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Una inusuale guida culturale per il Salento

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torre-anonimaLECCE – Stasera 27 settembre, alle ore 19.00, presso il Palazzo Tamborino Cezzi (via Paladini, 50) a Lecce, si terrà la presentazione del volume di Riccardo Rella e Rita De Matteis “Il Trekking nel salento”.

Nella prefazione al libro “Il Trekking nel Salento”, fatta da Giovanni Giangreco -Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici di Puglia – si legge:

“Mancava ancora quella del territorio, quella del contatto con le pietre e con la terra, con gli alberi, le macchie, i canali, le serre, gli animali, gli uomini, i Santi, e le cose, il paesaggio, insomma, naturale e antropologico, quello che attrae e ammalia irresistibilmente chiunque, da qualunque parte giunga in questa terra. E così finalmente la guida del territorio salentino è arrivata.”

Di una guida, infatti, si tratta, ma di una guida preziosa perchè finora inedita e inusuale per la presenza al suo interno di itinerari specifici da percorrere a piedi “fra natura, paesaggio e cultura”, come indicato nel sottotitolo della pubblicazione edita in Luglio 2015 da Botanica Ornamentale, Maglie (Lecce), in collaborazione con l’Associazione SpeleoTrekkingSalento.

Ne sono autori il presidente della stessa, Riccardo Rella, padre e pioniere del trekking nel Salento, ideatore di 146 itinerari settimanali, di cui oltre venti illustrati in dettaglio nel libro, e Rita De Matteis, la referente culturale della stessa Associazione, che ha delineato con finezza la parte storica del Salento in un excursus generale e quella dei percorsi trekking in particolare.

In copertina un’eloquente foto di Andrea Camassa, che sottolinea l’estensione degli intenti dell’autore verso un più lontano orizzonte. Il libro, ben curato nell’impaginazione, rende agevole la consultazione di uno scritto articolato tra puntuali descrizioni, note culturali e intermezzi lirici dell’autore e di amici poeti, corredato da necessari dati tecnico-esecutivi forniti da collaboratori efficienti come Silvana De Castro. Il corredo fotografico facilita e sostiene la lettura con l’apporto visivo ed evocativo delle atmosfere dei luoghi attraversati. Un prezioso reportage fotografico redatto da Ezio Sarcinella, l’instancabile fotoreporter storico dell’Associazione, costantemente presente agli itinerari, settimanali e annuali, sin dal lontano1997, autore egli stesso nel 2007 del libro “La via dei pellegrini- il cammino leucadense del III millennio”, che rappresenta un documento storico insostituibile per il sostegno della priorità dell’iniziativa di riattivazione, a partire dalla data ufficiale del 2004, della “via leucadense dei pellegrini”, faticosamente ricostruita all’interno della stessa Associazione SpeleotrekkingSalento.

Scrive ancora Giovanni Giangreco nella medesima prefazione: “Incontrarsi per un obiettivo comune non finalizzato da interessi, economici o comunque utilitaristici, perchè il tempo è denaro -si dice e si pensa- per il solo piacere di stare insieme e rinverdire conoscenze sopite o acquisirne di nuove su luoghi e fatti sconosciuti o mal noti, è stata la molla di un successo rivelatosi contagioso e condiviso nella sua apparente semplicità. Probabilmente sono queste le iniziative di cui tutti avvertiamo l’esigenza, ma per pigrizia o per scarsa generosità dell’intelligenza o, più semplicemente, per paura di non trovare compagni d’avventura, non ne avviamo l’intrapresa. Ma Riccardo Rella, con la sua passione travolgente di organizzatore, ha supplito alle nostre titubanze ed è riuscito a dare voce e forma ad un’opportunità che adesso tutti condividiamo e di cui gli rendiamo merito”.

Un’opportunità recuperata, quindi, legata alla conoscenza di un Salento inedito, sconosciuto ai più, che solo percorrendolo a piedi è possibile “assaporare” oltre che vedere.

