Erano già stati condannati per la rapina ai danni della tabaccheria “Vaglio” in via dei Platani, a Torre dell’Orso, una delle marine di Melendugno, ed erano fortemente sospettati di essere i protagonisti di ulteriori assalti nell’estate 2013. Ora, raccolte le prove, i due sono anche accusati di aver colpito altre sei volte. Si tratta di Carmine Pantaleo Calogiuri e Massimiliano Apollonio, accusati di rapina aggravata in concorso, detenzione illecita di arma da fuoco alterata, ricettazione in concorso e lesioni aggravate.
I due, tra Giugno e Luglio e luglio 2013, travisati e armati di fucile a canne mozze e pistola avrebbero assaltato supermercati e distributori di benzina a Castrì di Lecce, a Uggiano la Chiesa, a Borgagne di Melendugno, a Strudà di Vernole e a Castrignano dei Greci, seminando paura persino tra inermi turisti, così come avvenuto in occasione della rapina a Torre dell’orso, che, d’un tratto, videro materializzarsi davanti ai loro occhi i due banditi, entrati con passamontagna ed armati.
Il “colpo”, tuttavia, sfumò grazie ad un assistente di polizia di origini campane, in servizio presso la Questura di Napoli ed in vacanza nel Salento da qualche giorno, che lucidità e sangue freddo si avventò contro il rapinatore armato di fucile (successivamente identificato nell’Apollonio), che aveva rivolto l’arma contro il tabaccaio, bloccandolo. La reazione dell’agente, che sottrasse al linciaggio della folla il bandito fermato, mise in fuga anche l’altro malfattore, che scappò a piedi. Calogiuri, tuttavia, fu rintracciato poche ore dopo dai carabinieri della stazione di Melendugno e dai colleghi del Norm di Lecce, che lo ammanettarono mentre si trovava in auto, con la fidanzata, in giro per il paese.
Elementi gravi e concordanti quelli raccolti dai Carabinieri durante le indagini. La comparazione dei vestiti e dei passamontagna con quelli ritrovati in agro di Melendugno, dove all’interno di un trullo adibito a covo vennero ritrovate buste di plastica, passamontagna, felpe prive di maniche e, non meno importante, una pianta di fico, la stessa che ha lasciato innumerevoli residui sulla Fiat Uno rubata ed utilizzata dai malviventi, che lì sotto era stata parcheggiata. Un particolare apparentemente di poco conto, ma che, messo a confronto con altri elementi raccolti, ha consentito di stabilire con certezza che quel trullo fosse proprio la base logistica dei malviventi dove nascondersi e riorganizzarsi per nuovi colpi.
Inoltre le testimonianze che, in alcuni casi, sono state davvero certosine nel rilevare piccoli ma importanti elementi, quali tatuaggi, modi di camminare, accenti o particolari dell’autovettura utilizzata per il colpo, tutti puntualmente verificati e riscontrati, sono state inoltre sommate alla comparazione antropometrica delle figure registrate dai sistemi di videosorveglianza, all’analisi del DNA e la sua comparazione con quella dei sospettati e alle tracce biologiche rinvenute sui passamontagna ritrovati nascosti nel trullo.
Le analisi balistiche, poi, effettuate sul munizionamento esploso su diverse scene del crimine e comparate con il fucile a canne mozze che Apollonio imbracciava a Torre dell’Orso al momento del suo arresto, hanno consentito di stabilire con certezza che si trattava dello stesso fucile utilizzato in tutte le rapine contestate.
Apollonio, attualmente già in carcere per associazione mafiosa, e Calogiuri Carmine Pantaleo, associato presso la propria abitazione in regime di arresti domiciliari, resteranno a disposizione dell’A.G. mandante per l’interrogatorio di garanzia.