportato il centrodestra. Ora La Puglia Prima di Tutto non ha assessori, ma c’è anche chi resta escluso dalla giunta pur essendo il terzo degli eletti: si tratta di Damiano D’Autilia. L’ex presidente di Alba Service ha spiegato in passato di aver dovuto rassegnare le dimissioni dalla partecipata della provincia, «perché non aveva più senso fare il ‘curatore fallimentare’, visti i tagli di risorse e di commesse, avvenuti dopo la riforma delle province». Abbiamo provato a chiedergli il perché di questa esclusione. Ieri, nella riunione di maggioranza, D’Autilia ha espresso la sua amarezza, secondo le indiscrezioni trapelate. Oggi proviamo a farci spiegare le tante questioni irrisolte
– Perché Paolo Perrone continua a ignorare un patto stretto quattro anni fa, alla sua presenza e davanti al deputato Marti? Perché resta fuori dalla giunta il terzo degli eletti (venti voti in meno rispetto a Monosi, 50 rispetto a Messuti)?
«Il mancato rispetto dell’impegno preso con me, s’inserisce in un quadro più ampio. Se vengono violate regole e principi di riferimento nella conduzione di un gruppo, ci perdono tutti. E questo vale per il passato, per il presente e per il futuro e non certamente per me ma per tutti coloro che sposano un progetto politico, che si deve basare sulla credibilità, lealtà e serietà di chi lo propone.
– Mi sembra di capire che siamo di fronte a un vulnus delle regole del gioco? C’è una tempesta silenziosa in maggioranza: non sono stati rispettati i patti. Lei ha provato a ripetere al sindaco il mantra pacta sunt servanda (i patti devono essere rispettati), ma con scarsi risultati. Non le danno più retta?
«Capirà che se vengono meno questi principi poco vale il mio ingresso in giunta»
– Cosa succede? Perrone non si fida più di lei? Ci sveli i retroscena di queste scelte
«Non credo sia un problema di fiducia, diversamente avrebbe dovuto porlo nel momento in cui mi fu chiesto di fare un passo indietro (per guidare Alba Service, ndr) assumendosi, anche per conto del partito, un preciso impegno. Poi, non mi avrebbe chiesto di sostenere Congedo alle regionali, se non avesse avuto fiducia».
– Secondo lei, con le intercettazioni che sono venute fuori, è opportuno che Martini resti al suo posto?
«Rispetto alle vicende che hanno riguardato Martini, non intendo entrare nel merito. Io dico solo che se io avessi preso l’impegno che ha preso lui, mi sarei dimesso il giorno dopo in cui sono venute meno le condizioni che hanno animato un preciso accordo. Ma non tutti gli uomini sono uguali. Io ho dimostrato, nel passato abbastanza recente, di non essere legato alle poltrone, ma mi rendo conto che non tutti la pensano come me!»
– È vero che lei comincia a guardarsi intorno e a dialogare con Forza Italia?
«Io faccio una battaglia per il rispetto delle regole e sopratutto per i miei elettori, che sono quelli ad essere realmente traditi. Non ho aperto alcun dialogo, e non lo aprirò fino a quando non avrò chiarito con i rappresentati del mio partito la posizione, e sopratutto fino a quando non guarderò, tutti insieme, in faccia coloro che determinati impegni li hanno assunti».
Insomma, mi sembra di capire che in questi giorni rifletterà sul da farsi. Mi spiega, invece, che futuro hanno i Conservatori e Riformisti, secondo lei? Il movimento d’ispirazione anglosassone non viene preso in considerazione nei sondaggi nazionali. È un altro partito nazionale dello zero virgola?
«Non si può parlare di futuro se non si stabiliscono regole, metodi e principi a cui ispirarsi».
Fitto rischia di restare isolato e con sempre meno uomini al suo fianco?
«Raffaele Fitto ha compiuto una scelta coraggiosa, condivisibile e da sostenere. Ha da parte mia il più leale sostegno. Ma tutto ciò non può non passare da un’organizzazione seria sul territorio, che, allo stato attuale, è del tutto assente. Determinando così scelte di chi governa, autonome e prive della minima condivisione e partecipazione».
Gaetano Gorgoni