LECCE – Tanti, troppi. Sia d’estate che d’inverno. Di notte come di giorno. Gli incidenti stradali nel Salento sono in vertiginoso aumento. Nell’ultimo periodo, poi, l’età media delle vittime si è abbassata drasticamente. Lenzuoli bianchi, famiglie distrutte, intere comunità dilaniate dal dolore. Ogni volta il solito refrain. Con l’appello del parroco di turno che rivolge l’omelia ai giovani, ai genitori e a chi è deputato a tutelare la sicurezza sulle strade. I moniti, però, servono a ben poco. Mettono la sabbia sotto il tappeto. L’emergenza incidenti è un problema che andrebbe affrontato su più fronti. Con una maggior sensibilità ed educazione stradale certo. Con la consapevolezza che mettersi alla guida sotto effetto di sostanze stupefacenti o imbottito di alcol rappresenta un pericolo per sè, per chi siede accanto e per gli automobilisti che transitano sul tratto di strada sbagliato nel momento sbagliato. Il rispetto del codice della strada è un percorso educativo lungo e difficile che va avanti da decenni con campagne di sensibilizzazione. Si dovrebbero coinvolgere maggiormente le istituzioni scolastiche e non solo. Ma non basta.
Il problema è ben più complesso. Sarebbe riduttivo addossare le responsabilità unicamente al giovane automobilista, fresco di patente, all’abuso di alcol o di droghe, all’inconscienza di chi si mette alla guida sapendo di aver perso il contatto con la realtà. Nel Salento si muore anche per altre corresponsabilità spesso dimenticate. Molte strade provinciali dell’entroterra risultano inadeguate ed evidenziano crepe strutturali In particolare nel periodo estivo quando il traffico aumenta a dismisura. Strette, scarsamente illuminate, spesso sfornite di adeguate protezioni. Con alberi d’ulivo piantati ai margini delle strade e che, troppo spesso, si trasformano in muri d’acciaio. Per combattere l’emergenza la magistratura fa il suo. Cerca di correre ai ripari e spesso interviene. Dopo un incidente mortale il magistrato di turno dispone consulenze, rilievi e accertamenti e non di rado allarga il fronte d’indagine estendendo anche alla classe politica profili di eventuali responsabilità. Non è facile allargare il cono di un’inchiesta su un incidente stradale coinvolgendo le istituzioni.
I casi non mancano. Uno dei più recenti, però, può rappresentare uno spartiacque significativo. Sulla scorta di una consulenza per la morte di Francesco Brandolino, deceduto a soli 16 anni sulla provinciale Gallipoli-Mancaversa il pubblico ministero Donatina Buffelli ha iscritto tre funzionari della Provincia con l’accusa di omicidio colposo. La morte del giovane studente di Melissano, infatti, sarebbe stata causata da una mancata manutenzione su una strada di competenza dell’ente provinciale. Nell’udienza preliminare due dei tre funzionari di Palazzo dei Celestini sono stati prosciolti. Il giudice Stefano Sernia, però, ha disposto un’ordinanza “innovativa”. Ha trasmesso gli atti alla Procura per ravvisare eventuali negligenze a carico dei vertici provinciali per la mancata indicazione nel bilancio dei fondi e degli stanziamenti di nuove opere destinate alla riparazione delle strade provinciali. E forse, proprio dall’atto di coraggio di un giudice bisognerebbe ripartire per rileggere le stragi sulle nostre strade coinvolgendo definitivamente gli apparati istituzionali troppo spesso solo lambiti nelle inchieste per incidenti. Ecco perchè questa emergenza continua dovrebbe finire nell’agenda della politica locale con investimenti seri e immediati per rendere le nostre strade non più un cimitero e un lago di sangue all’ombra degli ulivi. Prima che l’emergenza non diventi una consuetudine a cui sarà scontato assuefarsi.
Francesco Oliva