Nella diatriba fra gli Stati Maggiori giapponesi, l’unico compromesso cui l’Esercito era disposto a scendere riguardava le future operazioni anfibie dove la Marina si impegnava ad utilizzare un esiguo numero di divisioni. Pertanto, il Comandante in capo delle Flotte Riunite, l’ammiraglio Yamamoto grandissimo stratega navale, dovette scartare le alternative più onerose per l’Esercito e ripiegare sul piano proposto dalle Flotte Riunite, che prevedeva di occupare l’isola di Midway per trasformarla in una base aerea avanzata per un successivo attacco alle Hawaii. Era stato anche previsto che con ogni probabilità la flotta americana si sarebbe mossa da Pearl Harbor per andare in soccorso dell’isola ed allora Yamamoto avrebbe dato battaglia e distrutto definitivamente la forza aeronavale nel Pacifico; inoltre, veniva impostato un piano di invasione secondario delle isole Aleutine per portare la minaccia a ridosso delle coste americane, mantenendo il nemico nell’incertezza dell’obiettivo principale.
Il tutto si basava su fondamentali presupposti, dati per certi: che l’operazione fosse mantenuta segreta fino al momento dello sbarco; che sarebbe stato possibile individuare la dislocazione della flotta americana; che la flotta nemica si sarebbe mossa verso Midway solo dopo lo sbarco. Quest’ultimo presupposto era assunto con tanta sicurezza che non si prese mai in esame la possibilità che navi americane potessero essere nelle acque di Midway prima dello sbarco. Alcuni giorni prima del giorno fissato per lo sbarco, ricognitori a largo raggio dovevano sorvolare le Hawaii e Pearl Harbor per individuare la posizione delle squadre americane. Altri due cordoni di sommergibili, stesi fra Hawaii e Midway, dovevano avvistare la flotta americana ed avvertire Yamamoto. La flotta d’attacco era quanto di più formidabile si fosse visto nel Pacifico. La riuscita del piano era vincolata dai tre fattori accennati che, però, vennero a mancare tutti e tre compromettendo l’esito.
Il primo fattore, inerente al segreto, venne meno perché i Servizi segreti americani riuscirono a decrittare, sia pure in parte, il codice della Marina JN25, ritenuto ultrasicuro. Il secondo fattore era relativo alla conoscenza della posizione dell’avversario grazie alla ricognizione a largo raggio; ma, per una serie di circostanze, i ricognitori non partirono ed i sommergibili non avvistarono nulla ed i giapponesi si convinsero che gli americani continuassero ad essere lontani. Il terzo fattore relativo alle navi americane che si sarebbero mosse solo dopo aver ricevuto la notizia dell’attacco a Midway, veniva meno dopo che era caduto il primo. A questo si aggiunga che i Giapponesi erano convinti che la portaerei Yorktown fosse affondata dopo Pearl Harbor, mentre invece era stata resa operativa dopo solo 48 ore, e questo sconvolse i loro piani dal momento che credevano di avere contro solo 2 portaerei ed invece ne ebbero 3. Inoltre le portaerei americane erano molto più robuste ed avevano il ponte corazzato, mentre in quelle giapponesi le bombe penetravano negli hangar piene di benzina e munizioni, causando esplosioni e perdita dell’unità. Il piano statunitense prevedeva una concentrazione di forze tendente ad eliminare le 4 portaerei di Nagumo con un’azione di sorpresa.
Vi furono combattimenti furiosi e, come sempre in guerra, ci si mette il caso per modificare dei piani precisi. Infatti, il 4 giugno le portaerei giapponesi giunsero inavvistate alla distanza utile dei loro aerei. Ma l’orario di partenza delle 04.00 fu rispettato solo da due aerei sui 108 previsti; per difficoltà tecniche l’ultimo aereo decollò alle 05.00. Tuttavia alle 08.04, Nagumo ebbe la sorpresa di trovarsi di fronte una portaerei che credeva non esistesse più. Adottò le contromisure che, però, potevano essere prese non prima delle 10.30. Però, alle 09.20 le vedette giapponesi avvistarono numerosi puntolini, tanto numerosi da essere impossibile provenire da una sola portaerei. Alle 09.30 i primi 5 aerei americani ed i successivi 14, dopo pochi minuti, vennero distrutti dalla contraerea nipponica. L’attacco venne ripetuto da 12 aerosiluranti e 17 bombardieri Dauntless, che a causa di fitta nebbia persero la strada. Sembrava che le portaerei di Nagumo fossero stregate. Ma quando meno si aspettava, i Dauntless ritrovarono la strada e trovarono la caccia nipponica a livello del mare e con poca benzina e così i bombardieri poterono attaccare indisturbati facendo un eccidio.
A quel punto, la notizia di aver perduto tutte le 4 portaerei ed il convincimento che gli americani non fossero più agganciabili, convinse lo Stato Maggiore imperiale ad annullare l’invasione delle isole samoane e della Nuova Caledonia anche perché la rotta che collegava l’Australia agli Stati Uniti non poteva più essere interrotta. I Giapponesi mantennero solo Guadalcanal che il 7 agosto cadde in mano americana. Da quel momento il Giappone dovette stare sulla difensiva sempre incassando sconfitte sempre più cocenti. Un film con Henry Fonda ha ricordato questo fatto d’arme che, per l’ampiezza del teatro operativo, per i mezzi messi in campo, o meglio in mare, per le tattiche adottate, a buon diritto è considerata la più grandiosa battaglia navale della storia e, poiché fu vinta dall’Amm. Nimitz, alla più grande portaerei ancora in servizio fu dato il suo nome.
(Fine seconda parte)
Mario La Mazza
(Generale dei Carristi)