Esiste ancora un “cuore” territoriale nel quale atmosfere, odori e colori declinano il linguaggio ancestrale di una natura senza tempo, dove il progresso appare sfocato, dove ritmi ed ansie quotidiane si attenuano, ovattati e resi armonici dai suoni che l’orecchio dell’uomo percepisce come  sonorità di un tempo oramai perduto. In questo habitat recondito si ascoltano ancora tenui pigolii e allegri cinguettii provenienti da nidi primaverili, dove il miracolo della vita si ripete malgrado la diffusione ad ampio raggio di letali aerosol. Tra i rami di alberi verdeggianti, ultimi retaggi di un rivestimento boschivo in gran parte espiantato, friniscono le cicale, che ci ricordano la vacuità della vita, la meteora dell’esistenza, ma nel contempo risvegliano nell’animo ormai soverchiato dai rumori urbani le infantili allegrie dei giochi spensierati di un tempo. Esiste anche un Salento costiero, ora orlato di ondulate dune degradanti su spiagge dorate che abbracciano trasparenti acque di un poco profondo mare turchese, ora repentinamente troncato da alte falesie a strapiombo sull’immensa distesa azzurra di un profondo mare che collega la nostra alle altre terre di un vasto e pur delimitato bacino mediterraneo. Le vedute vertiginose che riprendono questa estensione dai luoghi sopraelevati delle Serre, che solo in pochi hanno il privilegio di percorrere, ci suggeriscono quanto relative sono le distanze che ci separano da popoli fratelli che spesso consideriamo, come “altri”, se non come nemici.

Queste atmosfere il libro “Il Trekking nel Salento” rende note al grande pubblico, a chi non ha avuto la fortuna di partecipare alla ultraventennale attività escursionistica dell’Associazione “SpeleoTrekkingSalento”, il cui motto è: “in un mondo che tende a dividere SpeleoTrekking aggrega”.

Su questa filosofia esistenziale, dove non si colgono confini mentali, la socializzazione è facilitata dall’intento comune che è il “cammino”, svolto rigorosamente a piedi, sia lungo gli itinerari degli appuntamenti domenicali, sia lungo la Transalentina, che unisce in un percorso istmico di 50 chilometri Otranto e Gallipoli, un percorso di pace e fratellanza tra due città-baluardo della storia salentina, e sia lungo la Via leucadense dei pellegrini Brindisi-Leuca- che fa del Salento il “ponte di collegamento” tra le vie della fede europee e la Terrasanta. La meta finale salentina è nella Basilica mariana di Leuca, che fa del promontorio, il finis terrae dell’impero romano, il baluardo cristiano sud-contintentale, allo stesso modo in cui Santiago de Compostela trasforma in baluardo cristiano occidentale il promontorio del La Coruņa, che segnava il finis terrae atlantico dell’antico impero pagano.

Di questi percorsi civili e religiosi ci parla il libro, iniziative originali dello SpeleoTrekkigSalento, itinerari accomunati tutti da un afflato comune tra i partecipanti uniti da una sensazione che corrisponde a quella della riscoperta di una propria dimensione spirituale, la quale emerge quando si coniuga il proprio essere con la natura alla quale per intero si appartiene. Una natura intesa come  sacrale, così come la intendevano un tempo coloro che la lavoravano traendone i benefici frutti necessari alla sopravvivenza o come coloro che la percorrevano in santità delineando con i propri passi flussi energetici positivi e traendo, a loro volta, dalla madre terra quell’energia necessaria a continuare a percorrerla.

Sull’esempio di quegli antichi pellegrini, sull’esempio della “Rete Nazionale dei Cammini” si è attivata anche una Rete Internazionale di pellegrini europei la “Pilgrims Crossing Borders” i cui partecipanti, partiti da Trondheim, in Norvegia, il 22 aprile 2015, hanno raggiunto l’Italia attraverso la Danimarca, la Germania e l’Austria. A conclusione della loro “via europea della fede”, li attende l’ultimo tratto, con il percorso Brindisi-Leuca, da svolgersi dal 5 all’11 ottobre 2015 , il “ponte salentino” proiettato verso la Terrasanta.

Questa è la simbiosi da riscoprire per trarre il massimo dei benefici dalla terra, dall’acqua, dall’aria, dalla vegetazione e dai beni materiali e immateriali, che l’uomo di buone intenzioni ha elaborato per intenti pacifici e di fratellanza, che non fanno sentire di essere estranei nella propria terra, che liberano l’uomo tecnologico da quel senso di non-appartenenza, da quell’alienazione e da quell’estraneità al proprio ambiente, ossia da quella sensazione negativa che spinge alla distruzione, non riconoscendo più come proprio il naturale habitat e non percependo più il calore materno della nicchia ecologica che originariamente ha accolto il suo primo “essere pensante”.

Marisa Grande

 

locandina

 

 


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