SQUINZANO (Lecce) – I presunti intrecci Mafia & Politica a Squinzano finiscono al vaglio di un giudice. E’ stata fissata per il prossimo 28 gennaio l’udienza preliminare davanti al gup Michele Toriello così come richiesto dai pubblici ministeri Giuseppe Capoccia e Guglielmo Cataldi. In sei rispondono, a vario titolo, di abuso d’ufficio, corruzione in atti d’ufficio, falso ideologico e materiale: l’ex sindaco Gianni Marra; l’allora Presidente del Consiglio Fernanda Metrangolo; il figlio Carlo Marulli, con trascorsi come presidente della locale squadra di calcio; Roberto Schipa, ex comandante della Polizia Municipale; il presunto boss Antonio Pellegrino (arrestato a maggio dopo mesi di latitanza) e l’imprenditore Lino Gabriele Lagalla. Si tratta del “filone politico” parallelo al troncone principale d’indagine relativo ai blitz antimafia messi a segno nei mesi scorsi dai carabinieri nel nord Salento.
Il perno dell’inchiesta ruotava attorno all’ipotizzata assegnazione da parte di Marra di un alloggio popolare in favore di Pellegrino in barba alla graduatoria. Il primo cittadino avrebbe anche dato il placet alla falsa relazione del comandante dei vigili. Schipa, secondo l’accusa, avrebbe infatti attestato che la madre del boss si trovasse già in cura presso il Cim di Squinzano e che vivesse con il figlio nel seminterrato di Squinzano in via Occorsio. Per la Procura, tutto falso. Grazie a questa posticcia relazione l’allora sindaco avrebbe “requisito” l’alloggio di proprietà dell’I.A.C.P. per assegnarlo a Pellegrino “fornendogli l’esclusiva gratuita disponibilità dell’abitazione”. A scapito di tutti i cittadini di Squinzano che avrebbero potuto beneficiare dell’ assegnazione dell’alloggio. Il reato di corruzione in atti d’ufficio viene contestato invece alla Metrangolo, al figlio Marulli e a Lavalla, nipote dell’ex assessore provinciale di FI.
La Metrangolo, all’epoca Presidente del Consiglio Comunale, avrebbe fatto approvare dal Consiglio comunale una delibera che iscriveva come fuori bilancio il debito del nipote. Con questa “operazione” la Metrangolo avrebbe consentito all’imprenditore di ottenere il denaro in poche settimane per alcuni lavori eseguiti nel 2009. Lavalla, a sua volta, avrebbe contraccambiato al favore allungando una tangente da 2.500 euro versata – secondo le indagini – a Marulli. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giuseppe De Luca, Antonio Savoia, Francesca Conte, Elvia Belmonte e Paolo Spalluto.
Francesco Oliva