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Non fu a capo di un clan, il gup proscioglie Marino Manca

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aulabunker-slideSQUINZANO (Lecce) – Il capo clan viene prosciolto dall’accusa di essere un mafioso mentre i presunti sodali finiscono sotto processo per lo stesso reato. Marino Manca non sarebbe a capo di un’associazione mafiosa. Lo ha stabilito il gup Stefano Sernia che, con un’articolata ordinanza, ha prosciolto da il 42enne di Squinzano finito nelle trame della triplice inchiesta “Vortice-Déjà-vu”, “Paco” e “Vortice Déjà-vu ultimo atto”. Cosa ha spinto il giudice a cassare un’accusa così grave contestata ad uno dei maggiori imputati? E’ ragionevole ritenere che il giudice abbia recepito la tesi difensiva. Nel corso della sua discussione l’avvocato Giuseppe Presicce ha evidenziato come già il Tribunale del Riesame in sede cautelare avesse escluso l’esistenza di un’associazione mafiosa. Inoltre le dichiarazioni del pentito di Squinzano Antonio Pierri avrebbero escluso l’esistenza di un sodalizio capeggiato da Marino Manca. Anche il collaboratore leccese Gioele Greco (i cui verbali sono stati allegati agli atti processuali) ha rilevato che i contrasti con il gruppo di Torchiarolo non scaturissero da indicazioni disposte da Marino Manca ma da altri personaggi. Con riferimento all’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti Manca ha scelto di essere giudicato in abbreviato.

Il gup ha disposto il non luogo a procedere anche per Patrizio Margilio, 33, di Squinzano, assistito dall’avvocato Antonio Savoia (per un solo capo d’imputazione); Massimiliano Leuzzi, 42 di Campi Salentina, (avvocato Francesco Tobia Caputo); Caterina Bisconti, 34enne, di Carmiano, (avvocato Ladislao Massari). Gli imputati rispondevano di sporadici episodi di spaccio. Sono stati rinviati a giudizio, invece, tra gli altri, Carlo Marulli, il figlio della consigliere Fernanda Metrangolo, accusato di aver intrattenuto rapporti con il clan gestito dai fratelli Pellegrino; il boss di Campi Salentina Gianni De Tommasi; i fratelli Luca e Marco Greco (presunti sodali dell’organizzazione capeggiata proprio da Manca e paradossalmente spediti sotto processo); Piero Blaco; 33, di Campi Salentina; Antonietta Ceschi, 42, di Squinzano; Salvatore Guerrazzi, 60 anni, di Trepuzzi; Alessio Leuzzi, 31, di Campi Salentina; Salvatore Milito, 42, di Squinzano; Marco Pennetta, 43 anni, di Monteroni; Antonio Petrachi, 63, di Squinzano; Luigi Antonio Rollo, 69, di Lizzanello; Serenella Romano, 41, di Squinzano; Fernando e Giuseppe Russo, rispettivamente di 33 e 31 anni di Campi Salentina e Trepuzzi; Alfredo Stasi; Antonia Sirsi, 68, di Campi Salentina; Giuseppe Sirsi, 58, di Campi Salentina; Massimiliano Stippelli, 31, di Squinzano; Pompilio Talesco, 45, di Carmiano. La prima udienza è stata fissata per l’1 febbraio dinanzi ai giudici della seconda sezione collegiale. In 63, invece, hanno deciso di essere giudicati in abbreviato tra cui i fratelli Pellegrino e il presunto boss Sergio Notaro.

Le tre inchieste antimafia, condotte dai sostituti procuratori Guglielmo Cataldi, Giuseppe Capoccia e Antonio Negro, decapitarono i clan attivi nel nord Salento con roccaforte nel comune di Squinzano dove per mesi si sono fronteggiati clan opposti che, a suon di agguati e rappresaglie armate, hanno marcato il territorio per conquistare il controllo dei traffici illeciti. Le indagini hanno svelato il ruolo di primo piano ricoperto dai fratelli Pellegrino, figli dell’ergastolano “Zu Peppu” e i presunti agganci con pezzi della vecchia amministrazione comunale. Le indagini della Procura hanno portato anche alla richiesta di scioglimento del consiglio comunale di Squinzano per infiltrazioni mafiose. Proprio nei giorni scorsi il prefetto Carlo Palomba ha richiesto al Ministero dell’Interno Angelino Alfano di salvare il Consiglio Comunale disponendo il solo obbligo di rimozione della consigliera Fernanda Metrangolo.

F.Oli. 

 


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